Pedalare per migliaia di chilometri nel deserto, attraversare l’Atlantico remando da solo, inoltrarsi nella giungla amazzonica e scalare il vulcano più alto del mondo. Non è la trama di un documentario estremo. È la realtà di Lorenzo Barone, 28 anni, umbro, che si prepara a compiere l’impresa più radicale della sua giovane vita: Project Dust . Ma non si tratta solo di chilometri o fatica. In gioco c’è qualcosa di più profondo: una visione . Barone vuole raccontare fisicamente il ciclo naturale della polvere sahariana , quel fenomeno invisibile in cui le polveri del deserto, spinte dai venti, attraversano l’oceano e fertilizzano l’Amazzonia. Un processo che connette continenti, climi, ecosistemi. E che lui ha deciso di attraversare con il proprio corpo, senza motori, senza scorciatoie, senza sponsor invasivi. La sua forza? La coerenza. Barone viaggia da anni in completa autosufficienza, con mezzi semplici, vivendo l’ambiente senza filtri. Ha già affrontato –50 °C in Siberia, ha a...
Ma nell’Europa medievale nacque un nuovo interesse per la misura affidabile del tempo. La Chiesa ne aveva bisogno: erano ben 7 i riti giornalieri da compiere. Uno, il mattinale, in realtà era un rito notturno. Ci voleva una “sveglia” che funzionasse prima dell’alba. Di più. C’erano le “servitù” cittadine da organizzare (e non solo), che richiedevano una corretta misura del tempo.
Si finì per avere la necessità di definire un’ora per la sveglia, una per andare a lavorare, una per l’apertura del mercato e così via. Tutto ciò poteva essere possibile se e solo se si disponeva di una misura del tempo autorevole. Altrimenti, e ci sono una infinità di esempi riportati negli annali, discordie, conflitti, litigi. L’orologio meccanico fu la soluzione.
Ma, si potrebbe dubitarne? Uno dei suoi primi nemici fu la Chiesa stessa, pur bisognosa di uno strumento misuratore del tempo che fosse affidabile. Qual era il problema? La misura del tempo fatta dalla Chiesa era quella cosiddetta “naturale”. Giorno e notte vengono divisi in parti eguali. Ma è del tutto ovvio che, salvo agli equinozi, le ore notturne e quelle diurne finivano per avere una durata diversa.
L’orologio meccanico rendeva “democratiche” le ore: erano tutte eguali. Bene: la Chiesa ci mise più di un secolo ad adeguarsi. Ma la Chiesa non era sola in questo atteggiamento. I Cinesi, pur inventori dell’orologio ad acqua, lo riservarono all’imperatore e ai suoi astrologi. Consideravano il tempo un segreto di stato, da non rivelare ai sudditi. Finì, ovviamente, come era prevedibile: ogni Imperatore cinese aveva il suo proprio calendario, giacché ognuno d’essi diventava proprietario del proprio tempo.
Qual è, in termini moderni, l’importanza dell’orologio meccanico, al di là della sua maggiore precisione e democraticità?
Tanto per incominciare: fu il primo esempio di misura digitale e non analogica di una grandezza “naturale”.
Secondo: fu una palestra di libertà. Invece di un tempo che scendeva dall’alto, elargito con sufficienza dall’Autorità, ciascuno poteva organizzare la propria vita come meglio gli pareva, e coordinarla con il resto dell’umanità. Ordine e controllo nelle mani del popolo minuto: una minaccia per il Potere costituito di quei tempi. Altro che presa della Bastiglia.
Terzo: si poteva finalmente accedere (ci volle del tempo) ad una nozione cruciale: la produttività. Per la prima volta, ciò che veniva prodotto poteva essere rapportato ad una unità di tempo affidabile. Utile solo per il furto del plusvalore? Non soltanto, e non principalmente. Si passa da una situazione di lavoro senza riferimenti (un’attività segue l’altra, fino a che la luce disponibile lo permette), ad una in cui si misura la durata (costante) dello sforzo, e alla durata si collegherà poi la produzione. In termini moderni: si possono calcolare con precisione i costi, e dunque con precisione si può stabilire un prezzo per un oggetto o un servizio. Poco? Non direi: tutti siamo abituati a pensare in termini di costi/benefici. Senza un orologio, si potrebbe farlo?