Non sono solo le aziende a fare “HODL”. Anche gli Stati stanno accumulando Bitcoin, spesso senza volerlo: sequestri giudiziari, fallimenti, frodi. E i numeri iniziano a pesare. Secondo BitcoinTreasuries, una manciata di Paesi controlla circa il 2,5% dell’offerta totale. In testa ci sono Stati Uniti e Cina. Negli USA gran parte delle monete arriva da sequestri storici (es. Silk Road). La riserva federale di Bitcoin annunciata dalla Casa Bianca oggi è alimentata da questi asset in attesa di eventuali acquisti diretti. La Cina segue con riserve legate a repressioni di mining illegale e truffe finanziarie. Curioso per un Paese che ha vietato il trading retail: la rete crea valore, i tribunali lo conservano. Poi ci sono gli outsider. L’Ucraina e la Corea del Nord, con fondi associati ad attività informatiche e confische. Il Bhutan, che trasforma l’idroelettrico in hash rate e accumulo. El Salvador resta il caso più pulito: acquisti diretti come strategia nazionale. Sul fronte corp...