«La crisi non era prevedibile», si è giustificato il Ministro Tremonti presentando la manovra di emergenza. Ma è credibile che il Governo italiano sia stato colto di sorpresa, quando è da anni che autorevoli economisti ammoniscono che saremmo arrivati a questo punto? Già due anni fa Marco Pagano, economista della fondazione Eief (vicina a Bankitalia) prevedeva lo scenario che si sta verificando oggi.
«I tassi d'interesse esploderanno»
3 settembre 2009 - Marco Pagano
MARCO PAGANO, Eief – 3 settembre 2009 - «Quando noi usciremo dalla crisi, sperabilmente l’anno prossimo o massimo tra due anni, noi avremo un forte rialzo dei tassi d’interesse. Sì perché sui mercati internazionali si sta rovesciando questa grande massa di debito pubblico che stiamo emettendo un po’ tutti. Contemporaneamente anche le imprese si affacceranno a chiedere prestiti sul mercato dei capitali e quindi i mercati finanziari si troveranno sotto la spinta congiunta di tutte queste istituzioni, questi Stati e queste imprese, che chiedono soldi. È inevitabile che i tassi d’interesse inizieranno a lievitare anche in misura considerevole. Già prima della crisi pagavamo un quinto di punto percentuale in più rispetto ai Bund tedeschi, in crisi è diventato un punto e mezzo percentuale in più, ora è circa mezzo punto in più. Già paghiamo un piccolo premio per il rischio di eventuale insolvenza dello Stato italiano. Se però continuiamo ad aumentare il rapporto debito/Pil i creditori possono preoccuparsi e chiedere tassi sempre più alti e questo crea il rischio di una spirale perversa: i potenziali sottoscrittori del debito pubblico chiedono un tasso molto elevato tanto elevato allo Stato che ci avviamo verso una situazione in cui questo debito non potrebbe essere più sottoscritto».
D. Ma cosa succederebbe nella vita nostra di tutti i giorni?
«Sarebbe una tragedia, perché innanzitutto il debito pubblico oltre ad essere nelle tasche delle famiglie italiane è nei bilanci di tante banche, assicurazioni e fondi stranieri».
D. Non varrebbe più niente?
«E quindi crollerebbe mezzo sistema finanziario italiano ed europeo»
Due anni fa lo spread con il Bund era 80 punti base oggi è balzato a 270 pbs. L’incertezza scatenata dai timori di una nuova recessione ha fatto sì che gli investitori abbiano scaricato dal portafoglio i titoli dei paesi più rischiosi e l’Italia con le proprie banche è il paese da vendere. L’ex direttore delCentro Studi di Confindustria, Sandro Trento, aveva previsto che a forza di rimandare le riforme per lo sviluppo, a un certo punto il Governo sarebbe stato costretto ad aumentare le tasse.