Il giardiniere ha dovuto aspettare a lungo, quindici anni, ma alla fine ha avuto giustizia. Tanto ci è voluto perché la multinazionale farmaceutica americana Pfizer aprisse il portafoglio e pagasse gli indennizzi alle famiglie di quattro delle vittime di un esperimento pirata condotto in una città nigeriana. Con 175 mila dollari ciascuna – quanto stabilito da un accordo, raggiunto nel 2009, tra la Pfizer e il governo dello stato del Kano – le famiglie di Rabiu Isa, Ado Usaini, Hauwa Umar e Usman Garba potranno provare a rifarsi una vita e a lasciarsi alle spalle una storia dolorosa diventata un calvario giudiziario, cominciato nel 1996. In quell'anno si svolsero ifatti poi scoperti e raccontati in un'inchiesta d'antologia del Washington Post, firmata da Joe Stephens e pubblicata il 17 dicembre 2000 (qui l'articolo). Una vicenda che ha poi ispirato un libro (di John Le Carrè) e un film, The Costant Gardener, appunto.
La storia comincia nel 1996, quando nel nord della Nigeria scoppia un'epidemia di meningiteche, alla fine, ucciderà quasi 16 mila persone. Kano, metropoli da due milioni di abitanti, capitale dell'omonimo stato, è l'epicentro della crisi. Dall'altra parte del mondo, negli Stati Uniti, c'è una società farmaceutica che pensa di avere tra le mani una gallina dalle uova d'oro, un farmaco che – annota scrupoloso Stephens – per i broker di Wall Street e gli analisti finanziari del settore potrebbe arrivare a rendere un miliardo di dollari l'anno. Si tratta del Trovan, un antibiotico chinolonico che la Pfizer pensa di usare per combattere una vasta gamma di infezioni, come sinusiti, bronchiti, gonorrea e polmoniti, ma soprattutto per le meningiti. Perché la società possa commercializzarlo, però, occorre il placet della Food and Drug Administration e una lunga serie di test. Ma negli Stati Uniti si registra un numero troppo basso di meningiti per le esigenze sperimentali della Pfizer. La soluzione è quindi quella di andare dove di malati ce ne sono in abbondanza: a Kano.
L'articolo di Stephen ricostruisce puntualmente il processo decisionale, chiarisce il contesto, entra nei dettagli. Qui basterà ricordare che la Pfizer compirà test su un gruppo di 198 pazienti, in gran parte bambini, alla metà dei quali verrà somministrato un farmaco non testato e al di fuori delle procedure di sicurezza. Undici su 198 sono morti, il sei per cento, non una percentuale superiore a quella registrata nel campo gestito da Medici senza frontiere. Dove però, i malati vengono trattati con un altro farmaco, il Ceftriaxone, un antibiotico cefalosporinico di terza generazione, già testato e riconosciuto come efficace. Soprattutto, senza gli effetti collaterali del Trovan, che nella sperimentazione sugli animali aveva dimostrato di essere pericoloso. Ma che si trattasse di una sperimentazione, i genitori dei bambini lo seppero solo più tardi. E poi ci furono una serie di altre macroscopiche deviazioni rispetto alle procedure standard piuttosto emblematiche. Forse la più grave, resta quella per la quale morì la paziente classificata 6587 0069, l'esperimento 154-149, una bimba di dieci anni che si spense tre giorni dopo che i medici avevano cominciato a darle Trovan per via orale. L'aggravamento fu immediato: a quel punto, i dottori avrebbero dovuto sospendere la somministrazione del farmaco per passare ad un altro più collaudato, come il Ceftriaxone. Così non fu. "Può essere considerato un omicidio", dirà poi Marc Gastellu-Etchegoory, funzionario di Medici senza frontiere al giornalista, riferendosi alle scelte mediche.
Perché la Pfizer fosse considerata responsabile e costretta a pagare ci sono voluti quindici anni e una battaglia durissima, non priva di colpi bassi. Wikileaks, ad esempio, riportando cables dell'ambascita americana in Nigeria, ha rivelato il tentativo da parte della società statunitense di far deragliare il processo, assoldando investigatori privati perché indagassero sul procuratore nigeriano, facendo venire a galla una serie di casi di corruzione, per indurlo ad abbandonare il caso. Nel 2009 la Pfizer e lo stato del Kano trovarono un'intesa fuori dall'aula del tribunale: la società avrebbe pagato 75 milioni di dollari alle autorità locali, garantendo inoltre la disponibilità a finanziare un fondo da 35 milioni di dollari per i risarcimenti. A fronte di queste cifre, i 175 mila dollari riconosciuti alle famiglie dei morti sembrano una cifra quasi irrisoria. Ma molti altri ricorsi sono stati intentati e si prevede che verranno pagati ben più di quattro risarcimenti, anche perché esiste un'organizzazione combattiva, il Trovan Victims Forum (Vtf) che non rappresenta solo i morti ma anche quei malati che curati col Trovan hanno riportato menomazioni e danni permanenti. Al Biode Laboratory Inc. le due parti hanno affidato le analisi del dna per individuare con certezza le duecento "cavie" utilizzate dalla Pfizer nel 1996. Le domande di risarcimento sono 668. Finora sono stati eseguiti test su 353 persone e otto di queste hanno dato esito positivo. I quattro indennizzi pagati andranno ai congiunti di malati, ormai morti, appartenti a questo gruppo ristretto. Agli altri quattro, ancora vivi, al momento non è stato pagato nulla.
Alberto Tundo