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mercoledì 19 gennaio 2011

Metano da una roccia


Ieri in America, al Dipartimento dell'energia qualcuno avrà pur brindato. L'Eia ha ritoccato le stime sulle riserve nazionali di shale gas - il metano che si ricava da antiche e stratificate formazioni rocciose – più che raddoppiandole. Così, quegli Stati Uniti già abbastanza ossessionati dalla dipendenza dal petrolio d'importazione, scoprono con sollievo di essere una potenza nel gas: secondo l'Eia, nel 2035 il 45% del fabbisogno americano verrà dalle rocce sedimentarie.
Ieri in America, al New York Mercantile Exchange, qualcuno avrà maledetto il report annuale della Energy Information Administration. Quel broker che aveva scommesso a termine su una ripresa del gas naturale, il cui prezzo era già sotto del 20% rispetto a inizio anno, se l'è visto scendere all'improvviso sotto la soglia dei quattro dollari, dopo che le scorte sono cresciute – e solo sulla carta – nel giro di una conferenza stampa.

Lo shale gas è l'ultima moda, nel club multinazionale delle compagnie petrolifere ed energetiche. Di recente, l'Eni ha rilevato una società polacca che possiede tre licenze per estrarre il gas dalle cosiddette scisti, formazioni rocciose a base di argilla, che si sono stratificate in milioni di anni, laddove un tempo c'erano bacini di acqua bassissima. E Sorgenia, società del gruppo Cir, ha annunciato di aver rilevato il 27% di una joint venture per l'esplorazione, sempre in Polonia, delle scisti gassose. Ma così fan tutti.

Come nel caso del cosiddetto petrolio non convenzionale, il gas non convenzionale è più difficile e costoso da estrarre. Lungo la catena degli Appalachi, c'è chi lo aveva prodotto per un secolo, ma con utili marginali. Fin quando la tecnologia dell'hydraulic fracturing (la frantumazione delle rocce con getti d'acqua e additivi chimici ad alta pressione) non ha fatto miracoli.

Da tempo si riteneva che il Barnett Shale, un bacino di rocce sedimentarievecchie 350 milioni di anni che stanno sotto il suolo del Texas, contenesse grandi quantità di metano. Ma è solo grazie agli sviluppi recenti nella fratturazione idraulica – anche in orizzontale – che ConocoPhillips, EnCana e altri operatori hanno cominciato a sfruttarlo seriamente e con profitto: rappresenta già il 6% della produzione americana di gas naturale.
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