Ho scovato per voi una sorpresa, lettori. Quale è il terzo maggiore importatore planetario di grano? E’ l’Italia,
ovvero il Paese della pasta e della pizza. Anzi, si può dire che
l’Italia è il secondo importatore mondiale di grano a pari merito con
l’Algeria: il distacco è veramente minimo. Tutto questo è riassunto nel grafico che ho costruito interrogando il database della Fao,
l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e
l’alimentazione. Praticamente, oltre al famoso deficit dei conti
pubblici, c’è il pressante deficit della pagnotta. E sapete quale è la più consistente esportazione italiana? Macchè vino, olio, pomodori e pasta. Io non lo avrei mai indovinato: si tratta di acqua. Il grafico è dopo il “continua”.
Come vedete, tutti i dati Fao sono aggiornati al 2011. Inoltre ho costruito i grafici in base alle quantità, cui è riferita la barra azzurra. La barra gialla indica invece il valore
(dollari per tonnellata); misura il pregio e (più indirettamente)
l’impatto economico del prodotto cui essa è riferita. Nel grafico qui sotto ci sono le esportazioni più consistenti dell’Italia.
Fra le esportazioni, dopo l’acqua, il vino, i pomodori pelati eccetera, c’è anche un po’ di grano: 570.000 tonnellate. Possiamo anche sommarle ad 1,66 milioni di tonnellate di “macaroni” (la pasta) che l’Italia esporta: in totale totale sono 2,23 milioni di tonnellate di grano e pasta che prendono la via dell’estero.
Qui sotto c’è il grafico delle principali importazioni
di prodotti alimentari. Il grano importato è pari a 7,32 milioni di
tonnellate. Sottraendo a questa cifra le 2,31 milioni di tonnellate di
grano e pasta esportate, si deduce che il deficit della pagnotta è pari a 5,09 milioni di tonnellate. Oltre cinque milioni di tonnellate di grano di cui l’Italia ha bisogno ma che non produce, e per le quali dipende dai mercati internazionali e dalle loro quotazioni.
Curioso notare come, dopo il grano, fra le importazioni primeggiano
mais, preparati a base di soia e soia, tutta roba destinata – come
l’orzo – perlopiù all’allevamento del bestiame. Curioso come, nonostante
una così cospicua importazione di mangimi zootecnici, fra le principali
importazioni dell’Italia ci siano anche latte di mucca e carne di
maiale. Infine, da un’altra sezione del database Fao, quo sotto c’è il grafico relativo all’impiego del suolo in Italia.
Il terreno arabile è pari al 23,12% della superficie italiana, cui va
aggiunto l’8,57% del territorio dedicato a colture perenni. In totale
dunque solo il 31,69% del suolo italiano è destinato all’agricoltura. Ad Alpi ed Appennini vanno per la quasi totalità attribuiti le foreste (31,37%) ed i pascoli, 15,68%.
Per arrivare al totale, manca un 21,26% di patrio suolo. Cosa sarà mai, oltre ai pochi ghiacciai e alle pietraie che coprono la sommità dei monti? E’ cemento. E’ suolo urbanizzato. L’Italia spicca per l’alto numero di nuove case e case sfitte, per la sovrabbondanza di edifici di vario genere in completo disuso, nonchè per una faraonica dotazione di autostrade.
Le mucche non mangiano cemento,
recita il titolo di un libro. Non mangiano cemento neanche gli esseri
umani: e dunque gli italiani importano grano. Un sentito ringraziamento
ai politici che hanno inutilmente asfaltato l’Italia, privandola contemporaneamente della possibilità di far crescere utilissimo cibo.
Fonte
http://blogeko.iljournal.it/il-deficit-della-pagnotta-litalia-e-il-terzo-paese-importatore-di-grano/78724#more-78724