venerdì 30 agosto 2013
LA CHIAMANO DEMOCRAZIA
CAPITALISMO DI SINISTRA
Qualcuno ha scritto che "un'economia senza fallimenti, è come un chiesa senza crocifisso". Ecco, il punto è proprio questo. Ossia, che il fallimento sarebbe indispensabile anche per far piazza pulita da simili personaggi.
giovedì 29 agosto 2013
I berlinesi vogliono comprarsi la loro rete elettrica
L'idea è di due giovani tedesche che hanno creato una rete di cittadini che ha raccolto circa 5 milioni di €. La strada è ancora lunga, ma è un buon passo per gestire in modo democratico la transizione verso le energie rinnovabili
Bürger Energie Berlin è anche su Facebook.
(1) Vattenfall in svedese significa “cascata”
Fonte
http://www.ecoblog.it/post/107905/i-berlinesi-vogliono-comprarsi-la-loro-rete-elettrica
mercoledì 28 agosto 2013
Sarà la guerra in Siria a dare il colpo di grazia all’economia europea?
by Arnaldo Vitangeli
Francia, Uk e Usa sembrano non avere dubbi, il 21 agosto in Siria il regima baathista di Assad avrebbe usato massicciamente gas letali sui civili, passando la “linea rossa” stabilita dall’Occidente e dunque imponendo al “mondo libero” di rispondere con le armi.
I dubbi sulla veridicità di queste affermazioni sono molti, a cominciare dalle foto satellitari, scattate dai russi e consegnate all’Onu, che mostrerebbero come l’attacco chimico proverrebbe da una zona sotto pieno controllo dei ribelli, a immagini delle vittime civili fotografate un giorno prima della data del presunto attacco con le armi proibite. I precedenti poi non promettono nulla di buono; chi non ricorda la pantomima sulle famose armi di distruzione di massa di Saddam, della cui esistenza gli Usa affermavano di avere prove inconfutabili (rivelatesi poi dei consapevoli falsi) o delle fosse comuni usate come pretesto per attaccare la Libia e rivelatesi poi normali cimiteri?
Va detto peraltro che Assad dovrebbe essere davvero idiota per utilizzare, proprio ora che sta vincendo su tutti i fronti e all’indomani di una possibile conferenza di pace, gas letali sui civili siriani in quella che la stampa ha spesso descritto come una lotta del popolo contro il dittatore ma che, nei fatti, è una guerra per procura fatta da mercenari stranieri pagati da Arabia Saudita e Qatar e addestrati e armati da Usa, Francia e UK, i quali, peraltro, se andassero al potere applicherebbero una teocrazia islamica, nemica mortale degli stessi stati Paesi Occidentali che l’hanno armata.
Tuttavia secondo alcuni, tra cui l’autorevole blog corrieredellacollera.com di Antonio de Martini, dietro i tamburi di guerra potrebbe non esserci una vera intenzione di attaccare la Siria, quanto la volontà di arrivare alla conferenza di pace con il “colpo in canna”, mettendo sotto pressione psicologica il nemico e quindi rendendolo più malleabile.
Qualora ci fosse, comunque, un attacco alla Siria potrebbe avere sostanzialmente due tipologie: guerra lampo o conflitto su ampia scala.
La prima ipotesi è quella che le cancellerie occidentali starebbero prendendo in considerazione, ossia bombardamenti navali, (da debita distanza) su alcuni obbiettivi militari. Un’operazione del genere avrebbe poche conseguenze da un punto di vista del conflitto in corso e sarebbe sostanzialmente un atto simbolico, in quanto (come sottolineato dallo stesso de Martini), il regime potrebbe spostare i suoi aerei e armamenti in Paesi alleati dell’area, minimizzando gli effetti del bombardamento.
Un simile attacco tuttavia consentirebbe a Obama di distrarre l’opinione pubblica americana dagli insuccessi della sua politica estera in Medio Oriente e di dare un segno di forza. Sarebbe in pratica sostanzialmente uno spot il cui costo economico, limitato, risulterebbe totalmente a carico degli Usa.
Tutto questo, ovviamente, a patto che la Siria non reagisca, ma laddove gli aerei di Assad portassero una contro-offensiva su qualche base occidentale dell’area (ad esempio Cipro) si arriverebbe a un immediato e imprevedibile allargamento del conflitto, con conseguenze economiche disastrose, specialmente per la comatosa economia europea. Damasco, infatti, può contare su due potenti alleati nella regione, Hezbollah e l’Iran, ed è quest’ultimo Paese il vero obbiettivo degli americani che, attraverso la costruzione in laboratorio della “rivolta” siriana, si vuole colpire. Dunque in caso di un allargamento del conflitto che coinvolga anche Teheran lo scenario sarebbe quello di una guerra lunga, difficilissima e costosissima.
Ma oltre ai costi, umani e materiali, del conflitto (costi che l’Europa e l’Italia in particolare forse non sarebbero chiamati a pagare, se come è auspicabile non partecipassero direttamente alle operazioni belliche ma si limitassero a fornire basi e supporto logistico) ci sarebbe per il vecchio continente (Italia in primis) un inevitabile quanto gravoso costo indiretto, ossia l’impennata del prezzo del greggio.
L’Europa infatti dipende in buona parte dal petrolio mediorientale per alimentare le sue industrie (che già ora sono preda di una crisi drammatica) così come per i consumi energetici dei suoi cittadini (anch’essi in crisi di liquidità e fortemente impoveriti) e l’Italia in particolare è uno dei paesi meno indipendenti energeticamente e più colpiti dalla crisi. Un forte aumento del prezzo del greggio, che potrebbe durare anni, colpirebbe in maniera durissima l’economia del nostro Paese.
L’aumento del costo del petrolio, infatti, renderebbe, in un contesto economico già difficilissimo, meno competitive le nostre merci, contribuendo alla chiusura di imprese e all’aumento della disoccupazione, la quale, unita ai maggiori costi per i cittadini per benzina e altri prodotti petroliferi, diminuirebbe la capacità di spesa della gente, ossia la domanda aggregata. La diminuzione dei consumi porterebbe alla chiusura di altre aziende, dunque a nuovi disoccupati e a un’ulteriore diminuzione della possibilità di acquistare beni e servizi nel più classico dei circoli viziosi. In pratica, a livello economico, una “tempesta perfetta” su una nave che già ora sta a galla per miracolo.
Gli Usa, dal canto loro, non sono affatto ansiosi di una nuova guerra mediorientale, essendo stato il costo di quella irachena esorbitante. Secondo uno studio della Brown University infatti la seconda guerra in Iraq sarebbe costata circa 6000 miliardi tra i costi diretti, i costi per assistenza medica dei feriti e invalidi e gli interessi sul debito pubblico emesso per finanziare le operazioni belliche. In pratica 100 volte i 60 miliardi preventivati da Bush prima dell’attacco. Una guerra totale in medio oriente, che rischia di innescarsi con l’attacco alla Siria, avrebbe costi molto maggiori, e insostenibili per un Paese come gli Usa, gravati da un debito pubblico enorme.
Eppure ancora una volta è nell’economia che vanno trovate le ragioni dell’atteggiamento bellicoso degli americani, e in particolare nella politica di “quantitative easing” promossa dalla FED per dare respiro agli Usa colpiti dall’esplosione della bolla finanziaria.
Per sostenere l’economia, infatti, la banca centrale americana ha iniziato a stampare una immensa quantità di dollari da immettere nel sistema. Perché il gioco funzioni, tuttavia, è necessario che il dollaro mantenga il suo ruolo di moneta internazionale, ruolo che oggi è garantito esclusivamente dal fatto che le transazioni mondiali di greggio avvengono con la valuta americana. Qualora questo privilegio terminasse la montagna di dollari stampati dalla FED sarebbe soggetta a una fortissima svalutazione, specialmente nei confronti dell’euro che, differentemente dal dollaro, non viene stampato a gogò per tamponare i debiti.
E’ quindi ancora una volta il ruolo internazionale del dollaro e la politica monetaria degli Usa alla base dell’instabilità globale e della minaccia di nuove e terribili guerre.
martedì 27 agosto 2013
ITALIA DEL SUD: GENOCIDIO DA TERREMOTO ANNUNCIATO
il vulcano Marsili |
foto di Ruben Garbellini (tutti i diritti riservati) |
La voragine della Louisiana cresce e inghiotte alberi due volte in poche ore. I video
Fonte
http://blogeko.iljournal.it/la-voragine-della-louisiana-cresce-e-inghiotte-alberi-due-volte-in-poche-ore-i-video/75954
giovedì 22 agosto 2013
La Giordania combatterà la sete con un canale tra il Mar Rosso e il Mar Morto
L’ambizioso progetto del governo giordano si propone di eliminare la scarsità d’acqua e il restringimento del “mare chiuso”. Amman:”Abbiamo la possibilità di ovviare ad entrambi i problemi senza dover trovare un accordo con Israele”.
Asianews - La Giordania stanzierà 980 milioni di dollari per garantire al Paese una fornitura di 100 milioni di metri cubi d'acqua annui. Lo ha annunciato ieri il Primo ministro, Abdullah Nsur, spiegando che "dopo anni di studi politici, economici e geologici, il governo giordano ha deciso di approvare il progetto che prevede un collegamento tra il Mar Rosso il Mar Morto" . Per supplire alla scarsità d'acqua nella regione e per contrastare il restringimento del Mar Morto il governo giordano preleverà acqua marina dal Golfo di Aqaba, nel Mar Rosso settentrionale, e la trasporterà lungo il confine israeliano fino a raggiungere il "mare chiuso", dove sarà installato un impianto di desalinizzazione. "L'acqua desalinizzata sarà reindirizzata nell'area di Aqaba, mentre quella salata sarà impiegata per ingrossare la portata del Mar Morto", ha poi spiegato il premier. Il problema della scarsità d'acqua è comune alle regioni meridionali di Israele e Giordania. In un primo tempo, i due Paesi più la Palestina si erano accordati per finanziare un acquedotto da 11 miliardi di dollari volto a rifornire il Mar Morto di acqua salata e le regioni limitrofe di acqua potabile. "L'eccessivo costo del progetto precedente ha indotto il nostro governo a optare per questa seconda opzione - ha spiegato Hazem Nasser, ministro delle Risorse idriche giordano - non abbiamo alternativa, potremo rivitalizzare il Mar Morto ottenendo acqua potabile e non avremo bisogno di trovare un accordo con Israele".
Il Primo ministro Nsur ha poi aggiunto che "le autorità giordane hanno preso in considerazione l'ipotesi di vendere acqua desalinizzata ad Israele per comprare acqua dolce ad un prezzo di tre volte inferiore dal Lago Tiberiade". Il restringimento del Mar Morto è un fenomeno avviatosi negli anni '60, quando Siria, Israele e Giordania iniziarono a deviare il corso del fiume Giordano per soddisfare le proprie necessità di risorse idriche. Gli scienziati pronosticano che il prosciugamento del mare chiuso più salato al mondo sarà compiuto entro il 2050 e ciò comporterà gravi problemi di siccità nelle regioni desertiche di Israele e Giordania.
http://www.laperfettaletizia.com/2013/08/la-giordania-combattera-la-sete-con-un_21.html
mercoledì 21 agosto 2013
E' ufficiale: 100 terremoti provocati dal fracking in Ohio
Gli eventi sismici avvenuti tra il 2011 e il 2012 sono correlati alle attività del pozzo NS1 adiacente alla città di Youngstown, Ohio in quanto avvenuti in concomitanza con l'aumento della pressione sotterranea dovuta allo stoccaggio dei fanghi di perforazione
M6.1 - GUERRERO, MEXICO
Preliminary Earthquake Report
Magnitude
6.1
Date-Time
- 21 Aug 2013 12:38:33 UTC
- 21 Aug 2013 05:38:33 near epicenter
- 21 Aug 2013 13:38:33 standard time in your timezone
Location
17.008N 99.355W
Depth
34 km
Distances
- 18 km (11 mi) NW of Ayutla de los Libres, Mexico
- 23 km (14 mi) N of San Marcos, Mexico
- 30 km (18 mi) SE of Tierra Colorada, Mexico
- 59 km (36 mi) ENE of Acapulco de Juarez, Mexico
- 268 km (166 mi) S of Mexico City, Mexico
Location Uncertainty
Horizontal: 10.8 km; Vertical 2.7 km
Parameters
Nph = 100; Dmin = 103.8 km; Rmss = 1.43 seconds; Gp = 116°
Version = C
Event ID
us b000j83t
For updates, maps, and technical information, see: Event Page or USGS Earthquake Hazards Program
National Earthquake Information Center
U.S. Geological Survey
http://earthquake.usgs.gov/regional/neic/
Fabrizio Pedroni, (il Proprietario di Firem): L’Orgoglio di un Uomo Libero (Post Fondamentale)
Nota di Rischio Calcolato: vi consiglio di leggere con attenzione quanto ha da dire Fabrizio Predoni, il padrone di Firem che ha deciso di delocalizzare in Polonia. Sembra di rileggere un rissunto di quanto scriviamo su Rischio Calcolato da 4 anni. Peccato che a parlare qui non sia solo un blogger, ma un produttore di ricchezza che dal 26 Agosto pagherà stipendi e pensioni e welfare ai polacchi.
Fabrizio Pedroni prima di essere un imprenditore è una persona libera, e alle sue parole:
«Io non sono tenuto a dare conto su dove voglio spostare i miei macchinari. Quando voglio fare un trasloco in casa mia non è che devo chiedere ad altri».
ho capito che c’è ancora speranza in questo paese e ci sarà fino a quando esisteranno persone come Fabrizio Pedroni Auguro di cuore alla famiglia Pedroni di produrre e prosperare, alla faccia di politici, sindacalisti e sussidiati italiani. A proposito, pare che il Movimento 5 Stelle non sia riuscito a resistere: porterà il caso Firem in Parlamento. Altri soldi sprecati per discutere del nulla mentre altre Firem se ne stanno andando.
Gli operai Firem davanti ai cancelli vuoti stanno ricevendo pelosi attestati di solidarietà bipartisan sia da PD che dal PDL ( e dall’M5s che ci ha messo su il carico da novanta, ma bravi), mi chiedo se si rendono conto di essere pure loro vittime dei parassiti italiani.
dal Resto del Carlino (intervista da stampare e riporre nel cassetto)
Modena, 17 agosto 2013 – «Sui giornali date retta solo ai sindacati. Ma lo volete capire o no che in Italia ormai ci sono più aziende che si trasferiscono di quelle che rimangono?». E’ imbufalito Fabrizio Pedroni, titolare della Firem di Formigine, protagonista di una delocalizzazione lampo in Polonia che sul territorio ha lasciato interdetti e ha provocato la rivolta degli operai. Ora riuniti in presidio permanente davanti a una fabbrica svuotata improvvisamente dei macchinari poco prima del ponte di Ferragosto. Raggiunto al telefono all’estero, l’imprenditore si scalda.
Pedroni, ve ne siete andati senza dire nulla a nessuno.
«Ma smettetela di dare retta solo ai sindacati. L’Italia sta affondando e saranno sempre di più le aziende che si trasferiranno all’estero. Proprio a causa dei sindacati, della burocrazia, delle tasse e di una sistema creditizio bancario che è vergognoso».Delocalizzare è ovviamente possibile, ma non era doveroso avvertire prima i lavoratori?
«Ho letto che avete parlato di una ‘fuga’. Ma chi è fuggito? Sono qui».Beh, siete state velocissimi a smontare i macchinari e andarvene.
«Io non sono tenuto a dare conto su dove voglio spostare i miei macchinari. Quando voglio fare un trasloco in casa mia non è che devo chiedere ad altri».Al di là dei macchinari, ci sono dei rapporti di lavoro in essere con i dipendenti.
«A me dispiace per le persone e per le loro famiglie, è chiaro, ma su questo aspetto non voglio dire nulla, se ne parlerà al massimo martedì al tavolo. A proposito, ho visto tanta solidarietà dalle istituzioni, ma come mai hanno convocato il tavolo solo martedì prossimo? Forse perché bisogna ancora far prima qualche giorno di ferie e di mare. E poi è intervenuto anche il sindaco di Formigine: quando ho avuto bisogno io di lui per migliorare la mia attività (ricordo che era con l’assessore) per un’autorizzazione edilizia mi è stato risposto di no in maniera brusca e mi hanno detto in pratica di arrangiarmi».Lei ce l’ha con il sistema Italia, però adesso il conto lo pagheranno i lavoratori.
«Davanti ai cancelli nelle foto ho visto dipendenti che per motivi vari non vengono a lavorare da anni o che neanche fanno parte dell’azienda. Tra l’altro hanno bloccato un nostro camion, non so se se ci saranno ripercussioni giudiziarie su questo. Piuttosto c’è una domanda che nessuno ci rivolge e sarebbe l’unica da fare».Qual è?
«Chiuderà o no la Firem?».In che senso? A Formigine comunque chiuderà e si trasferirà in Polonia.
«Eh no, guardi che non ci sono solo gli operai in un’azienda, ci sono anche gli impiegati, i tecnici. E tra l’altro abbiamo anche alcuni operai italiani che verranno a lavorare in Polonia».Gianpaolo Annese
Gianni Lannes: “Ecco chi ha ucciso Aldo Moro”
di Gianni Lannes
In Italia qualcuno se n’è accorto? O meglio a qualcuno interessano democrazia, libertà e indipendenza politica? Steve Pieczenik inviato in missione da Washington, dopo 30 anni ha vuotato il sacco:
«Ho messo in atto la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia. I brigatisti avrebbero potuto cercare di condizionarmi dicendo “o soddisfate le nostre richieste e lo uccidiamo”. Ma la mia strategia era “No, non è così che funziona, sono io a decidere che dovete ucciderlo a vostre spese”. Mi aspettavo che si rendessero conto dell’errore che stavano commettendo e che liberassero Moro, mossa che avrebbe fatto fallire il mio piano. Fino alla fine ho avuto paura che liberassero Moro. E questa sarebbe stata una grossa vittoria per loro».
lo statista Aldo Moro ed il criminale del Bilderberg Group Henry Kissinger
Kissinger & Napolitano – foto quirinale.it
Pieczenik, assistente del sottosegretario Usa nel 1978, psichiatra, specialista in “gestioni di crisi”, esperto di terrorismo, visse – secondo quanto ha rivelato in un libro-intervista pubblicato nel 2008 “Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo trent’anni un protagonista esce dall’ombra” edito in Italia da Cooper e curato da Nicola Biondo e passato stranamente inosservato – gomito a gomito con Francesco Cossiga la parte cruciale dei 55 giorni. Era lui, “l’esperto nordamericano del Dipartimento di Stato U.S.A. che indirizzò e gestì l’azione dello Stato italiano con le Br. La sua presenza al Viminale è stata interpretata, da molti, negli scorsi anni, come una sorta di “controllo” Usa sulla vicenda che coinvolgeva un Paese all’epoca decisivo negli equilibri Est-Ovest.
L’inviato della Casa Bianca, Pieczenik spiega e rivendica la scelta di aver finto di intavolare una trattativa con le Br quando invece «era stato deciso che la vita dello statista era il prezzo da pagare». L’esperto Usa va anzi oltre nelle sue rivelazioni: da un certo punto in poi tutta la sua azione mirò a far sì che le Br non avessero altra via d’uscita che uccidere Moro, fatto questo che avrebbe risolto la gran parte dei problemi che rischiavano di far conquistare all’Italia libertà, sovranità e indipendenza dagli Stati Uniti d’America.
«La mia ricetta per deviare la decisione delle Br era di gestire – spiega nel libro lo psichiatra – un rapporto di forza crescente e di illusione di negoziazione. Per ottenere i nostri risultati avevo preso psicologicamente la gestione di tutti i Comitati (del Viminale n.d.r.) dicendo a tutti che ero l’unico che non aveva tradito Moro per il semplice fatto di non averlo mai conosciuto».
Nel libro del giornalista francese Emmanuel Amara si spiega che il momento decisivo arrivò quando Moro dimostrò di essere ormai disperato. Su quella base si decise l’operazione della Duchessa, ossia il falso comunicato delle Br, scelta questa presa nel Comitato di crisi. «I brigatisti non si aspettavano di trovarsi di fronte ad un altro terrorista che li utilizzava e li manipolava psicologicamente con lo scopo di prenderli in trappola. Avrebbero potuto venirne fuori facilmente, ma erano stati ingannati. Ormai non potevano fare altro che uccidere Moro. Questo il grande dramma di questa storia. Avrebbero potuto sfuggire alla trappola, e speravo che non se ne rendessero conto, liberando Aldo Moro. Se lo avessero liberato avrebbero vinto, Moro si sarebbe salvato, Andreotti sarebbe stato neutralizzato e i comunisti avrebbero potuto concludere un accordo politico con i democristiani. Uno scenario che avrebbe soddisfatto quasi tutti. Era una trappola modestissima, che sarebbe fallita nel momento stesso in cui avessero liberato Moro».
Pieczenik spiega che Cossiga ha approvato la quasi totalità delle sue scelte e delle sue proposte. «Moro, in quel momento, era disperato e avrebbe sicuramente fatto delle rivelazioni piuttosto importanti ai suoi carcerieri su uomini politici come Andreotti. E’ in quell’istante preciso che io e Cossiga ci siamo detti che bisognava cominciare a far scattare la trappola tesa alle Br. Abbandonare Moro e fare in modo che morisse con le sue rivelazioni. Per giunta i carabinieri e i servizi di sicurezza non lo trovavano o non volevano trovarlo».
Pieczenik traccia un bilancio di questa sua strategia: «Ho messo in atto la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Moro al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia. Mai l’espressione ‘ragion di Stato’ ha avuto più senso come durante il rapimento di Aldo Moro in Italia».
Pieczenik raggiunse tre obiettivi: eliminare Moro, impadronirsi dei nastri dell’interrogatorio e del vero memoriale dello statista italiano, costringere le Br al silenzio.
Un passo indietro: durante il viaggio negli Stati Uniti del settembre 1974Kissinger minacciò pesantemente Moro, come ha ricordato in un’aula giudiziaria il suo portavoce Corrado Guerzoni. Ed è bene non dimenticare la testimonianza della moglie di Moro, che riferì alla Commissione parlamentare che cosa dissero al marito esponenti della delegazione americana: “… Lei deve smettere di perseguire il suo piano politico di portare tutte le forze del suo paese a collaborare direttamente. Qui, o lei smette di fare questa cosa, o lei pagherà cara, veda lei come la vuole intendere”.
Dunque, niente più misteri, però ancora un bel po’ di carte inaccessibili nei palazzi del sottomesso Stato tricolore.
Com’è possibile che il Presidente della Repubbblica Napolitano riceva con gli onori riservati ad un capo di Stato il criminale internazionale Henry Kissinger?Auguriamoci che il primo ministro Enrico Letta in palese conflitto di interessi, affiliato al Bilderberg Group, alla Trilateral Commission ed all’Aspen Institute, vale a dire ad organizzazioni mafiose e terroristiche di stampo mondiale, eviti qualche commemorazione di Moro.
Toc toc: c’è almeno un giudice a Berlino, non dico a Maglie o perfino a Roma che possa riaprire le indagini ed avanzare qualche rogatoria internazionale su questa ennesima operazione di guerra terroristica del Governo nordamericano?I reati di strage (via Fani) e di omicidio premeditato non vanno mai in prescrizione. O valgono sempre i trattati segreti ed incostituzionali?
riferimenti:
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=moro
martedì 20 agosto 2013
Femminicidio: la nuova legge approvata alla Camera ma i delitti non sono in aumento e in Europa si uccide più che in Italia
Sul fenomeno - omicidi efferati, dunque particolarmente odiosi e inaccettabili in un contesto civile - si sono mobilitati in tanti. Peccato che in tanta mobilitazione sia mancato l’elemento più importante sul piano dell’informazione, e cioè i dati.
Lo faranno di nascosto. E sarà ancora più miseria, tagli, fallimenti, disoccupazione.
** Un grazie al Corporate Europe Observatory