I big dell’hi-tech scendono in campo per capire come sfruttare la tecnologia della blockchain, quella che supporta il bitcoin. Ibm accelera sul progetto open source su base Linux, mentre Microsoft crea nella cloud una piattaforma di “blockchain-as-a-service”
Quella australiana potrebbe essere la prima Borsa a sposare davvero la blockchain, la tecnologia in grado di coniugare l’etica peer-to-peer della Silicon Valley con la finanza di Wall Street, a partire già da quest’anno. L’Asx ha annunciato un progetto per spostare l’intero sistema di clearing e settlement sulla “catena dei blocchi”. Che così farebbe un altro passo deciso per rendersi indipendente dal bitcoin, la controversa criptovaluta che ha permesso di testarne l’efficacia come registro affidabile e sicuro di transazioni.
L’operatore della piattaforma azionaria australiana ha accelerato nell’ultima settimana dopo aver annunciato l’ingresso, con una quota del 5% per un controvalore di 15 milioni di dollari, in Digital Asset, sviluppatore di tecnologia blockchain come registro pubblico condiviso di cui è partner anche JP Morgan Chase. Ma non si tratta dell’unico attore di questa tecnologia: si vanno infatti moltiplicando i soggetti che stanno mettendo a punto servizi sulla base della blockchain che siano a disposizione di chi ne vuole esplorare le potenziali applicazioni, anche al di fuori del mondo della finanza. E che siano facilmente replicabili.
Questa settimana è stata Ibm a muovere annunciando la concessione di 44mila linee di codice al progetto Hyperledger, la piattaforma open source su cui sta lavorando la Linux Foundation, in modo da permettere un’accelerazione dello sviluppo di una soluzione aperta che permetta l’espansione delle applicazioni del registrato condiviso. Pur sempre in una logica di un “circolo” chiuso all’interno dei player che lo utilizzano e che garantiscono la certificazione in maniera condivisa. Nel caso di bitcoin, infatti, la certificazione delle transazioni viene eseguita dai “miners” in maniera peer-to-peer sulla base di una remunerazione in bitcoin stessi.
Il problema di creare piattaforme alternative sulla base della blockchain è proprio quello della remunerazione di chi mette a disposizione software e capacità di calcolo. Ma a risolvere la situazione sono queste piattaforme “chiuse” in cui gli stessi attori si fanno carico della certificazione nell’ambito di un registro pubblico limitato alla piattaforma. Un’alternativa a Hyperledger è quella su cui sta lavorando Microsoft che ha utilizzato l’esperienza di Ethereum per proporne una versione sul proprio cloud di Azure: in questo modo potrà proporne l’utilizzo sulla base del modello “blockchain as a service”, senza che l’utente debba fare alcunché.
Si tratta di alleanze variabili e, in questo momento di grande effervescenza, tutti parlano con tutti, con i colossi di Wall Street che guidano le danze. Ma non sono soltanto loro, perché la disponibilità di piattaforme alternative utilizzabili promette di aprire il mercato delle applicazioni al di fuori dell’ambito strettamente finanziario. Ne è una testimonianza l’italiana HelperBit, la piattaforma che usa blockchain per tracciare e gestire in maniera efficiente gli aiuti umanitari in caso di disastri grazie a un sistema di donazioni p2p immediato e trasparente. E che proprio in questi giorni ha vinto la Blockchain startup competition al D10e di Amsterdam.