Alla Biennale Democrazia di Torino tutto esaurito per l’incontro dei due teorici della decrescita felice
Se decresce il debito pubblico quella è una decrescita negativa? Senza il cibo che, in Italia, finisce nella pattumiera avremo un PIL del 2% più basso: sarebbe un male questo?
Comincia con domande retoriche l’intervento di Maurizio Pallante, fondatore del movimento della decrescita felice, in un Piccolo Regio stracolmo all’inverosimile per la terza giornata di Biennale Democrazia. Con lui Paolo Griseri a fare da moderatore e Luca Mercalli,
meteorologo, ecologista e, anche lui, decrescente praticante. Si parla
di decrescita felice e il fondatore del movimento fa esempi molto
pratici raccogliendo consensi senza l’aggressività del capopolo che
questi temi è riuscito a portarli in Parlamento:
La nostra società crede di vivere nel migliore dei mondi possibili. Faccio un esempio: una casa che in Italia consuma 20 litri di gas perché è costruita male e disperde il calore, in Germania non avrebbe l’abitabilità dopo lo sforamento dei 7 litri. Il fatto è che in Germania il consumo medio è di 1,5 litri… A questo fatto si aggiunge il fatto che le nostre metriche di misura del benessere sono una follia: stare in coda in macchina ci fa consumare più benzina dunque accresce il PIL, comprare più cibo di quello che ci è necessario fa crescere il PIL ma questo è benessere? La voce del PIL è quella di un imprenditore che alle tre di notte chiama il suo socio in affari e ride del terremoto appena avvenuto in Abruzzo…
Pallante sa che gli scettici non mancano e che i
detrattori di questa teoria sostengono che sia l’anticamera di una crisi
ben peggiore, ma i dati parlano chiaro: negli ultimi 50 anni la
popolazione italiana è passata da 47 a 60 milioni ma l’occupazione è
rimasta stabile. Perché la crescita economica è accompagnata a una
competizione tecnologica che sottrae occupazione e posti di lavoro.
Pallante stoppa anche chi semplifica, assimilando la recessione alla decrescita: la recessione è la riduzione indiscriminata di merci, la decrescita
è la riduzione di merci che non sono beni. Volendo metaforizzare la
recessione è colui che non mangia perché non ha nulla da mangiare, la
decrescita è colui che non mangia perché si è messo a dieta.
Luca Mercalli cita Kenneth Boulding:
Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista.
Poi, le cifre, implacabili, di un mondo che dalla seconda metà degli
anni Ottanta ha iniziato a bruciare il proprio capitale di risorse e
non, come accadeva prima di quella data, i suoi “interessi”. Nel 2040,
quando saremo 8 miliardi, saranno necessarie due Terre per mantenere gli
standard attuali di consumo energetico e alimentare. Il meteorologo
porta la propria esperienza di autonomia energetica, di auto-produzione e
di mobilità sostenibile.
Quali soluzioni? Per Pallante le due vie maestre della decrescita
sono: 1) la riduzione dei consumi alla fonte grazie al risparmio
energetico, 2) il ritorno a forme di baratto già collaudate dai nostri
avi. Secondo il movimento della decrescita felice la giornata tipo
dovrebbe essere divisa in tre fasi: 1) autoproduzione: cioè produrre
cibi e strumenti che ci permettano di non dipendere totalmente dal
mercato, 2) lavoro: occorre guadagnare per poter acquistare ciò che non
può essere autoprodotto, 3) contemplazione e relazioni umane.
Ovviamente nel dibattito non può non entrare la politica e quel Movimento Cinque Stelle
che è in sintonia – quantomeno a livello teorico - con i principi e le
regole della decrescita felice. Pallante sgombera il campo da qualsiasi
“affiliazione” del suo movimento che resta apolitico pur facendo
proposte che sono, di fatto, politiche, ma riconosce come in Parlamento
vi sia, per la prima volta, una forza che non fa del modello di sviluppo
industriale e “ottocentesco” il proprio schema di Governo.
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