Mare sotto i riflettori il prossimo 8 giugno, in occasione della giornata mondiale degli oceani. Diversi gli eventi sparsi nei cinque continenti, fra zoo, acquari, musei, associazioni, insieme ad iniziative di singoli cittadini: pulizie delle spiagge, concorsi di pittura per bambini, lezioni di biologia marina, esposizioni fotografiche.
A tenere le fila - scrive l'Ansa - è il World Ocean network, che promuove il tema ’Giovani: la prossima ondata di cambiamentò. Per l’occasione, a New York l’Empire State Building sarà illuminato di bianco, blu e viola, a Hong Kong è previsto uno spettacolo di ballerine di danza del ventre, mentre a Malaga è previsto un festival e a Ottawa una mostra di artisti. A Moorea, in Polinesia alcune classi scolastiche andranno a visitare la clinica delle tartarughe marinè e i bambini riceveranno il passaporto di cittadino degli oceanì. In Italia sono segnalate iniziative fra Trapani, Agropoli e Torino, che includono una mostra di fotografia, una conferenza, una cena a base di pesce alternativò rispetto al solito e dimostrazioni di primo soccorso in mare.
Il sito web del World Ocean Network raccoglie idee utili alle celebrazioni, come le istruzioni per realizzare una pulizia di fiumi, laghi, spiagge o altri habitat di acqua dolce o costieri. Una proposta facile accessibile a tutti è quella di indossare una maglietta blu e fare da ’ambasciatorè della salvaguardia dei nostri mari, invitando ad esempio a mangiare tipi di pesce in buona salute, con popolazioni ancora abbondanti. Per i bambini, una proposta è quella di organizzare un concorso artistico, oppure una serata in un acquario, per scoprire la vita notturna degli animali.
Gli oceani producono oltre il 50% dell’ossigeno nell’atmosfera, ospitano l’80% della biodiversità e metà della popolazione mondiale abita in regioni costiere. I mari del Pianeta forniscono anche un contributo annuale all’economia globale, che fra servizi come pesca, turismo, protezione delle coste, si stima valga 12.600 miliardi di dollari annuali. I mari rappresentano inoltre dei veri e propri magazzini per lo stoccaggio del carbonio, ma anche una miniera per gli impianti di produzione di energia eolica offshore.
Ecco alcuni dati raccolti dall’Unione mondiale per la conservazione della natura: - VALORE ECONOMICO: La stima dei servizi dei mari del Pianeta, dal turismo alla pesca, fino alla protezione delle coste, si stima abbia un valore di 12.600 miliardi di dollari l’anno.
- CATTURA CO2: Mangrovie, paludi e praterie marine rimuovono il carbonio dall’atmosfera e lo immagazzinano nel suolo, dove può rimanere per millenni. Enormi quantità di ’carbonio blù sono quindi custoditi dagli ecosistemi marini. Proprio la distruzione del 20% delle foreste di mangrovie del Pianeta negli ultimi 25 anni, per un’area di 35mila km quadrati, ha provocato il rilascio di carbonio accumulato per secoli.
- AREE MARINE PROTETTE: La copertura di aree marine protette nel mondo è più che raddoppiato ed è passato dallo 0,65% della superficie del globo nel 2007 all’1,42% attuale. Una estensione piuttosto ridotta alle minacce che affrontano questi ecosistemi, dai cambiamenti climatici al prelievo eccessivo di pesca, fino ad inquinamento, specie ’stranierè invasive e trivellazioni per gas e petrolio.
- ENERGIA EOLICA: L’energia del vento potrebbe rispondere ad un quarto delle necessità di corrente elettrica entro il 2050, con il ritmo attuale di crescita. Il che significa un’aggiunta di un milione di turbine onshore e 100mila turbine offshore, cioè in mare. L’Europa è leader mondiale dell’eolico offshore e lo sviluppo di questa fonte nell’Unione europea è tale da poter fornire fra il 12% e il 16% della corrente elettrica dell’Ue entro il 2030, l’equivalente di 25mila turbine. Questi impianti possono portare benefici alla fauna selvatica creando delle zone di divieto di pesca e barriere coralline artificiali dove le specie marine possono prosperare. Se non progettati e gestiti in maniera appropriata invece, possono creare danni alla biodiversità marina.
- MARE DEL NORD: Lo sfruttamento di petrolio e gas nel Mare del Nord implica che un numero crescente di piattaforme dovrà essere rimosso. Finora, circa 130 piattaforme sono già state smantellate e oltre 500 dovranno chiudere i battenti nell’arco dei prossimi 20-30 anni. Dopo il disastro del Golfo del Messico e le fuoriuscite radioattive in mare di Fukushima, l’edizione 2011 della giornata mondiale degli oceani dell’8 giugno dovrà fare i conti con le nuove sfide per uno sviluppo sostenibile del Pianeta. "Guardando indietro agli ultimi dodici mesi dell’anno, non si può dire che sia stato un bel periodo per gli oceani» afferma Julia Marton-Lefevre, direttore generale dell’Unione mondiale per la conservazione della natura. La marea nera e l’incidente nucleare giapponese "ci ricordano - spiega il direttore dell’Iucn - quali siano le minacce di grande scala per gli oceani, ma anche tragicamente, per le comunità che abitano nelle vicinanze". Fra le minacce più rilevanti per gli ecosistemi marini, l’ultima nota è quella dell’acidificazione degli oceani. Quest’ultimo fenomeno secondo Marton-Lefevre "sta avanzando ad un ritmo allarmante, 100 volte più veloce rispetto a quello naturale".
Ecco allora un quadro dei principali nemici del Pianeta: - PESCA ECCESSIVA: Secondo i dati del Wwf internazionale, il 76% degli stock di pesce del mondo sono già sfruttati al massimo della capacità o sovrasfruttati. E ogni anno miliardi di pesce catturato accidentalmente, insieme ad altri animali come delfini, tartarguhe marine, squali e coralli, muore per pratiche di pesca inefficienti o illegali. Secondo il dossier Fish Dependence Day, presentato da Nef (New Economics Foundation) e Ocean2012, il 30 aprile abbiamo mangiato l’ultimo pesce italiano, esaurita tutta la quota 2011, e da allora l’Italia dipende dal pescato proveniente da altri mari. Per la media dell’Unione europea, il giorno della dipendenza da mari extra-Ue invece è il 2 luglio.
- TURISMO E SVILUPPO COSTIERO: Il 60% della popolazione mondiale abita nel raggio di 60 km dalla costa. Inoltre, l’80% del turismo interessa aree costiere, con spiagge e barriere coralline come destinazioni più gettonate. De 220 milioni di turisti annuali nella regione del Mediterraneo, oltre 100 vanno al mare. In meno di 20 anni, ci si aspetta che il numero annumale di turisti che visiteranno quest’area arrivi a quota 350 milioni.
- TRASPORTI COMMERCIALI: Oltre il 90% di tutti gli scambi commerciali fra i paesi avvengono via mare, con rischi di fuoriuscite di carburante, contaminazione di nuove specie contenute nelle acque di zavorra, o di sostanze chimiche delle vernici. Circa 50mila navi mercantili solcano gli oceani del globo.
- INQUINAMENTO: Oltre l’80% dell’inquinamento marino deriva da attività terrestri, dalle buste di plastica e immondizia di vario genere ai pesticidi, scarichi delle fogne.
- CAMBIAMENTI CLIMATICI: Il fenomeno genera un rialzo delle temperature dei mari, scioglimento dei ghiacci, sbiancamento dei coralli, eventi estremi, innalzamento dei livelli del mare, acidificazione degli oceani.
- IMPIANTI OFFSHORE: Trivellazioni e ricerche di carburanti fossili, piattaforme petrolifere e di gas sono una minaccia costante e il disastro del Golfo del Messico ha acceso un campanello d’allarme. Anche la progressiva diffusione delle turbine eoliche, sempre più al largo e in acque profonde, andrà gestita in maniera da avere un impatto minimo sull’ecosistema marino.
SPAZZATURA: Danneggia la fauna selvatica, il turismo e provoca un inquinamento potenzialmente cancerogeno alla catena alimentare: è l’immondizia, che orami è arrivata in tutti i mari del Pianeta, fino agli abissi più profondi. Di qui l’appello del Programma Onu per l’Ambiente (Unep) per un’azione comune per combattere il fenomeno, anche alla luce degli ultimi dati: 270 specie rischiano di ingerire i rifiuti negli oceani, incluso l’86% di tutte le specie di tartarughe marine, il 44% di tutti gli uccelli marini e il 43% dei mammiferi marini. "La spazzatura in mare - afferma Achim Steiner, direttore esecutivo dell’Unep - colpisce ogni paese e tutti i mari, e mostra in maniera molto chiara l’urgenza di passare ad un’economia verde, a basso contenuto di carbonio e più efficiente dal punto di vista dell’uso delle risorse. Una comunità o un paese che agisce in maniera isolata non sono la risposta. Dobbiamo occuparci del problema al di là dei confini nazionali e insieme al settore privato, che ha un ruolo critico da giocare sia nel ridurre i tipi di rifiuti che finiscono in mare, sia nella ricerca di nuovi materiali. È raccogliendo insieme tutti i soggetti interessati che potremo fare la differenza".
Nel Mediterrane, secondo dati Unep, nella top ten della spazzatura marina oltre il 40% è costituito da mozziconi di sigarette, avanzi di sigari e confezioni di tabacco. Sul podio ci sono si piazzano anche bottiglie di plastica (9,8%) e buste di plastica (8,5%), seguite da lattine di alluminio (7,6%), coperchi (7,3%), bottiglie di vetro (5,8%), il set completo del picnic usa e getta (bicchieri, piatti e posate) con il 3,8%, imballaggi e contenitori di cibo (2,5%), cannucce (2,1%) e linguette di apertura di lattine o altro (1,9%). L’isola di immondizia in mare più nota è quella del Pacifico centrale, una sorta di ’grande pattumierà tra California e Hawaii, di dimensioni pari a due volte il Texas. Una preoccupazione crescente è quella della contaminazione delle specie marine e quindi della catena alimentare, con sostanze tossiche per la salute umana, rilasciate dalla plastica che abbonda negli oceani. Inoltre, i rifiuti arenati sulle spiagge e sulle coste possono avere un impatto economico serio sulle comunità che sono dipendenti dal turismo. Oggetti pesanti possono anche danneggiare habitat come le barriere coralline e avere un impatto le abitudini alimentari degli animali marini.
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