Marco Astorri Bolognese, è l’inventore di Minerv, una bioplastica prodotta senza petrolio, con gli scarti degli zuccherifici. E che si scioglie nell’acqua.
Dottor Astorri, lei è un imprenditore che viene dal mondo dell’elettronica e adesso si ritrova fra le mani il brevetto di una plastica che potrebbe cambiare il mondo…
L’idea di studiare una bioplastica completamente biodegradabile è nata per caso. Stavamo producendo dei chip per card da skipass ed un signore mi fece notare che prima o poi tutte quelle card sarebbero state abbandonate su un prato e sarebbero state una montagna. Quella è stata la molla per iniziare a studiare biomateriali migliori di quelli oggi disponibili. Come è possibile dover impiegare 4-5 tonnellate di cereali per fare una tonnellata di bioplastiche? Come è possibile dover ancora inquinare per estrarre biopolimeri?
Le bioplastiche a cui si riferisce sono comunque già un passo avanti rispetto alle plastiche prodotte con il petrolio. Quelle ricavate dal mais non saranno completamente biodegradabili, però sicuramente meno inquinanti di quelli tradizionali
L’idea sarebbe stata buona se fossero stati usati degli scarti. Invece non mi sembra abbia senso impiegare 4-5 tonnellate di granaglie (che potrebbero sfamare delle persone) per fare plastica, non crede? E poi le multinazionali si sono appropriate della materie prime vere e proprie, dal petrolio al mais, facendo diventare un business anche questo.
Voi come con Minerv pensate di aver risolto il problema: come?
La nostra bioplastica è prodotta da batteri naturali, batteri golosi che si cibano degli scarti della lavorazione dello zucchero. Mangiando, questi batteri creano una riserva di energia al loro interno e questa “riserva” è già plastica.
Cioè?
Noi spacchiamo la membrana cellulare dei batteri, recuperiamo la plastica al suo interno, la laviamo, essicchiamo e trasformiamo in polvere, per poi usarla per produrre una vasta gamma di plastiche. Cosa che invece non si può fare dal mais. In quel caso puoi produrre solo un certo tipo di plastica ,a meno che non aggiungi additivi chimici.
Il fatto che sia del tutto naturale che conseguenze ha?
La cosa più sorprendente e unica è che i nostri polimeri sono in grado di biodegradarsi in natura. Minerv dopo 40 giorni si scioglie in acqua dolce. Ma la notizia bomba è che dal 2013 saremo in grado di biodegradare la plastica anche in oceano. Abbiamo quindi quadrato il cerchio, preso dalla natura e ridato alla natura - senza inquinare.
Sulla sua azienda avranno messo gli occhi multinazionali di mezzo mondo.
Certamente. All’inizio pensavano che fossimo una start up di giovani universitari in difficoltà, da rilevare dando solo un po’ di soldi. Invece noi non abbiamo voluto alcun tipo di finanziamento europeo e abbiamo rifiutato venture capitalist. Tutto quello che abbiamo fatto è stato autofinanziato vendendo le licenze.
Perché?
Il nostro obiettivo è vendere un impianto “chiavi in mano”, in grado di produrre la nostra bioplastica. Come il nostro stabilimento a Minerbio (Bologna) che è completamente ecocompatibile. Sarà un modello da seguire per tutti gli stabilimenti che realizzeranno la nostra bioplastica.
È stato difficile dire “no” alle multinazionali?
Vede, io penso che la finanza oggi rovini tutto quello che tocca. La nostra società non ha mire espansionistiche, crediamo in quello che facciamo, tutti i tecnici che assumiamo hanno un contratto a tempo indeterminato, reinvestiamo gli utili, ragioniamo più a livello cooperativo che multinazionale
Quando vedremo la vostra plastica sugli scaffali dei supermercati?
Ci vorrà ancora un po’: adesso è stata avviata tutta la fase che prevede la messa a punto, normatura, certificazioni etc. E comunque non vedrete prodotti marchiati Minerv, ma solo realizzati con il nostro processo produttivo.
E produrre la plastica con il vostro metodo costerà meno del processo tradizionale?
Sarà più o meno in linea. Ma con un bel valore aggiunto che riguarda l’ambiente.
Lei parla di vantaggi per l’ambiente: le auto elettriche sono state inventate da tanti anni ma non sfondano. Il business del petrolio sembra troppo potente da abbattere. Non sarà così anche per la plastica?
Il mercato della plastica è enorme, il mondo dei biopolimeri è ancora molto piccolo, le multinazionali non avranno paura di perdere mercato. Almeno per adesso…
Federico Bastiani