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venerdì 30 aprile 2010

Negozio a km zero a pescantina

La nuova iniziativa si chiama negozio a Km zero.

La necessità di limitare lo spostamento delle persone e delle merci, vincolando la richiesta e l'offerta al cosidetto " km zero " è sotto certi aspetti lodevole ed interessante.

L'impossibilità di parteciapre ai mercatini a Km zero, spesso presenti un solo giorno della settimana il piu' delle volte incompleti del necessario di tutti i giorni, porta a spiengere il consumo, verso i negozi e i centri commerciali, che
non offrono il Km zero, ed in piu' legano la merce agli imbalaggi.

Quante volte è capitato di tornare e a casa e riordinando la spesa, accorgersi che plastica e contenitori creano inutile volume e scarto, che finisco nella discarica o quando va bene nella " catena " del riclo ?

La soluzione puo' essere il negozio senza imballaggi e per di piu'a Km zero, sempre aperto, sette giorni su sette.

Avremmo immediatamente due incredibili vantaggi, il primo, sarebbe quello di poter fare la spesa, senza produrre scarti e mondizia,il secondo acquisteremmo prodotti poco " inquinanti ", sicuramente a Km zero.

Cartone biodegradabili, confezioni e bottiglie portate da casa, per pasta, legumi, pane , Formaggi, salumi, vino, acqua, birra , shampo e dettersivi, ecc..

Cambiaremmo il ns modo di acquistare e consumare.

Nesuno scarto un sicuro risparmio sul prezzo di acquisto, con il vantaggio di poter protestare se il prodotto acquistato non soddisfa, direttamente dal venditore.

Accanto a questi indiscussi vantaggi, che si traducono sia in termini economici
che ambientali, fAVOriremo gli acquisti in senso solidale, per di pu' aiutando
l'economia locale.

Sarebbe il primo negozio della descrescita solidale e sostenibile a km zero.

Sarebbe bello vederne uno !

Andrea Belvedere


mercoledì 28 aprile 2010

NUCLEARE Inutile, dannoso e costoso ambientalisti si mobilitano

Dodici miliardi di euro in vent'anni. E' quanto in Italia è stato speso dalla chiusura delle centrali nucleari ad oggi. Soldi utilizzati esclusivamente per gestire le scorie radioattive. E che non hanno  finanziato né nuove ricerche su energie rinnovabili né la costruzione di un deposito unico nazionale. La denuncia è contenuta in un dossier presentato dai Verdi in occasione del 24° anniversario del disastro di Chernobyl: "L'Italia paga per il nucleare che non ha". E riparte la mobilitazione ambientalista. Per Legambiente "la scelta del governo di far ritornare il nucleare in Italia è rischiosa e sbagliata". E sul deposito nazionale di scorie crescono le preoccupazioni in merito all'ipotesi di costruirlo nell'area del Garigliano, tra la provincia di Caserta e quella di Latina. "Proprio in quella zona, abbiamo già avuto la nostra piccola Chernobyl".

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Il dossier dei Verdi. Novantamila metri cubi di rifiuti tossici e radioattivi. A tanto ammonta il lascito delle centrali nucleari italiane, chiuse nel 1990. Un'enorme quantità di scorie sparse in tutto il Paese. Una bomba ecologica non ancora disinnescata che lo Stato sorveglia al costo di 500 milioni di euro l'anno. Soldi, naturalmente, pubblici. Sessantacinquemila tonnellate di questi rifiuti di seconda e terza categoria "provengono dalle centrali in dismissione". Per completare il quadro, bisogna aggiungere "una produzione annuale di 1.000 metri cubi di scorie provenienti da usi medici e industriali". E le scorie non invecchiano. La loro pericolosità è quasi permanente. "Quelli di seconda categoria sono rifiuti pericolosi per circa 300 anni mentre quelli di terza rimangono carichi di radioattività anche per 250mila anni".


L'accordo con la Francia. Al centro delle polemiche, l'accordo che il governo italiano ha sottoscritto con la Francia per la costruzione di reattori nucleari. E Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, ha un sospetto: "Con Parigi potrebbero esserci altri accordi, riservati, per la costruzione di armi atomiche". Anche Legambiente critica la scelta del governo. Affidando le proprie motivazioni a uno studio condotto sulla tecnologia nucleare francese. Quella che l'Italia dovrebbe importare. E l'EPR, la sigla che identifica il reattore d'oltralpe, viene definito "un bidone".  


Verso un Comitato Nazionale Antinucleare. Le associazioni ambientaliste sono al lavoro per mettersi in rete. La cornice ideologica è indicata in un documento, sottoscritto, tra gli altri, da Wwf, Italia Nostra, Greepeace e Legambiente. Nel testo vengono elencati i motivi che rendono la svolta nucleare "inutile e pericolosa": autosufficienza energetica già raggiunta, costi eccessivi del nucleare, scarse prospettive di impiego. E poi, il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dell'Italia, perché "dovremmo importare uranio, tecnologia e brevetti".


La piccola Chernobyl sul Garigliano. L'ipotesi di costruire il deposito nazionale di scorie nell'area del Garigliano, è molto discussa. Anche perché, ricorda il dossier dei Verdi, la zona è già stata interessata da alcuni incidenti. Una lunga e agghiacciante sequenza. Che parte dalla metà degli anni '70. E che si svolge nella centrale nucleare di Sessa Aurunca, provincia di Caserta. Nel dicembre 1976 "il fiume Garigliano in piena, entra nel locale sotterraneo raccogliendo oltre un milione di litri d'acqua contaminata". Un incidente analogo si verifica nel novembre del 1979. Poi passa un anno. E nel novembre del 1980 "le piogge abbondanti penetrano nella centrale. E fuoriescono nel fiume portandosi dietro cesio 137". Due anni dopo "un contenitore su rimorchio ferroviario da Roma perde per strada 9.000 litri di acqua con cobalto 58, cobalto 60, e manganese 54". E per il dossier sono documentabili, nel 1972 e nel 1976, due esplosioni dei filtri del camino centrale.
Incidenti che "hanno contaminato fiumi e terreni. E 1700 chilometri quadrati di mare, come certificano studi condotti dall'ENEA tra il 1980 e il 1982", dice Giulia Casella, presidente del circolo Legambiente di Sessa Aurunca. Che, in merito all'ipotesi di costruire sul Garigliano il deposito nazionale di scorie, dice: "Si tratta di un'ipotesi sciagurata. L'area è inadatta dal punto di vista idrogeologico. E non lo diciamo noi. Lo attesta un documento del governo del 1985".

ref. http://www.repubblica.it/ambiente/2010/04/27/news/nucleare_verdi-3659605/

Bottiglie vegetali

Si chiama BioBottle e non utilizza neanche una goccia di petrolio in quanto realizzata in PLA il biopolimero che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri vegetali. È stata presentata in occasione di Biopolpack, il congresso nazionale sugli imballaggi in polimeri biodegradabili che tenutosi all'Università' di Parma il 15 e 16 aprile.

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Prodotta da Sant’Anna, Bio Bottle è compostabile: si conserva come le bottiglie di plastica tradizionale, ma si biodegrada completamente in 80 giorni negli appositi siti di compostaggio. Inoltre, a differenza delle plastiche più comuni, è riciclabile chimicamente: una Bio Bottle nuova nasce da una Bio Bottle usata, senza usare petrolio e senza inquinare l’atmosfera.

Gli studi condotti al dipartimento di Chimica clinica e microbiologia e Sanità pubblica dell'Università' di Torino hanno permesso di dimostrare che il biopolimero utilizzato è adatto a contenere acqua minerale. L'impiego di risorse rinnovabili per produrre questo biopolimero riduce la dipendenza dai combustibili fossili e, grazie a processi manifatturieri più sostenibili, contribuisce all'abbattimento delle emissioni di anidride carbonica.

650 milioni di bottiglie Sant’Anna Bio Bottle permettono un risparmio di 176.800 barili di petrolio con cui riscaldare per un mese una città di 520.000 abitanti e riducono le emissioni di CO2 pari a un’auto che compia il giro del mondo per 30 mila volte in un anno. Il prodotto ha già ottenuto il riconoscimento del marchio Cic dal Consorzio Italiano Compostatori, che promuove una politica di riduzione dei rifiuti.

ref. http://www.chimici.info/BioBottle-la-bottiglia-tutta-vegetale_news_x_4524.html

Il futuro si chiama BETTER PLACE

Ref. http://www.betterplace.com/

lunedì 26 aprile 2010

Toyota Prius Plug-in, pronta per le strade

Saranno definiti oggi i programmi di commercializzazione della nuova Toyota Prius Plug-in che coinvolgerà inizialmente la città di Strasburgo. Per l'Italia l'arrivo della nuova ibrida ricaricabile dalla rete domestica della Casa giapponese non è del tutto scontato, tuttavia si ventila la possibilità di poterle vedere sulle nostre strade alla fine di quest'anno o al massimo nei primi mesi del 2011.

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La peculiarità di questo modello che si differenzia dalla attuale Prius soprattutto per la possibilità di ricaricare le batteria dalla rete tramite una presa 220V è la parallela possibilità di percorrere circa 20 km in solo elettrico con emissioni ridotte fino a 60 g/km di CO2.
La Prius plug-in funziona come una vettura elettrica su distanze ridotte e come un normale veicolo ibrido sulle percorrenze più lunghe. Le sue caratteristiche di veicolo elettrico assicurano una maggiore autonomia rispetto ad un normale veicolo ibrido, quindi una diminuzione dei consumi e delle emissioni di CO2. Inoltre, essendo un veicolo ibrido, può funzionare indipendentemente dalla carica della batteria ed è completamente indipendente dalle infrastrutture esterne per la ricarica della batteria.
Lunga 4,460 metrie larga 1,745 metri utiizza di base lo stesso propulsore 1.8 a benzina della attuale, abbinato al consueto motore elettrico. La ricarica della nuova batteria agli ioni di litio, più potente della precedente (per i 20 km di autonomia in elettrico) è di 100 minuti.

rEF. http://www.motori24.ilsole24ore.com/Auto-Novita/2010/04/Toyota-Prius-Plug-in.php

lunedì 19 aprile 2010

YeZ, l’auto-foglia

YeZ, l’auto-foglia mossa dal vento e dal sole che assorbe anidride carbonica

leaf

Si chiama YeZ, ossia Leaf per i media anglosassoni e Foglia per gli italiani.
E’ un’automobile della Aaic (Shanghai automotive industry corporation), una casa automobilistica statale cinese, ancora allo stadio di concept: un’idea di auto più che un’auto vera e propria, insomma.
Ma – se mai entrerà in produzione – sarà davvero un’auto da rivoluzione ecologica. Elettrica ed interamente alimentata dal vento e dal sole.
E non solo: l’auto è in grado di assorbie dall’atmosfera l’anidride carbonica, il principale gas dell’effetto serra: proprio come una foglia. Almeno, così dice la Saic. E dunque è il caso di gettare un’occhiata più da vicino.
Ye Zi è stata presentata ai giornalisti dalla Aiac all’inizio della settimana, in anteprima rispetto al Pechino Motor Show che inizierà il 23 aprile.
E’ una due posti con il tettuccio (a forma di foglia) coperto da pannelli fotovoltaici, orientabili per cogliere nel migliore dei modi i raggi del sole. Le ruote incorporano delle piccole turbine eoliche.
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Non è specificato quanta energia elettrica viene prodotta dal tettuccio solare e quanta dalle ruote-turbine, e nemmeno è specificato il maggiore consumo dovuto alla scarsa aerodinamicità collegata alle pale eoliche nelle ruote.
Comunque, se il bilancio fosse positivo, sarebbe in pratica il moto perpetuo pulito: l’energia elettrica solare fa avanzare l’auto che, muovendosi, produce altra energia elettrica di origine eolica.
Inoltre la struttura dell’auto è in Mof (metal-organic framework), materiali porosi che presentano un’area superficiale molto estesa e sono in grado di assorbire gas dall’ambiente circostante. Nella fattispecie, secondo l’Aiac, assorbono anidride carbonica, il gas dell’effetto serra.
Davanti a una notizia come questa è bene fare atto di devozione a San Tommaso: finchè non vedo, non credo. Però a volte è bello sognare.
Il comunicato stampa di Shanghai automotive industry corporation: YeZ, l’auto-foglia

rEF. http://www.blogeko.it

sabato 3 aprile 2010

No al NUCLEARE: avviamo un referendum

Il governo Berlusconi ha riavviato il nucleare in Italia e ha privatizzato la gestione pubblica dell'acqua. Due minacce a beni pubblici fondamentali, costituzionalmente protetti. Il nucleare metta a rischio la sicurezza dei cittadini italiani e la salute pubblica.

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La privatizzazione della gestione dell’acqua trasforma un bene pubblico essenziale in una merce sulla quale realizzare profitti.
L'Italia dei Valori si è opposta in Parlamento e si impegna per la loro abrogazione con due referendum popolari. Per realizzarli l'anno prossimo cominceremo da subito la raccolta delle firme. I quesiti sono stati già presentati. Diciamo no al nucleare perché: lo sviluppo del futuro è nell'economia verde e nelle fonti rinnovabili; la scelta nucleare consuma tutte le risorse economiche disponibili e chiude ogni prospettiva per l’avvio di una nuova politica energetica.
Un incidente in una centrale nucleare ha effetti devastanti e di lunghissima durata ed estensione. Le scorie radioattive sono pericolosissime e irraggiano per migliaia di anni. Il problema dello stoccaggio sicuro delle scorie non è risolto in nessun paese del mondo. Una centrale nucleare utilizza un'enorme quantità d'acqua, che altera gli equilibri idrogeologici del territorio ed espone le falde acquifere a rischi gravissimi. La tecnologia nucleare comprata dai francesi è costosa e obsoleta.
L'ENEL la caldeggia per mettere le mani su un finanziamento pubblico che supererà i 35 miliardi di euro, più dell'intera Alta Velocità. Una centrale nucleare proposta dall’ENEL costa quasi otto miliardi di euro. Coi costi dello stoccaggio delle scorie e dello smantellamento della centrale il chilowatt nucleare costerà nella bolletta degli italiani più di quello delle fonti tradizionali.
I siti nucleari saranno scelti ad insindacabile giudizio dei costruttori privati. Le regioni e gli enti locali non hanno voce in capitolo sull'allocazione delle centrali. La parola finale spetta solo al Consiglio dei Ministri. La costruzione delle centrali è fatta senza gare e senza controllo degli appalti e dei subappalti. Il nucleare italiano sarà una riproposizione a dimensioni esponenziali del malaffare della Protezione Civile.
Con la ripresa del nucleare il governo offende il giudizio degli italiani con il referendum contro il nucleare del 1987. Gli italiani non hanno cambiato parere e lo dimostreranno con il prossimo referendum al quale è necessario chiamarli ancora.

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Paolo Brutti
http://italiadeivalori.antoniodipietro.com