Nelle librerie italiane l’ultimo saggio del linguista e politologo statunitense che guarda con attenzione alla questione ambientale
Visto l’ampio raggio della sua imponente opera saggistica Noam Chomsky
si è guadagnato un posto nella top ten delle dieci fonti più citate
nella storia della cultura. Con lui ci sono William Shakespeare e Karl
Marx, tanto per fare qualche esempio di “opinion maker” in carne d’ossa.
L’ottantacinquenne linguista e politologo esce in Italia con un nuovo saggio intitolato Sistemi di potere ed edito da Ponte alle Grazie. Nella sua analisi del mondo contemporaneo e delle tensioni che lo animano Chomsky ha un occhio di riguardo per l’ambiente visto come punto nodale del presente e del futuro (prossimo) dell’umanità.
Oggetto della sua attenta analisi sono i sistemi di
potere – governi, organismi finanziari – che alimentano le divisioni
all’interno della società con lo scopo di controllare e assoggettare gli
individui. La lettura del mondo di Chomsky include Occupy e la
Primavera araba, gli indignados e Twitter, Wikileaks e Youtube, le
multinazionali e la Banca Centrale Europea.
In questo sguardo ad ampio raggio sul nostro presente, Chomsky parla in maniera specifica di sopravvivenza della specie poiché
i rischi derivanti dal sistema finanziario possono essere sanati dal contribuente, ma nessuno accorrerà in aiuto se l’ambiente sarà distrutto. E che l’ambiente debba essere distrutto sembra quasi un imperativo istituzionale.
Provocazione o constatazione? Di certo le parole di Chomsky sono
pesanti, proprio in virtù dell’ampia influenza di cui il pensatore gode a
livello globale e della profondità delle ricerche che sono alla base
delle sue riflessioni.
Citando l’Agenzia Internazionale per l’Energia,
Chomsky spiega come manchino all’incirca cinque anni al “punto di non
ritorno” energetico ovvero al momento in cui le risorse energetiche non
potranno più far fronte alla richiesta da parte della popolazione. A
rafforzare questa tesi ci sono anche i dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change
che vede nella dipendenza dal carbone un serio pericolo per la
sostenibilità del pianeta. Soltanto la scorsa settimana il premier
cinese Li Keqiang messo di fronte agli 1,2 milioni di decessi causati dallo smog in Cina nel 2010 ha affermato che
“non è buono essere poveri in una natura meravigliosa, ma non è buono neppure essere ricchi in un sistema degradato. E in definitiva respiriamo tutti la stessa aria, poveri, ricchi e governanti”.
Cinque anni per accelerare su tutti i fronti dello sviluppo
sostenibile. E tocca alla politica fissare i paletti dello sviluppo,
bloccare il consumo sconsiderato di suolo e risorse fossili e
incentivare l’innovazione da cui dipende il mondo che verrà.
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