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lunedì 29 marzo 2010

Gibe II –III -IV ETIOPIA

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Ethiopia’s Gibe 3 Dam:
Sowing Hunger and Conflict

The Omo River is a lifeline for hundreds of thousands of indigenous people in
southwest Ethiopia and northern Kenya. The Gibe 3 Hydropower Dam, already
under construction, will dramatically alter the Omo River’s flood cycle, affecting ecosystems
and livelihoods all the way down to the world’s largest desert lake, Kenya’s
Lake Turkana. The Lower Omo Valley, a UNESCO World Heritage Site, is home to
an estimated 200,000 agro-pastoralists from eight distinct indigenous groups who
depend on the Omo River’s annual flood to support riverbank cultivation and grazing
lands for livestock.

 

rEF. http://www.stopgibe3.org/

MILANO - Su oltre 200mila persone che in Etiopia già non se la passano bene incombe un'ombra gigantesca, che parte dall'Italia. Si chiama Gibe III: è una diga alta 240 metri il cui bacino si allungherà per 150 km. Posizionata nella bassa Valle dell'Omo (vedi mappa), e realizzata dall'italiana Salini Costruttori, questa struttura mastodontica, destinata a diventare la più grande dell' Africa, muterà drasticamente la portata del fiume Omo, principale affluente del Lago Turkana del Kenya, eliminando il naturale ciclo delle piene e mettendo a repentaglio coltivazioni e pascoli dell'intera area. Il Gibe III è il nuovo passo che seguirà il Gibe II, impianto con un tunnel lungo 26 chilometri che genera elettricità, sfruttando la differenza di altitudine tra il bacino della diga Gibe I e la sottostante valle dell'Omo.

Il ministro Frattini in Etiopia alla presentazione del 
tunnel Gibe II,  il 13 gennaio

Il ministro Frattini in Etiopia alla presentazione del tunnel Gibe II, il 13 gennaio

Anche questo impianto è stato realizzato dalla Salini, che ha messo a frutto il più grande contributo versato dalle casse italiane per un progetto all'estero: 220 milioni di euro. Almeno in parte spesi male, visto che un pezzo di questo tunnel, inaugurato il 13 gennaio scorso alla presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo 12 giorni è crollato (vedi video) interrompendo subito il flusso di elettricità che, nelle parole del ministro «avrebbe dovuto cambiare la vita all'Etiopia». E invece Meheret Debebe, capo dell'Ethiopian Electric and PowerCorporation (EEPCo), l'ente elettrico etiope, ha invitato la gente a «comprendere il problema e risparmiare energia finchè il guasto non sarò risolto».

I DANNI - Ma quella è storia passata. Ora all'orizzonte c'è quella della diga Gibe III che rilancia rischi enormi sulla testa delle popolazioni indigene della valle dell’Omo legati alla scomparsa del naturale ciclo delle piene. Danni esclusi però dalla Salini già nello scorso gennaio, in una dichiarazione pubblicata su Panorama: «Abbiamo previsto rilasci d’acqua controllati a beneficio dell’agricoltura e progettato l’invaso in modo che si riempia a una velocità compatibile con la quantità delle piogge. Questa è un’occasione per trasformare l’Etiopia in un esportatore di energia, se l’Italia non farà la sua parte la faranno i cinesi, che si sono già aggiudicati la costruzione della diga Gilgel Gibe IV». Prendere o lasciare quindi. Ma i rischi a cui vanno incontro le popolazioni indigene sono invece confermati in un dossier realizzato da International River, che studia e tutela i diritti delle popolazioni che vivono sugli argini dei fiumi: «Gli agricoltori locali piantano le colture lungo le rive del fiume dopo ogni piena annuale. Queste ridanno anche vita ai pascoli per il bestiame e segnano l’inizio della migrazione dei pesci. Se non si fermeranno i lavori e non si interverrà con adeguate misure di mitigazione, la diga provocherà carestie croniche, problemi di salute, dipendenza dagli aiuti umanitari, e un generale disfacimento dell’economia della regione e della stabilità del suo tessuto sociale, in un ambiente ecologicamente già di per sè molto fragile».

APPALTO E COSTRUZIONE - I lavori di costruzione sono iniziati nel 2006: la Salini ha aperto il cantiere in accordo con il governo etiope che ha approvato l'appalto a trattativa diretta, senza alcuna gara e quindi senza comparazione delle offerte. «Nella fretta di procedere - si legge ancora nel dossier di International River - il governo ha omesso di valutare tutti i rischi economici, tecnici e d’impatto

(dal sito della Bbc, clicca per ingrandire)

(dal sito della Bbc, clicca per ingrandire)

ambientale e sociale, violando leggi interne e standard internazionali. Inoltre non ha preso in considerazione gli effetti legati ai cambiamenti climatici, che sul lungo termine potrebbero incidere drammaticamente sulla capacità produttiva della diga. Oggi sono stati effettuati studi postumi alla costruzione per confermare una decisione presa anni fa». L'unica valutazione di impatto ambientale è stata fatta a posteriori, a cantiere già aperto. «Al di là di questa anomalia, che non è di poco conto - commenta Marco Bassi, antropologo italiano dell'università di Oxford appena rientrato dalla Valle dell'Omo, dove studia le culture indigene - non si tratta di uno studio degno di questo nome. L'ho verificato di persona quando mi sono trovato nelle aree indicate dalle mappe della relazione: non sono segnati i villaggi, non si traccia in modo preciso la distinzione tra zone agricole e selvatiche mentre quelle a pascolo non sono nemmeno indicate. Come si può pensare che ci siano certezze che una diga di quelle dimensioni funzioni in modo da salvaguardare le economie di sussistenza della popolazione? La verità è che le tribù dei Kara e dei Kwegu che vivono lungo il corso del fiume sono condannate all'estinzione e anche tutte le altre che abitano sul delta vedranno compromesse le loro fonti di sostentamento».

AFFITTO DELLE TERRE - Oltre ad accarezzare l'idea di vendere energia elettrica al Kenya, nella Valle dell'Omo il governo etiope progetta di affittare vaste aree di terra indigena a compagnie e governi stranieri per coltivazioni agricole su larga scala, biocarburanti inclusi. Si tratta di circa 120mila ettari, un business colossale. E da qui arriva la spinta alla costruzione di Gibe III: per l'irrigazione verrà attinta acqua dalla diga. La maggior parte dei popoli colpiti non sa nulla del progetto e il governo sta lavorando contro le organizzazioni tribali a loro insaputa. L'anno scorso, nella parte meridionale del paese le autorità hanno sciolto almeno 41 associazioni locali rendendo impossibile il dialogo e lo scambio di informazioni sulla diga tra le varie comunità. «Per le tribù della valle dell'Omo - ha detto Stephen Corry, direttore generale di Survival International, associazioni che tutela le popolazioni indigene - la diga Gibe III sarà un cataclisma di ciclopiche proporzioni. Perderanno le loro terre e tutti i loro mezzi di sussistenza. Nessun ente degno di rispetto dovrebbe finanziare questo atroce progetto».

LA CAMPAGNA DI SURVIVAL E LA REPLICA DELLA SALINI - Per prevenire le conseguenze catastrofiche del progetto, Survival ha lanciato una campagna internazionale in cui chiede al Governo etiope di sospendere i lavori di costruzione e raccomanda ai possibili finanziatori - tra cui la Banca Africana di Sviluppo (AfDB), la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), la Banca Mondiale e anche il Governo italiano attraverso la Cooperazione allo Sviluppo - di non sostenere il progetto. A questa iniziativa si sono associate la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Counter Balance coalition, Friends of Lake Turkana e International Rivers. La Salini replica in modo netto: «Siamo di fronte all’ennesima azione irresponsabile e priva di fondamento tecnico e scientifico contro il progetto Gibe. Tutte le affermazioni critiche contenute nell’appello di Survival, infatti, per quanto possano apparire suggestive ai non addetti ai lavori, o sono false o sono frutto di elementari errori aritmetici e tecnici se non addirittura di macroscopici errori di fatto» (leggi il comunicato di Salini costruttori in versione integrale). Un fatto, che non rassicura, resta certo: le popolazione che vivono nella Valle dell'Omo, fino a quando hanno visto comparire le ruspe, sono rimaste all'oscuro della diga che incombe sulla loro testa.

Stefano Rodi

Ref.http://www.corriere.it/esteri/10_marzo_23/diga-etiopia_f6e93f78-368c-11df-95eb-00144f02aabe.shtml

martedì 23 marzo 2010

PRIMI 50 COMUNI ITALIANI PER DIFFUSIONE DI EOLICO

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   Mappa dell’ italia

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Ref Legambiente

PRIMI 50 COMUNI ITALIANI PER DIFFUSIONE DEL FOTOVOLTAICO E POTENZA INSTALLATA

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Movimento 5 Stelle Veneto

Ref. http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/veneto/

Appello MoVimento 5 Stelle Piemonte

Caro amico,


ti scrivo perché so che guardi con interesse al Movimento 5 Stelle, ma stai anche pensando di votare Bresso perché hai paura che il Piemonte finisca in mano alla Lega, oppure Cota perché hai paura di beccarti altri cinque anni di Bresso.
So che, dopo le ventimila persone apparse a sentire Beppe Grillo domenica scorsa in piazza Castello a Torino (diecimila per Repubblica, "tremila militanti" per La Stampa), la casta si è presa molta paura. Cota non l'abbiamo ancora visto (in realtà sospettiamo che Cota non esista, o se esiste l'hanno mandato di nuovo in quarta elementare a studiare i confini del Piemonte), ma la Bresso e i suoi amici stanno mettendo in giro la voce che noi, oltre ad essere pericolosi estremisti No Tav No Tutto, siamo anche alleati di Cota, dato che abbiamo criticato pubblicamente Bresso. In realtà noi critichiamo entrambi: li giudichiamo per quello che fanno e non ci piace nessuno dei due. Purtroppo, la nostra classe dirigente non riesce a concepire che ci possa essere qualcuno che fa politica giudicando le singole proposte nel merito, senza essere servo di nessuno: viene dato per scontato che chi critica uno schieramento sia mandato più o meno apertamente dall'altro.
Dicono che noi siamo alleati di Cota e di Berlusconi; detto da gente (uno tra tutti, l'onorevole PDStefano Esposito) che quando c'era da bocciare lo scudo fiscale in Parlamento e far cadere il governo se ne è andata dall'aula e l'ha fatto passare, mi sembra una affermazione che si ridicolizza da sola. Noi, in realtà, di Berlusconi siamo il peggior nemico: perché lo vogliamo mandar via veramente. Pensaci un attimo: è vent'anni che il centrosinistra a parole vuol mandare via Berlusconi, eppure, nonostante sette anni di governo, non ha mai fatto niente per farlo. E' una squadra perdente: come minimo sono scarsi, e alcuni magari si son pure venduti la partita. Se il tuo obiettivo è vincere, forse sarebbe ora di cambiare giocatori e dirigenti.
L'unico argomento che ha Cota è il classico "se vince la sinistra arriveranno i comunisti e distruggeranno tutto"; l'unico argomento che ha Bresso è "se vince Cota arriveranno i lumbard e distruggeranno tutto". Usano tutti e due lo stesso argomento, imitando Berlusconi, per nascondere il fatto che entrambe le coalizioni non hanno uno straccio di idea su come costruire un futuro; giocano su una paura montata ad arte dentro di te. E' un modo per tenerti bloccato a votare all'infinito le stesse vecchie facce, temendo un nemico che non arriverà mai, in un eterno deserto dei tartari, mentre i generali si mettono d'accordo a cena. Del resto, i dirigenti torinesi hanno già trasferito il Sanpaolo ai milanesi e Iride agli emiliani, e vorrebbero fare lo stesso pure con GTT: alla faccia dell'invasione lombarda.
Personalmente ho apprezzato la buona capacità organizzativa del governo regionale di centrosinistra, anche se pure loro, tra mazzette negli ospedali e dirigenti che arricchivano il proprio fratello, hanno le loro brave magagne – come le aveva il governo di centrodestra. Il problema però non è solo questo, ma è soprattutto il modello di sviluppo che entrambe le coalizioni continuano a proporre: Bresso e Cota hanno in testa solo precarietà e cemento. Dicono una cosa e fanno l'opposto; parlano di federalismo fiscale e danno i nostri soldi ai comuni falliti come Roma eCatania; promettono un lavoro stabile come se non fossero stati loro a promuovere precariato e delocalizzazione; governano, chi qua chi là, avendo come sola idea quella di fare nuove autostrade, nuovi centri commerciali, nuove "città della salute" e nuovi "parchi a tema", per poi magari cercare di presentarsi come paladini dell'ambiente con qualche operazione di facciata.
Noi avremo pure i nostri limiti; però abbiamo trent'anni e un futuro da costruirci. Bresso ha 65 anni e fa politica da quaranta, Cota ha quarant'anni e parla come un sessantacinquenne. Io non ho nulla contro i sessantenni, ma credo che ora sia la mia generazione ad avere il diritto e il dovere di amministrare questo Paese per tirarlo fuori dalle secche; possibilmente con persone capaci e non con i figliocci di quelli che l'hanno rovinato.
P.S. Dopodiché, se proprio non ti ho convinto, ricorda che a queste elezioni è ammesso anche il voto disgiunto: puoi fare la croce sul nome della Bresso o di Cota e un'altra croce sul simbolo delle cinque stelle (quello sulla sinistra della riga), scrivendo a fianco la preferenza per uno di noi. In questo modo contribuirai sia al risultato della "coalizione meno peggio" che all'elezione di un consigliere a cinque stelle.
Vittorio Bertola – MoVimento 5 Stelle - Piemonte

lunedì 22 marzo 2010

Disimballiamoci

Basta con gli imballaggi inutili ed eccessivi! Disimballiamoci è la campagna di Legambiente sull’importanza di ridurre alla fonte la produzione di rifiuti.

Gli imballaggi, che paghiamo ben due volte (con la spesa e quando li dobbiamo smaltire), costituiscono infatti il 60% del volume e il 40% del peso dei rifiuti degli italiani. Montagne di imballaggi che potremmo risparmiare alle nostre tasche e alla salute del pianeta, alleggerendo il sacchetto della spesa e quello della spazzatura.

L’imballaggio ha delle funzioni ben precise, come conservare la qualità, garantire il trasporto e informare sulla composizione e sulla tracciabilità del prodotto. Sempre di più però l’imballaggio viene usato in maniera eccessiva come veicolo per attirare l’attenzione del consumatore.

Con “Disimballiamoci” i volontari di Legambiente si danno appuntamento fuori dai supermercati, ipermercati e centri commerciali per sensibilizzare le catene di distribuzione e i cittadini sull’uso eccessivo delle confezioni, invitandoli a consegnare almeno un imballaggio inutile tra quelli acquistati. È anche l’occasione per rilanciare e diffondere le buone pratiche per la riduzione degli imballaggi, ancora troppo poco conosciute, come i dispenser per la vendita di detersivi, latte, acqua e altri generi alimentari sfusi o alla spina.

Ref. LegAmbiente

Le città alla sfida dei cambiamenti climatici: il ruolo dei Comuni verso gli obiettivi europei al 2020 e gli impegni dal Patto dei Sindaci ai Piani d'Azione.

Legambiente aderisce al Patto dei Sindaci perché la sostenibilità nasce anche dai territori.

Sono moltissime le città europee che hanno firmato il Patto dei Sindaci, impegnandosi così a superare l’obbiettivo del 20-20 sancito dall’Unione europea con l’approvazione nel 2009 del pacchetto energia e clima. Solo in Italia si contano almeno 300 tra Comuni e Province che si sono messe in moto aderendo al Patto e accettando di presentare entro un anno un proprio “piano per il clima” con l’impegno ad aggiornarlo di anno in anno. Legambiente aderisce perché la sostenibilità nasce anche dai territori.

“Le città italiane rappresentano il terreno privilegiato per attivare processi di riduzione delle emissioni di CO2 e per combattere i cambiamenti climatici migliorando la qualità della vita dei cittadini - ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Appoggiamo quindi con convinzione la Carta delle città e dei territori, perché lo strumento del Patto dei Sindaci è fondamentale per definire interventi e programmi finalmente concreti e verificabili”.

Legambiente si propone di collaborare con tutte le Amministrazioni che vogliono aderire al Patto dei Sindaci Europeo e ai seri impegni conseguenti in due modi: in primo luogo seguendo passo passo i vari percorsi istituzionali che seguiranno i Comuni e le Provincie italiane, cercando di monitorarlo localmente e nazionalmente, e promuovendo una attenzione del Governo, delle forze sociali e del privarto sociale, come ad esempio le Fondazioni bancarie che vogliono muoversi sull'esempio della Fondazione Cariplo in Lombardia e in Piemonte. Poi, organizzando la partecipazione dei cittadini, delle comunità e dei privati alla riduzione delle proprio emissioni e alla compensazione delle residue, come abbiamo iniziato a fare con il sito www.stopthefever.org.

Il Patto dei Sindaci è un'iniziativa sottoscritta dalle città europee che si impegnano a superare gli obiettivi della politica energetica comunitaria in termini di riduzione delle emissioni di CO2 attraverso una migliore efficienza energetica e una produzione e un utilizzo più sostenibili dell'energia. Tutte le amministrazioni locali che sostengono queste politiche hanno aderito alla Carta delle città e dei Territori per il Clima. Legambiente ha aderito alla Carta delle città e dei Territori per il Clima e ha impostato la propria attività sui principi di partecipazione, responsabilità, sussidiarietà, ispirandosi alla “2.000 watt Society” nata nelle aule del Politecnico Federale di Zurigo nel 1998 e adottata dalla città svizzera il 30 novembre 2008 in seguito a un referendum popolare.

Redigere il piano serve anche a ragionare in termini di costi/benefici e in tempi di crisi delle casse comunali è un passaggio importante: gli Enti Locali hanno così la possibilità di essere il motore di una nuova prosperità, incrementare l'efficienza energetica, aumentare il ricorso alle fonti rinnovabili e fare partecipi i cittadini con azioni e scelte di consumo nuove (abitazioni certificate, ricorso alle rinnovabili, mobilità sostenibile, verde) proiettandoci nella società sostenibile, nel rilancio duraturo dell'economia locale e in una nuova attenzione alla qualità dei territori.

“Proponiamo che tutti i comuni facciano ad esempio Amburgo in Germania – ha dichiarato Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente -. Bastano poche migliaia di euro per co-finanziare al 45% i condomini privati che volessero fare una perizia energetica. Il resto te lo dà lo stato: il 55% dell’investimento può essere, infatti, dedotto dalle tasse. Purtroppo “solo” 300 mila appartamenti all'anno se ne avvalgono in tutta Italia e dovrebbero diventare un milione. Se ciascuno facesse la sua parte si attiverebbero formidabili e convenienti interventi di risparmio energetico da parte dei proprietari privati, capaci di dimezzare i consumi in molte abitazioni e dimezzare l’inquinamento”.

Inoltre, costruire 100 nuove metropolitane e privilegiare il trasporto pubblico urbano è possibile ma bisogna crederci: ci è riuscita persino Bogotà, insieme a molte altre città nel mondo: da città dipendente dall'auto, ha dimostrato come rinunciando per mancanza di risorse a costruire linee di metropolitana ed investendo danaro in un sistema di autobus articolati in sede riservata, si possano rapidamente ottenere risultati importanti. Bisogna quindi proteggere totalmente la corsia degli autobus, dare la precedenza con semafori intelligenti agli incroci, costruire fermate accessibili, comode e riparate. In questo modo si potrebbero sostituire in un paio d'anni decine di migliaia di auto che entrano e circolano a Milano e provincia, tutti i giorni. Questa potrebbe essere una soluzione anche per l'accesso all'area Expo 2015: molto meno costoso sia delle linee metropolitane (una è già saltata) e ovviamente ancor meno costoso e conveniente dell'anti storico tunnel autostradale da Linate alla Fiera.

Il programma completo del convegno su www.mostragreenlife.org.

Scegliete ... anzi no !

mercoledì 17 marzo 2010

Strade di pannelli fotovoltaici. Solar Roadways sarà il futuro asfalto?

Addio asfalto, benvenuta pavimentazione fotovoltaica. Sarà davvero così? Non possiamo saperlo con certezza, ma se i numeri fossero davvero questi, di dubbi dovremmo averne ben pochi. Basta infatti un miglio (1,6 km) di strada a quattro corsie per fornire energia a 400 abitazioni. Una rivoluzione possibile sostituendo, al tradizionale asfalto, dei moduli fotovoltaici Solar Roadways. Lo studio è stato effettuato da Scott e Julie Brusaw che, grazie ai 100 mila dollari di finanziamento governativo, hanno potuto effettuare il calcolo basandosi sui consumi medi della popolazione dell’America del Nord, considerando che le strade siano colpite dal sole per 4 ore al giorno ed ipotizzando un’efficienza energetica dei pannelli fotovoltaici pari al 15%.

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Ogni pannello è composto da tre strati. Il più profondo contiene la rete elettrica, quello centrale le celle solari, i LED e dei supercondensatori in grado di produrre ed immagazzinare energia elettrica e l’ultimo è realizzato con un resistentissimo vetro in grado di sopportare il peso di qualsiasi veicolo.

SICUREZZA E ADERENZA
Anche in caso di pioggia, la superficie vetrata dei pannelli fotovoltaici, è in grado di garantire l’aderenza delle ruote dei veicoli. La sua resistenza all’usura ne garantisce a lungo performance ottimali.

SEGNALETICA ORIZZONTALE
Dei piccoli LED inseriti nella pavimentazione, disegnano le strisce, le colorano bianche o gialle a seconda delle necessità ed è a loro che viene affidata la segnalazione di rallentamenti o lavori in corso. Accendendo opportunamente i LED sparsi nella pavimentazione, infatti, si potranno comporre delle scritte immediatamente visibili agli automobilisti.

IN CASO DI GHIACCIO
E in caso di neve o ghiaccio? Attualmente, sulle strade tradizionali, il problema del ghiaccio viene risolto con lo spargimento di sali chimici che, oltre ad essere inquinanti, richiedono un’organizzazione non indifferente per poter essere resi disponibili al momento opportuno. Con i pannelli della pavimentazione fotovoltaica, questo problema non sussisterà più. Essi, infatti, sono in grado di riscaldarsi in modo da scongiurare il pericolo della formazione di ghiaccio.

PROBLEMATICHE DA RISOLVERE
Uno dei problemi dei pannelli fotovoltaici da utilizzare al posto dell’asfalto, riguarda il loro rendimento energetico. Sappiamo infatti, che il rendimento energetico dei pannelli fotovoltaici, dipende da tantissimi fattori tra cui la polvere. Si pensa di affrontare il problema rendendo la superficie dei pannelli il più liscia possibile per lasciare alla pioggia il compito di pulirla. Ma non è questa la strada da seguire: la pioggia, infatti, non è presente durante tutto l’anno e non è detto che sia in grado di detergere una superficie orizzontale sulla quale l’acqua difficilmente dilava. D’altra parte, ricorrendo ad appositi macchinari per la pulizia, si perderebbe in parte il valore di sostenibilità del progetto.

In più, non sono ancora disponibili analisi riguardanti il ciclo di vita delle celle fotovoltaiche Solar Roadways e quindi non è ancora chiaro se l’investimento si presta ad essere assorbito.

Sarà davvero questa la strada da percorrere verso la riduzione dell’utilizzo di fonti non rinnovabili? Una strada pavimentata di fotovoltaico?

http://www.architetturaecosostenibile.it/curiosita/varie/strade-pannelli-fotovoltaici-solar-roadways-asfalto.html

RIPULIRE LE ACQUE DEI FIUMI: FOTOCALISI

Non vi è dubbio che la fotocatalisi vada assumendo un ruolo sempre più primario nei processi biologici e nelle attività di controllo ambientali. Infatti, il bisogno di un ambiente più pulito e di una migliore qualità della vita esortano a pensare ad un uso eco-compatibile della luce e del sole ed in questo contesto la fotochimica potrebbe trasformarsi in una soluzione molto interessante tanto da diventare parte integrante della strategia mirante a ridurre l’inquinamento ambientale attraverso l’uso di fotocatalizzatori.

 

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Negli ultimi anni l’interesse scientifico e tecnico per le applicazioni della fotocatalisi è cresciuto esponenzialmente. Più di duecento studi per anno vengono pubblicati nel solo settore del trattamento di aria e acqua. Ed è in questo contesto l'istituto di Chimica inorganica e delle superfici del Cnr insieme ai tecnici della Fondazione fenice Acegas e Conune di Padova stanno lavorando alla sperimentazione di una moderna tecnologia che prevede l’uso del biossido di titanio contro l'inquinamento dell'acqua.

Il TiO₂ è notoriamente attivo nei processi fotocatalitici a scopo fotodegradativo: i risultati di sperimentazioni ed applicazioni mirate a ridurre l’inquinamento ambientale hanno permesso di concludere che materiali trattati con Tio2 e irradiati con luce solare e/o artificiale, mostrano un'elevata efficienza nell’ossidare sostanze organiche e inorganiche (NOx; SOx; NH3 (gas); Clorurati organici; Acetaldeide; Formaldeide).

L’esperimento che sarà a condotto a Padova per "ripulire" le acque insalubri del fiume Roncajette. L'obiettivo finale è quello di realizzare un impianto pilota con filtri al titanio da porre a valle del depuratore di Ca' Nordio. Il Roncajette è il tratto finale del fiume Bacchiglione, che lambisce il territorio a sud est di Padova, prima di confluire nel Brenta e quindi nell'Adriatico.

"Attualmente stiamo predisponendo test per la verifica della sua attività rispetto a inquinanti reali – spiega Gilberto Rossetto dell´Icis-cnr – e in sistemi in condizioni di flusso continuo. Se anche in questa fase i risultati saranno positivi, il principio potrà essere applicato su scala industriale. Il progetto prevede, infatti, la collocazione di un impianto pilota, costituito da filtri speciali a valle del depuratore di Ca´ Nordio, auspicando anche la realizzazione di economie di scala sulle spese di gestione". "Si tratta di un progetto di riqualificazione delle acque – commenta l´assessore Mauro Bortoli – che si inserisce nel più ampio disegno di implementazione del sistema fognario e della rete idrica padovana. Un tema complesso e prioritario per la città che anche la tecnologia e la ricerca, come in questo caso, possono contribuire a risolvere".

REF. CHIMICI.INFO

CDM APPROVA DDL VERDE URBANO, NASCE GIORNATA ALBERI FARE AMBIENTE: PROVVEDIMENTO POSITIVO ORA IL PIANO ATTUATIVO

“Ampliare gli spazi verdi urbani e promuovere la “cultura del verde” . Sono gli obiettivi del Ddl sul verde urbano, approvato in via preliminare dal consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Un provvedimento che va in direzione dell´attenzione all´ambiente urbano, ma soprattutto alla diffusione della cultura e della sensibilità dei cittadini e quindi dei Comuni nei confronti dell´ambiente”.
E´ quanto dichiara il Presidente Nazionale del Movimento Ecologista Europeo – Fare Ambiente, Vincenzo Pepe ed il Coordinatore del Lazio, Piergiorgio Benvenuti.
“Positiva altresì l´istituzione della “Giornata Nazionale degli Alberi” che si svolgerà ogni anno il 21 novembre con il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche, dei Comuni e del Corpo forestale dello Stato”.
“A tal riguardo vorremmo ricordare -prosegue il Presidente Pepe e Benvenuti- come proprio grazie alla sollecitazione di Fare Ambiente fu presentato in Parlamento la proposta, successivamente approvata come Legge, di far istituire l´obbligatorità dell´insegnamento dell´ambiente nelle scuole che però ora dovrà essere completata con il regolamento attuativo”.
“Positivo è aver sollecitato con tale decreto -prosegue Fare Ambiente- l´obbligatorità per i Comuni di mettere a dimora un albero per ogni nato entro 30 giorni dalla nascita del neonato, nonché l´obbligo di rendere pubblico il ‘bilancio arboricolo’ del Comune amministrato che vuol dire effettuare un controllo capillare del proprio patrimonio ambientale, come sono interessanti le adozione di area verdi da parte di soggetti non pubblici”.
“Certamente la filosofia con la quale è stato concepito il decreto per noi è globalmente interessante e condivisibile – conclude Pepe e Benvenuti – saremo vigili, in qualità di Associazione nazionale di Protezione Ambientale affinché i singoli Comuni garantiranno l´applicazione di tali provvedimenti a garanzia della qualità dell´ambiente e quindi del livello della qualità della vita nelle città italiane”.

Ref. http://fareambientelazio.wordpress.com/2010/03/12/ambiente-cdm-approva-ddl-verde-urbano-nasce-giornata-alberi-fare-ambiente-provvedimento-positivo-ora-il-piano-attuativo/

martedì 9 marzo 2010

SCAMBIATORE ARIA ARIA: cosa vuol dire e a cosa serve

Uno dei punti salienti di una casa passiva è l'areazione. Attraverso la normale ventilazione che si ottiene aprendo le finestre, in una casa tradizionale si disperde molto calore. D'altra parte, per il benessere degli abitanti è necessario un continuo ricambio d'aria all'interno di un'abitazione. Nelle case passive questo si ottiene attraverso un impianto di areazione con riciclaggio di calore, riducendo così la dispersione termica di oltre l'80%.

Con un impianto di areazione con riciclaggio di calore, l'aria fresca che arriva dall'esterno viene fatta passare attraverso uno scambiatore di calore, che assorbe calore dall'aria di scarico e lo trasferisce all'aria in ingresso. L'efficacia di questi dispositivi è tale che, con una temperatura dell'aria in ingresso di 0° ed una temperatura dell'aria in uscita di 20°, si riesce ad ottenere aria ad oltre 16° che andrà a confluire all'interno dell'abitazione.

Se poi l'aria in ingresso viene fatta passare attraverso tubazioni sotterranee poste ad una profondità di circa 3-4 metri, si ottiene in inverno un ulteriore guadagno di qualche grado, tanto più importante quanto maggiore è il freddo all'esterno. Quando la temperatura dell'aria esterna è di -10°C, il passaggio attraverso le condutture sotterranee la porta a circa 6°C prima di arrivare allo scambiatore di calore, che riesce quindi a portare l'aria ad una temperatura di circa 20°C senza bisogno di ulteriori fonti energetiche.

Areazione con scambiatore di calore: le principali obiezioni

Questo sistema, diffusissimo in nord Europa, in Italia è ancora poco conosciuto. Alcuni obiettano che l'energia assorbita dalla ventilazione forzata possa vanificare il risparmio energetico. In realtà, con uno scambiatore di calore a norma di casa passiva, si recupera 10 volte circa l'energia consumata dall'impianto. Per questo scopo gli impianti moderni utilizzano ventilatori monofasi analoghi a quelli utilizzati dai personal computer, con un assorbimento di meno di 30 watt.

Certo, per ottenere il massimo del rendimento è importante poter disporre l'impianto quanto più possibile al centro dell'abitazione, così da limitare la lunghezza delle tubazioni dell'areazione e quindi l'energia necessaria alla ventilazione.

I vantaggi dell'areazione forzata

Un ulteriore punto a favore degli impianti di areazione con scambiatore di calore è senz'altro il benessere all'interno dell'abitazione. Durante l'inverno infatti la normale areazione che si effettua aprendo le finestre non è sufficiente a garantire i volumi di aria fresca necessari ad una famiglia. Ogni persona all'interno di una casa ha bisogno di circa 10 m³ di aria fresca per ora, ma se si aggiungono altri fattori che contribuiscono a viziare l'aria (come la cucina, alcuni elettrodomestici...) si arriva facilmente a valori molto superiori. E senza un'adeguato apporto di aria fresca ossigenata cala rapidamente la percezione di benessere all'interno della casa, e si può addirittura arrivare ad indebolire il sistema immunitario. In più, utilizzando il sistema di areazione di una casa passiva, l'aria all'interno è sempre filtrata da eventuali pollini o polveri pesanti, rendendo l'ambiente molto più gradevole per i soggetti allergici.

Devo isolare la casa

 

COSA: La dispersione del calore è un problema che si manifesta soprattutto in inverno all'interno delle nostre case. Come sempre, questo ci danneggia sia a livello economico sia dal punto di vista del comfort casalingo e il problema è dovuto allo scarso - o assente - isolamento delle pareti, del tetto e degli infissi. Ma non solo: infatti, è necessario isolare, tra le altre cose, i serbatoi di acqua calda, le tubature del riscaldamento, i cassonetti degli avvolgibili, i termosifoni. E' fondamentale, in pratica, uno scrupoloso processo di coibentazione da attuare nella nostra casa, anche per evitare che le risorse siano utilizzate in malo modo, impattando negativamente sull'ambiente.


COME: Prima di tutto installando finestre a doppi vetri, in grado di ridurre la dispersione di calore di oltre il 70% rispetto alle finestre tradizionali e di conseguenza, utili per risparmiare sui consumi (circa 130 euro all'anno). Gli infissi, poi, devono essere in materiale isolante (per esempio legno o PVC, quest'ultimo ottimo per la sua durata e pochissima richiesta di manutenzione). E' utile utilizzare guarnizioni per evitare gli spifferi sulle porte, soprattutto su quella d'ingresso che da sull'esterno dell'abitazione. Anche l'umidità gioca un ruolo importante. Esistono vernici e trattamenti per i muri in grado di proteggere l'abitazione dall'acqua e dell'umidità.


PERCHE': L'isolamento termico rende la nostra abitazione calda d'inverno e fresca d'estate, risultando utile anche a livello di isolamento acustico. Evitare gli spifferi riduce la perdita di calore di circa il 25%. Per fare un esempio, nel Nord Italia un appartamento condominiale della misura di circa 100 mq potrebbe ridurre i consumi e le emissioni di circa il 59% riducendo la spesa annua da 915€ a 375€, ed una casa singola della stessa metratura a pari condizioni climatiche potrebbe avere una riduzione dei consumi ed emissioni pari al 64%. Più leggeri ma altrettanto significative le percentuali di risparmio ottenibili per case singole ed appartamenti condominiali di circa 100 mt al Sud e nelle Isole, dove il risparmio sarebbe rispettivamente del 50% e 41%.

http://www.you4planet.it/obiettivo_detail.php?obie_id=24

Harmony Express

Il treno chiamato Harmony Express ha una velocità massima di 350 km / h (217 mph), battendo il record precedente detenuto da TGV della Francia, che corre a 320 km / h (198 mph). Il famoso Shinkansen del Giappone è oggi il terzo, con velocità massima di 300 km / h (186 mph).

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Harmony Express va da Wuhan, capitale della Hubei provincia di Guangzhou, capitale del Guangdong. Prima di Harmony è in uso, un treno normale avrebbe preso 11 ore per percorrere la distanza di 1.069 km. Ora, il viaggio riprende solo una mera 3 ore - equivalente a un tempo di volo aereo da Detroit to Houston. a Houston.

La costruzione del treno espresso ha avuto inizio nel 2005. E 'stato l'inizio di un massiccio piano di sviluppo di aumentare la rete nazionale da 86000 km a 120.000 chilometri, la più grande al di fuori degli Stati Uniti.  Le compagnie aeree cinesi hanno ridotto biglietti aerei per rispondere a valori competitivi del treno.

Valori e raffronti distanze:

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Quando le bici faranno avanzare gli autobus

Uno studente londinese ha appena messo a punto un sistema che consente di recuperare l’energia prodotta dai ciclisti per trasformarla in elettricità.

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Quando si tratta di reperire nuove fonti di energia non inquinanti, i ricercatori del mondo intero danno prova di inventiva! Un giovane studente di design di una scuola londinese, ha avuto un’idea stramba, ma promettente : recuperare l’energia prodotta da un ciclista, immagazzinarla, e  restituirla sotto forma di elettricità. Un’invenzione particolarmente adatta alle bici a noleggio disponibili in città.

Chi-Yu Chen ha messo a punto una batteria integrata al manubrio che recupera l’energia della pedalata, ma anche quella della frenata. Giunta a destinazione la bicicletta viene piazzata in una stazione di ricevimento come quelle dei « Vélib’ » parigini (biciclette comunali a noleggio) e la batteria trasferisce la sua elettricità alla rete elettrica della città.
Se poi questa rete alimentasse autobus elettrici, sarebbe ancora meglio!

Il ciclista virtuoso viene ricompensato per lo sforzo da un « credito di  energia », registrato su una piccola scheda elettronica. Il ciclista può spenderlo servendosi gratuitamente dei trasporti pubblici. I terminali per le biciclette saranno collocati lungo la rete degli autobus per incoraggiare l’utilizzo di modalità di trasporto non inquinanti.

Chi-Yu Chen non è l’unico a interessarsi a questa nuova fonte di energia. A Copenhagen, durante il summit dell’ONU sul clima (dicembre 2009), delle bici fisse piazzate ai piedi di un immenso abete permettevano di fornire l’elettricità necessaria alle sue luci… I produttori di bici da appartamento ci stanno già pensando :
- pensate alla quantità di elettricità che potrebbe produrre una palestra di fitness

Nokia: materiali piezoelettrici per ricaricare il cellulare con energia cinetica

Il tema delle energie rinnovabili è da qualche tempo al centro delle ricerche dei colossi internazionali della telefonia, impegnati a trovare soluzioni intelligenti per alimentare i propri cellulari, in modo da aumentare l'autonomia, ma anche la loro aura "green", aspetto che ultimamente va molto di moda. Accanto alle soluzioni basate sull'energia solare, proposte tra i big da Samsung, altri produttori sono alla ricerca di strade differenti.

Per Nokia il futuro potrebbe essere nell'energia cinetica e nei movimenti tipici dell'uso quotidiano del cellulare. In particolare la chiave della questione sarebbe lo sfruttamento dell'energia cinetica tramite materiali piezoelettrici, particolari cristalli in grado, semplificando al massimo, di generare elettricità in seguito a deformazione.

Come si legge nel brevetto, inserendo elementi piezoelettrici sui tre assi nel vano batteria è possibile sfruttare l'energia di rotazioni o scuotimenti (ad esempio quelli tipici di un telefono tenuto in tasca durante una camminata) per fornire energia all'accumulatore stesso. Sarebbe la batteria stessa, muovendosi all'interno del vano, o comunque esercitando pressioni sugli elementi piezoelettrici che la tengono in sede, a autogenerare l'energia necessaria per una parziale ricarica.

Al momento stiamo parlando solo di un brevetto e non sono state annunciate applicazioni pratiche, è però interessante immaginare i possibili scenari che le nuove tecnologie legate alle energie rinnovabili potranno aprire nel futuro prossimo.

http://www.hwupgrade.it/news/telefonia/nokia-materiali-piezoelettrici-per-ricaricare-il-cellulare-con-energia-cinetica_31848.html

Eroe senza macchia

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giovedì 4 marzo 2010

Earth Hour 2010

Il 27 marzo dalle 20.30 in tutto il Pianeta i monumenti più importanti si spegneranno per un' ora: dal Golden Gate al London Eye, dal Table Mountain al Tapei 101 per chiedere di affrontare davvero il problema del riscaldamento globale. Milioni di persone, anche quest’anno spegneranno le luci per chiedere di essere ascoltati. Dalla risposta dei leader mondiali dipende il destino di tutta l’Umanità. A fianco del WWF per la promozione dell’evento ci sono anche RTL 102,5, Animal Planet (il canale parte del gruppo Discovery Networks distribuito sulla piattaforma SKY) e il canale ambiente online Ecquo del Quotidiano Nazionale. Se vivi su questo Pianeta non puoi mancare, partecipa anche tu. Ti invieremo il desktop ufficiale dell'evento per il tuo pc. E non dimenticare di invitare i tuoi amici >

martedì 2 marzo 2010

REGIONALI: I CANDIDATI NUCLEARI

SCOPRI I CANDIDATI NUCLEARI

clicca qui per scoprire il candidato nucleare



Il Governo italiano ha deciso di imporre il nucleare in Italia.
La legge 99/2009 e il recente decreto legislativo del 10 febbraio 2010 hanno lo scopo di impedire alle Regioni di poter scegliere sul nucleare. Contro questo decreto tredici Regioni hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale.
È importante che i candidati alla carica di futuri Governatori prendano posizione contro il nucleare, prima delle elezioni del 28 e 29 marzo.
Molti candidati - appoggiando o non opponendosi chiaramente e con fermezza ai piani nucleari del governo - collaborano a riportare il nucleare in Italia: sono i candidati nucleari!

clicca qui per scoprire il candidato nucleare

10 motivi per essere antinucleare

1. Il nucleare è molto pericoloso
La tragedia di Cernobyl ha dimostrato la pericolosità di questa fonte di energia. Quell’incidente ha causato e causerà ancora nel futuro centinaia di migliaia di vittime e ancora oggi a 23 anni di distanza le ricerche scientifiche mostrano ancora impatti sia sulla flora che sulla fauna. Cresce l’evidenza di leucemie infantili nelle aree vicino alle centrali nucleari.
2. Il nucleare è la fonte di energia più sporca
Le centrali nucleari generano scorie radioattive. Le scorie a vita media rimangono radioattive da 200 a 300 anni, le scorie a vita lunga anche miliardi di anni e non esiste ancora un sistema per la gestione in sicurezza delle scorie nel lungo periodo.
3. Il nucleare è la fonte di energia che genera meno occupazione
Gli obiettivi europei per le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica al 2020 valgono il triplo del piano nucleare di Enel in termini energetici e creerebbero almeno 200 mila nuovi posti di lavoro "verdi" e dunque 10-15 volte l’occupazione indotta dal nucleare.
4. Il nucleare è troppo costoso
Secondo le analisi di primarie società finanziarie, il costo dell’elettricità nucleare da nuovi impianti sarà di 65-70 euro/MWh quasi il doppio della cifra presentata da Enel e governo (40 euro/MWh). Se poi teniamo conto dello smaltimento delle scorie e dello  mantellamento e bonifica degli impianti nucleari, i costi per noi e le future generazioni saranno ancora più elevati.
5. Il nucleare non è necessario
Entro il 2020 le fonti rinnovabili, insieme a misure di efficienza energetica, sono in grado di produrre quasi 150 miliardi di kilowattora, circa tre volte l'obiettivo di Enel sul nucleare, tagliando drasticamente le emissioni di CO2.
6. Il nucleare è una falsa soluzione per il clima
Il nucleare è una scelta inutile ai fini climatici, visto che le centrali saranno pronte certamente dopo il 2020 e invece bisogna ridurre oggi le emissioni di gas serra. Investire sul nucleare sottrae risorse alle fonti davvero pulite, efficienza energetica e rinnovabili.
7. Il nucleare non genera indipendenza energetica
Se il nucleare dovesse tornare in Italia, continueremo a importare petrolio per i trasporti e diventeremo dipendenti dall’estero per l’Uranio e per la tecnologia, visto che il nuovo reattore EPR è un brevetto francese. E, comunque, la Francia leader del nucleare ha consumi procapite di petrolio superiori a quelli italiani.
8. Il nucleare è una risorsa limitata
L'Uranio è una risorsa molto limitata destinata a esaurirsi in poche decine di anni. Nel caso venissero costruiti nuove centrali, l'esaurimento delle risorse di Uranio si accelererebbe.
9. Il nucleare non ha il sostegno dei cittadini
Gli italiani hanno detto NO al nucleare con un'importante scelta referendaria. Oggi i sondaggi di opinione rivelano che la maggior parte dei cittadini non vuole una centrale nucleare nella propria Regione.
10. Il nucleare: più è lontano e minori sono i rischi
Alcuni sostengono che il rischio nucleare c’è già, essendo l’Italia circondata da reattori. È una affermazione scorretta: anche se non è mai nullo, il rischio per le conseguenze di un incidente diminuisce maggiore è la distanza dalla centrale. Le Alpi, come si è visto nel caso di Cernobyl, sono una parziale barriera naturale per l’Italia.

www.nuclearlifestyle.it

SIAMO PIÙ DI 57.000 CONTRO IL NUCLEARE. MANCHI SOLO TU!



Ciao - ,
c’è un solo modo per combattere la “sindrome dell’ipocrita nucleare” - Sì al nucleare ma non nella mia Regione – che ha colpito diversi candidati alle regionali. Chiedergli di dire chiaramente No al nucleare, opponendosi ai piani del governo. Il nostro appello ha già raccolto più di 57.000 firme. Vogliamo arrivare a 100.000. Aiutaci a raggiungere quest’obiettivo, firma anche tu e invita i tuoi amici a farlo. Più siamo, più dovranno ascoltarci!
Nei giorni scorsi abbiamo piazzato lungo le strade di Roma alcuni manifesti della Polverini, in tutto simili agli originali, ma con la scritta: “Sicuramente il nucleare. A Montalto di Castro e Latina (ma dopo le elezioni!)”. La candidata per la carica di governatore del Lazio, infatti, ha espresso il suo appoggio ai piani nucleari del governo, ma ha dichiarato allo stesso tempo che il Lazio “non ha bisogno” di centrali nucleari.
Lo hanno fatto anche Zaia (Veneto) e Formigoni (Lombardia). Nel Lazio la situazione è ancora più grave perché i tecnici dell'EDF hanno già fatto sopralluoghi a Montalto di Castro, che appare un sito certo del ritorno italiano al nucleare.
I cittadini hanno bisogno di risposte chiare sul nucleare e non meritano di essere presi in giro, né ora né dopo le elezioni.
Molti stanno partecipando attivamente alla nostra campagna su Nuclear lifestyle . Ti invitiamo a visitare il sito dove potrai scoprire chi sono i “candidati nucleari” e ascoltare su Radio Attiva i messaggi contro il nucleare che più di 500 persone ci hanno inviato, chiamando gratuitamente la nostra Nuclear Hotline al 800.864.884.

Saluti e a presto!

Andrea Lepore
Responsabile Campagna Nucleare

Regionali, Bortolussi a Rovigo: "No al nucleare"

Rovigo, 23 febbraio 2010 -

"Il futuro del Veneto passa anche per Rovigo". Lo ha affermato questa mattina Giuseppe Bortolussi, candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Veneto, in conferenza stampa a Rovigo. Una "sfida", come lui stesso l'ha definita, volta a fare della nostra regione il cuore verde d'Europa.

"Dalle scelte nel campo dell’energia e del nucleare a quelle per il turismo e la valorizzazione del territorio, dalle politiche per la mobilità alle riforme per valorizzare l’autonomia dei territori - ha sottolineato - il futuro del Veneto si decide anche in questa parte della Regione, che il centrodestra ha trascurato, come ha fatto con l’area montana e bellunese".

Secondo Bortolussi infatti è necessario puntare ed investire sulle fonti di energia rinnovabili, nel tentativo di aprire nuove opportunità di sviluppo per le imprese.

"Il nucleare non ci serve - ha detto - è pericoloso, costoso e soprattutto non risolutivo per il nostro fabbisogno energetico. Il territorio di Rovigo - ha aggiunto Bortolussi - ha grandissime risorse: a partire dall’interporto, un gioiello nel campo dell’intermodalità, che dimostra come una forma diversa di mobilità commerciale, meno inquinante e costosa dal punto di vista energetico, sia possibile, senza trascurare il territorio del delta del Po, un’area le cui potenzialità anche in campo turistico non sono ancora del tutto sfruttate".

Ref. http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/rovigo/politica/2010/02/23/296373-regionali.shtml

Zaia: Sul nucleare abbiamo già dato Bortolussi: Qui nessuna centrale

 

VENEZIA


Saranno quattro le centrali nucleari che garantiranno la prima fase del ritorno del nucleare in Italia. Ma i siti candidati ad ospitare i quattro impianti al momento sono numerosi. Enel e Ministero dello Sviluppo Economico non fanno trapelare niente, ma sono diversi i centri di ricerca che hanno elaborato e presentato propri studi di fattibilità per l’individuazione dei siti, individuando almeno una decina di possibili candidati.
I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l’European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese, quello che sbarcherà in Italia con la joint venture fra Enel ed Edf, richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Non a caso il decreto legislativo varato dal Consiglio dei Ministri a dicembre, che mira a indicare le aree che potranno essere poi scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell’aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico.
Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l’anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione.
Al momento, però, le uniche certezze derivano dalle candidature di Veneto e Sicilia, le due regioni che hanno dato la propria disponibilità ad ospitare gli impianti nucleari. Fra i nomi che puntualmente ritornano, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume.
Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare.
Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c’è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).
E in vista delle Regionali si è scatenata subito la battaglia, anche se i due candidati alla presidenza la pensano allo stesso modo.
«Se dovessi diventare governatore del Veneto, non accetterei una centrale nucleare nel mio territorio». Lo ha detto il candidato del Partito democratico alla Regione Veneto, Giuseppe Bortolussi, a «Omnibus» su LA7. «La maggioranza dei cittadini non la vuole - ha continuato - e quindi ci sarebbe un problema di carattere sociale, ma soprattutto non è necessaria: l’energia nucleare darebbe il 4%, 5%, forse 6% del fabbisogno energetico, mentre con quella idroelettrica e con i pannelli solari si farebbe molto di più».
«Manterrei le mie perplessità anche in assenza alternative», ha ribadito a distanza il ministro Luca Zaia. « No a centrali nucleari in Veneto» ha ripetuto il candidato alla presidenza della Regione, il leghista Luca Zaia, rispondendo così a chi gli chiede se avrebbe acconsentito alla costruzione di siti in Veneto.
Secondo Zaia, «il nucleare può essere una strada», ma «il Veneto la sua parte l'ha già fatta». Con «il rigassificatore al largo delle sue coste, e con la riconversione al carbone di Porto Tolle», ha proseguito il ministro, secondo quello che ci dicono i tecnici, il nostro bilancio è positivo».
E se il governo le chiedesse di mettersi una mano sul cuore? «Il Veneto - è la risposta di Zaia - la mano sul cuore la mette da sempre. Questo però non significa che continueremo a farlo. Prima dovremmo vedere con dati inoppugnabili che non ci sono alternative in tutte le Regioni in cui il bilancio energetico è negativo. E anche allora, io manterrei le mie più totali perplessità»

Ref.http://www.legambienteverona.it/rassegna-stampa/325-sabato-06-febbraio-2010-larena.html