Il bitcoin è divisivo. Una discussione sul bitcoin prende spesso la forma della contrapposizione ideologica. C’è lo vede come una sorta di meccanismo perfetto che restituisce al mercato il governo della moneta e la sottrae ai governi e alle autorità centrali. C’è chi risponde, sottolineando il valore delle politiche pubbliche: a che vale consentire a tutti di essere la propria banca se non tutti hanno soldi da metterci? C’è chi lo mostra come un’innovazione tecnologica che cambierà il volto del settore bancario e chi lo vede addirittura come una forma di rilancio degli istituti di credito.
Una linea netta separa chi vede nella tecnologia la forza dirompente che rinnova il mondo e chi riconosce la complessità della dinamica storica sottolineando come alla fine sono le scelte degli umani a definire i limiti delle grandi trasformazioni. Il fatto è che un certo tasso di ideologia è necessario per spingere l’adozione di una tecnologia di rete: finché non la usa nessuno non ha valore, se molti la usano ha enorme valore, ma per passare dalla prima alla seconda condizione occorre credere che avrà valore. Alla fine l’evoluzione tecnologica si gioca sempre in rapporto con le più ampie dinamiche economiche, culturali, sociali, politiche, ecologiche, ma ha una sua precisa funzione: quando ha successo crea nuove nicchie nelle quali si può sviluppare la vita degli umani e in qualche caso li spinge ad adattarsi alle sue caratteristiche. Sfidando l’ordine costituito a compiere un salto di paradigma. Piaccia o non piaccia, il bitcoin è una tecnologia che genera una di queste dinamiche. Lo pseudonimato, la blockchain, l’effetto di disintermediazione, la governance algoritmica, lo sviluppo open source di uno strumento di pagamento sono altrettanti caratteri originali con i quali il resto dell’economia deve fare i conti. Di certo non è finita col bitcoin: ci saranno ulteriori innovazioni, in questo settore tanto attraente per gli spiriti imprenditoriali. Ma il bitcoin ha fatto fare al sistema monetario un salto. Che sarà difficile dimenticare.
Articolo pubblicato su Nòva il 18 maggio 2016