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mercoledì 19 gennaio 2011

Svelata l'origine delle polveri sottili

Pesanti, a volte pesantissime, ma spesso non pericolose come al Nord perché generate dal deserto e non dal traffico. È questa la vera identità delle polveri sottili presenti in Puglia e in tutte le regioni europee del Mediterraneo. L’identità del famigerato particolato è stata svelata per la prima volta da una ricerca coordinata dall’Università di Bari (Dipartimento di Chimica) in collaborazione con l’Università del Salento (Dipartimento di Fisica) e finanziata dalla Regione Puglia.
Una ricerca sulla quale mezza Europa sta tentando di mettere le mani perché ha realizzato strumenti e metodi di misurazione innovativi, che fanno luce per la prima volta sul mistero della provenienza delle polveri fini e potrebbero risolvere una volta per tutte il problema della multe comminate dall’UE per il superamento del livello massimo di polveri.
Il risultato è essere riusciti ad identificare l’origine delle polveri, un dato fondamentale perché è la provenienza e non il peso a determinare la pericolosità di queste particelle, che i ricercatori chiamano particolato atmosferico (PM). Si scopre così che la pericolosità può essere persino inversamente proporzionale rispetto al peso. Se le polveri fini provengono dal traffico, sono leggerissime ma pericolosissime per la salute, se invece sono arrivate fino a noi dal deserto del Sahara sono pesanti ma non nocive. Una differenza sostanziale, da un lato per la lotta all’inquinamento, dall’altro per i risvolti economici che implica.
L'nquinamento sopra l'europa
Le Regioni che superano il livello massimo di polveri fini consentito dalle direttive comunitarie sono soggette infatti ad una multa da parte dell’UE pari a circa 10mila euro al giorno. Ma - spiegano i ricercatori – il parametro che viene preso in considerazione non è la pericolosità delle polveri ma il peso. Per le regioni del basso Mediterraneo, si tratta spesso di un onere notevole, perché le loro polveri spesso sono pesantissime, proprio come avviene in Puglia.
Gianluigi De Gennaro è il giovane chimico dell’Università di Bari che coordina la ricerca. “Le polveri fini del Tavoliere – spiega – sono diverse da quelle della Pianura Padana. A Milano le polveri prodotte dal traffico restano lì, come imprigionate in una piccola scatola. Il nostro territorio invece ha capacità disperdenti migliori perché c’è vento, sole, scambi di calore terra-aria. Ecco perché in Puglia siamo più soggetti agli eventi transfrontalieri cioè ad apporti di polveri da altre parti del mondo. Noi abbiamo concentrazioni di PM10 molte alte. Provengono dal Sahara e dal Nord Est dell’Europa, però per fortuna non sono così pericolose come quelle prodotte dal traffico”.
Un aspetto, questo, che l’UE non valuta imponendo comunque multe salatissime. Il problema riguarda tutte le regioni del Mediterraneo. Per questo l’Italia con Spagna e Portogallo e Cipro hachiesto invano una deroga. Unica concessione delle direttive comunitarie è scorporare dal limite fissato la porzione di PM10 dovuta a fonti transfrontaliere, ma i Paesi interessati devono riuscire a provarne la provenienza.
E qui entra in gioco la ricerca pugliese. “Gli strumenti tradizionali – dice De Gennaro – misurano il particolato, cioè le polveri, ma ignorano da dove provenga. Noi invece abbiamo sviluppato strumenti e metodi per capire l’origine delle particelle, se sono locali o se provengono dall’estero. Questo ci permette, tra l’altro, di fornire all’UE le prove richieste per ridurre le infrazioni”.

di G.G.