Alcuni lotti di Infanrix Hexa, prodotto dalla GlaxoSmithKline e utilizzato sui neonati, vengono richiamati dall'azienda per il sospetto di "bacillus cereus". Nessuna comunicazione ufficiale delle autorità italiane, la notizia trapela da un articolo-denuncia del farmacologo Roberto Gava. Il ministero della Salute, contattato, risponde: "Lotti non commercializzati da noi". Il colosso del farmaco: "La nostra è estrema precauzione, non ci sono eventi avversi". Ma le Asl ricevono centinaia di telefonate da genitori preoccupati
di Simone Ceriotti | 16 ottobre 2012
“Rischio di contaminazione batterica pericolosa”. Con questa motivazione in 19 paesi di tutto il mondo viene disposto il ritiro immediato del farmaco utilizzato per vaccinare i neonati. Si tratta di Infanrix Hexa, prodotto dalla multinazionale GlaxoSmithKline e utilizzato anche in Italia: è comunemente chiamato “esavalente”,
perché protegge i bambini (con tre iniezioni all’età di tre, cinque e
undici mesi) da sei malattie: difterite, tetano, poliomelite, epatite b,
haemophilus b e pertosse. Infanrix, appunto, è il farmaco somministrato
dalle Asl italiane per l’adempimento dell’obbligo vaccinale (in realtà contiene 6 antigeni e non solo i 4 fissati dalla legge). La notizia del richiamo di questo farmaco non è stata diffusa nel nostro paese attraverso canali ufficiali, perché l’Italia non fa parte degli stati in cui è in atto il provvedimento. Ma l’articolo che per primo ha denunciato il maxi ritiro, pubblicato dal farmacologo Roberto Gava sul sito informasalus.it,
ha scatenato il panico di molti genitori che lo hanno postato su
facebook (oltre 10mila condivisioni in una giornata) riaprendo
discussioni sulla sicurezza, l’utilità e i rischi delle vaccinazioni
pediatriche.
Spagna, Francia, Germania, Gran Bretagna, Canada,
Belgio, Olanda, Grecia, Repubblica Ceca. Ma anche Slovacchia, Albania,
Australia, Malaysia, Vietnam, Qatar, Romania, Libano, Brasile, Malta.
Ecco tutti i paesi in cui sono stati richiamati d’urgenza alcuni lotti ‘a rischio contaminazione da bacillus cereus’.
“Perché in Italia non succede nulla, né il ritiro, né una comunicazione
ministeriale?” La domanda posta provocatoriamente da Gava (autore di molti saggi
contro l’obbligo vaccinale e sui danni da vaccino), viene ripresa da
chi si preoccupa per i rischi che corrono i figli vaccinandosi: le Asl hanno ricevuto centinaia di telefonate
da parte dei genitori che volevano essere rassicurati e pretendevano di
sapere quale lotto del farmaco è stato utilizzato per vaccinare il
proprio bambino. Stesso destino per il call center della Glaxo.
L’ufficio stampa del ministero della Salute, contattato da ilfattoquotidiano.it,
ha risposto con una breve nota scritta: “In alcuni Paesi la Gsk ha
proceduto ad un ritiro cautelativo di alcuni lotti di vaccino Infanrix
Hexa avendo individuato un problema nella catena di produzione. I
controlli fatti sui lotti ritirati hanno avuto esito favorevole.
L’Italia, in ogni caso, non è interessata dal problema, perché i lotti
in questione non sono stati commercializzati in Italia. Si sottolinea
che il ritiro non è stato disposto dalle autorità (dei paesi
interessati) a seguito all’emergere di problemi (ad esempio aumento
delle reazioni avverse per quel vaccino), ma direttamente dalla ditta
produttrice per controllarne la qualità: questo a testimoniare l’alto
grado di attenzione che anche i produttori di vaccini dedicano ad essi”.
Insomma, a ritirare il farmaco non sono stati gli Istituti di sanità,
ma direttamente la GlaxoSmithKline.
Dove vengono prodotti questi
farmaci? A quali controlli vengono sottoposti? Perché in alcuni paesi si
provvede al ritiro e in altri no? E il vaccino ritirato è già stato
utilizzato sui bambini? Con quali conseguenze? Visto che il ministero
nella sua nota ha fatto riferimento esclusivamente all’azienda
produttrice, ilfattoquotidiano.it ha girato le domande direttamente alla Glaxo. A rispondere è Massimo Ascani,
capoufficio stampa Gsk: “Per quanto riguarda l’Europa, i vaccini sono
prodotti tutti in Belgio, sono quindi infondate le voci che parlano di
lotti prodotti anche in Italia. Si tratta di prodotti biologici con una
serie di controlli fatti prima e durante la produzione, sia
dall’azienda, sia – successivamente – dalle autorità sanitarie del
Belgio in quanto paese produttore. Il nostro paese non ha ricevuto
questi lotti, non aveva senso richiamarli”.
Ma se i controlli sono
così rigorosi, come può accadere che i vaccini vengano spediti e poi
richiamati dopo settimane? “Sgombriamo subito il campo da un equivoco”,
risponde Ascani: “I controlli fatti in tutti i paesi che hanno
commissionato il vaccino sono risultati del tutto in linea con gli standard.
Quei vaccini sono sicuri. E’ l’azienda che riscontrato dei dati non
conformi nel ‘diario di produzione’ interno. Siamo noi che facciamo
richieste di ritiro”. Una risposta analoga a quella data dal ministero
italiano. Se il vaccino è considerato sicuro, da dove salta fuori il
rischio contaminazione? “Dai paesi in cui il farmaco è stato ritirato
non c’è stata nessuna rilevazione di effetti avversi.
Cioè, nessun bambino ha subito danni. Ma vogliamo metterci al riparo da
qualunque rischio, perché rivedendo appunto tutto il diario di
produzione abbiamo trovato tracce del batterio potenzialmente
pericoloso”.
Insomma, il ministero minimizza, l’azienda assicura
che si tratta semplicemente di una procedura autonoma (a sue spese) per
evitare ogni minimo rischio. E tutti concordano sul fatto che per
l’Italia non c’è alcun motivo di preoccuparsi. Ma Gava, nel suo
articolo-denuncia, solleva il problema delle comunicazioni ufficiali:
“Cioè, il vaccino va benissimo e soddisfa tutti i requisiti di ottima
qualità…eppure l’hanno fatto ritirare immediatamente. È difficile
comprenderne il motivo. Vogliamo informazioni certe sulla sicurezza di
questi farmaci dal ministero”.
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