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domenica 9 gennaio 2011

Ricicla plastica nelle terre di Gomorra Per Legambiente è l’ambientalista dell’anno




Antonio Diana è il titolare della Erreplast, un'azienda del casertano che 
trasforma le bottiglie recuperate con la raccolta differenziata. In una terra 
dove la gestione dei rifiuti è una continua emergenza e dove suo padre Mario
 fu ucciso dalla camorra
Per fare l’imprenditore nel casertano, bisogna superare evidenti ostacoli.
Manca un quadro di 
riferimento hiaro, un modello di sviluppo. E c’è l’ingerenza della camorra”.
Antonio Diana, 
titolare della Erreplast, un’azienda di Gricignano d’Aversa che si occupa del riciclo
 di materie
 plastiche, racconta la sua esperienza. Nella terra dove domina il clan dei Casalesi e 
dove le strade sono invase dalla spazzatura, Antonio risponde con il lavoro quotidiano,
 insieme al fratello Nicola. E per le sue attività nel riciclo dei rifiuti, quest’anno è stato
 nominato da Legambiente ambientalista dell’anno. E’ lui che ha ricevuto più voti, tra i candidati prescelti.

Erreplast nasce nel 1997. L’azienda seleziona e tratta bottiglie di plastica: le trasforma
 in preziose scaglie, che poi tornano nel ciclo industriale e 
vengono usate nel settore dell’abbigliamento e del tessile. 
L’impianto dei Diana potrebbe trattare ogni anno
 20mila tonnellate di bottiglie. “Ma funziona al 50% – racconta Antonio – perché non 
ci arriva un quantitativo di bottiglie sufficiente per farlo andare a regime. Spesso 
dobbiamo prendere la plastica da fuori regione, sembra una contraddizione ma è così”. E l’emergenza rifiuti in Campania non aiuta: 
diminuiscono infatti i volumi di materiale 
differenziato e anche la qualità.

La camorra ha segnato la storia di famiglia: il padre Mario Diana è stato ammazzato 
dal clan nel 1985 perché, da imprenditore, non volle piegarsi al volere della cosca. 
Pesano più gli atti concreti che le parole – spiega Antonio – il dolore si porta dentro: 
non riesco a renderlo con una dichiarazione”. Due anni fa per quell’omicidio sono stati 
condannati in primo grado i vertici dei Casalesi. Nella requisitoria il pm Antonello 
Ardituro ha fatto cenno ai figli Antonio e Nicola Diana, anche loro imprenditori:
 “Non si sono fatti fagocitare: è un importantissimo dato sociale e processuale, 
ha grande rilevanza per quella terra”. I fratelli Diana si sono costituiti parte civile: 
“Una cosa normale – commenta Antonio – e le cose normali sono quelle che 
sorprendono di più in queste terre”. L’azienda Erreplast e l’idea del riciclo viene
 dall’esperienza del padre: 
“Lui negli anni ’80 era avanti di venti anni da lui abbiamo imparato il metodo,
 l’educazione e il profilo imprenditoriale: già all’epoca le sue aziende recuperavano scarti industriali”.


In queste terre andare via o restare è una scelta di vita. Mai pensato di
 mollare tutto? “Sì, qualche volta. Ma noi proseguiamo un percorso e 
pensiamo si possa fare impresa dalle nostre parti”. Per fare l’imprenditore,
 ogni tanto, si deve evitare di aprire la porta, “qualcuno non lo ricevi e
 vai avanti”. Da anni 
i Diana lavorano solo con i privati: “Niente appalti con la pubblica 
amministrazione”, ammette Antonio. Spesso negli appalti sono favorite 
le aziende di famiglia di 
politici-imprenditori che hanno banchettato per anni con la camorra e divorato
 risorse pubbliche.

Con le altre aziende del gruppo, Antonio Diana ha 200 dipendenti: “
Non ho mai voluto un direttore del personale – precisa – la redditività la 
fanno gli uomini e il rapporto con loro è fondamentale”. In un altro
 impianto si occupa dal 
2006 anche di selezionare i rifiuti di imballaggio (plastica, alluminio e banda 
stagnante). “Anche in questo comparto paghiamo il prezzo dell’emergenza: 
all’inizio l’impianto lavorava al 30% delle sue potenzialità. Dal 2008 abbiamo
 introdotto un incentivo per i comuni: non pagano nulla per depositare 
questi materiali, se rispettano le specifiche dei rifiuti da conferire. Ma nonostante ciò,
 continuiamo a
 lavorare al 50% delle nostre possibilità”.

Antonio denuncia le conseguenze delle inefficienze nella gestione dei rifiuti: 
“Paghiamo un prezzo altissimo come cittadini. Con un’adeguata raccolta
 la regione Campania potrebbe risparmiare ogni anno 100 milioni di euro, 
econdo i dati del Conai (Consorzio nazionale imballaggi, ndr): verrebbero 
cancellati i costi del conferimento in discarica e recuperati i ricavi delle 
vendite di imballaggi riciclati”. E forse le strade campane inizierebbero a 
svuotarsi dai rifiuti. Tra questi ci sono anche le bottiglie di plastica. Le 
stesse che l’azienda dei Dia
na importa da altre regioni. Paradosso di un’emergenza infinita. In una 
terra che ospita l’ambientalista dell’anno di Legambiente.

di Nello Trocchia

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