È allo studio del Nips Lab di Perugia il modo in cui convertire quello che si definisce come “rumore”in energia elettrica. Sembra impossibile, ma in realtà le sperimentazioni sono molto avanzate e hanno già prodotto due brevetti che sono stati depositati.
«Bisogna partire dalla definizione di rumore – ha detto in un’intervista al Sole 24Ore Luca Giammaitoni, direttore del Nips – che in fisica va ben al di là di quella intuitiva, che riguarda l’acustica».
Rumore, in pratica, comprende tutto ciò che perturba un certo movimento teorico, che dà interferenze, irregolarità, distorsioni. L’esempio è il segnale di un cellulare che va e viene o lavibrazione di un’automobile a causa di una strada sconnessa.
La branca di studio è quella dell’Energy Harvesting e, in questo caso, l’obiettivo è quello di utilizzare l’energia recuperata soprattutto su scala micro e nano, ossia per dispositivi elettronici come i sensori che curano la salute o quelli che verificheranno lo stato di conservazione di un alimento o, ancora, i comandi che governeranno le case domotiche.
«Non siamo così lontani dall’obiettivo – ha detto Giammaitoni –. È quello che oggi accade in un piccolo sistema meccanico elementare come un orologio. È evidente che non si può pensare di alimentare tutti i sistemi elettronici di cui siamo sempre più circondati con le normali batterie, che inquinano, hanno una vita limitata e presentano altri limiti. In futuro al posto loro vi saranno sistemi per la conversione del rumore in elettricità alcuni dei quali esistono già a livello di prototipo».
In Italia il problema è legato ai finanziamenti, perché nel nostro Paese non è facile supportare progetti che richiedono lunghi periodi per essere realizzati. Per il momento, il laboratorio è riuscito a ottenere 3,5 milioni di euro dall’Europa.
«Grazie a Nanopower (il progetto di recupero di energia dal rumore) – ha concluso lo scienziato – ci aspettiamo di giungere prima a dispositivi in grado di raccogliere il rumore, di diverso tipo, presente e nell’ambiente e di veicolarlo in nano dispositivi che riescano a trasformarla in elettricità del tutto pulita e rinnovabile capace di alimentare la prossima generazione di sistemi Ict».