Postato in: Il terzo occhio
Non bastavano il (falso) terremoto romano dell’11 maggio e la fine del mondo annunciata dal revendo Camping ai suoi seguaci. E nemmeno la leggenda metropolitana del “terrorista riconoscente” che ha ricominciato ha girare dopo la morte di Osama, con tanto di annuncio “Non prendete la metropolitana a maggio”. No; adesso la catastrofe più gettonata sembra derivare dal Marsili, un vulcano sommerso al largo delle coste calabresi, che sarebbe sul punto di esplodere. Cosa dovrebbe accadere? Lo leggiamo in un articolo di Affari Italiani:
Cominceranno a ribollire le acque, poi uno tsunami di dimensioni mai viste potrerà via tutti i continenti. All’Europa toccherà a maggio di quest’anno, il 21 azzarda qualcuno. Gruppi di parascienziati sostengono che la fine del mondo avverrà molto prima rispetto alle previsioni dei Maya, quando un vulcano sottomarino erutterà generando uno tsunami che trascinerà sott’acqua tutte le terre emerse del nostro pianeta. Ma non è tutto. Secondo i teorici della panspermia delle creature extraterrestri hanno avvertito l’umanità.
L’origine della data è facile da rintracciare: si tratta del “giorno del giudizio” che secondo il reverendo Harold Camping dovrebbe accadere proprio il 21 maggio. Un appuntamento profetizzato sulla base di originali interpretazioni di alcuni passi biblici e su una concezione della storia umana che nulla ha di scientifico, come vi abbiamo già spiegato in un nostro articolo precedente.
Per quanto riguarda il vulcano sottomarino, invece, le cose sono un po’ più complesse. Il Marsili, in effetti, esiste veramente: fa parte dell’arco insulare delle isole Eolie, nel Tirreno, a 150 kilometri dalle coste calabre e a 140 da quelle siciliane, e a una profondità di circa 450 metri. Non è certo l’unico vulcano sommerso del Mediterraneo: in quella zona (una delle più ricche di fenomeni geotermici e vulcanici, a causa dello scivolamento della zolla africana al di sotto di quella tirrenica) si trovano anche il Palinuro, il Valilov e il Magnaghi.
Il Marsili però ha una particolarità: è il più grande vulcano d’Europa, con i suoi 65 kilometri di lunghezza e 30 di larghezza. Per saperne di più su questo “gigante”, vi consigliamo la visione di questo documentario trasmesso da SuperQuark.
La scoperta del Marsili risale agli anni ’20, ma il dibattito scientifico sulla sua pericolosità è molto più recente. Fra il 2009 e il 2010 vennero infatti effettuati diversi studi sulla morfologia di questo vulcano, grazie a navi attrezzate e sonar multibeam. I dati furono pubblicati su due riviste di settore, il Journal of Volcanology and Geothermal Research e le Geophysical Research Letters, ed emerse che una parte della sommità del Marsili era costitutita da rocce con una bassa densità, quindi più deboli e a rischio di crolli.
Il 29 marzo 2010 il direttore dell’INGV, Enzo Boschi, lanciò l’allarme sulle pagine del Corriere della Sera.
Potrebbe succedere anche domani. Le ultime indagini compiute dicono che l’edificio del vulcano non è robusto e le sue pareti sono fragili. Inoltre abbiamo misurato la camera di magma che si è formata negli ultimi anni ed è di grandi dimensioni. Tutto ci dice che il vulcano è attivo e potrebbe eruttare all’improvviso.
Il cedimento delle pareti muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare un’onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi ma non si possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione.
Il pezzo, firmato da Giovanni Caprara, si concludeva analizzando l’unica possibile soluzione: un sistema continuo di monitoraggio, purtroppo difficile e costoso da realizzare.
Questo articolo generò un piccolo vespaio nella comunità scientifica. Enzo Boschi fu criticato per il tono usato, che faceva pensare all’esplosione come a una cosa imminente, da verificarsi nell’arco di pochi giorni. Ci fu addirittura chi lo accusò, probabilmente a torto, di aver “calcato un po’ la mano” sul problema per sottilineare la mancanza di fondi dell’INGV.
Da questa polemica di oltre un anno fa derivano le recenti profezie, che nei mesi di aprile e maggio hanno ripreso a girare, alimentate probabilmente dalle altre previsioni catastrofiche di questo maggio apocalittico. Questo clima di paura ha indotto l’INGV a diramare un comunicato, il 3 maggio di quest’anno, per spiegare meglio la situazione del Marsili. Qui si legge, tra le altre cose:
Il timore dei ricercatori, manifestato dal Prof. Enzo Boschi, presidente dell’INGV, non è tanto il fatto che possa verificarsi una eruzione sottomarina, ma che una eruzione possa determinare il collasso di una porzione consistente dell’edificio vulcanico, reso fragile proprio dall’attività magmatica.
Un’eruzione sottomarina, insomma, non è di per sè un problema; lo diventa quando per effetto dell’esplosione crolla una parte della parete del vulcano: solo in questo caso (e se la massa spostata è piuttosto grande), è possibile che si crei uno tsunami. Un caso simile in Italia è accaduto il 30 dicembre 2002, quando una frana sullo Stromboli spostò quasi un kilometro cubico di materiale roccioso, dando origine a un maremoto. Le onde raggiunsero in alcuni punti l’altezza di 8 metri, provocando diversi danni e il ferimento di alcune persone.
Che questo accada anche per il Marsili, vulcano attualmente inattivo, è comunque ancora tutto da dimostrare. Si legge, sempre sul comunicato dell’INGV:
Va ribadito che quello dei ricercatori è solo un timore, appunto. Resta infatti da dimostrare che il Monte Marsili sia prossimo a riattivarsi; e anche se questo avvenisse, l’eruzione potrebbe passare quasi inosservata per la popolazione, come dimostrano alcune importanti eruzioni sottomarine recenti (es. il Lohii seamount nella Hawaii o il Kick’em Jenny nelle Antille) che non sono state accompagnate da collassi e/o da tsunami.
Il dibattito nella comunità scientifica è ancora aperto. C’è chi considera l’ipotesi altamente improbabile, come ad esempio Sandro De Vita dell’Osservatorio Vesuviano:
Dal punto di vista della possibile attività vulcanica pensare ad una esplosione che possa causare problemi è fantascientifico, in quanto non è un vulcano che storicamente abbia mai dimostrato attività.
Dello stesso parere il professor Michael Marani, dell’università di Bologna, secondo cui il futuro risveglio del vulcano è un’ipotesi non supportata da alcuna prova scientifica. Insomma, le opinioni non sono concordi, ed è giusto continuare ad approfondire la conoscenza di questo gigante sottomarino.
Ma questo non significa che i catastrofisti abbiano ragione: il Marsili è attualmente monitorato sia dagli esperti dell’INGV che da quelli dell’università di Bologna, e non c’è alcuna ragione per cui si debba risvegliare proprio il 21 maggio, a meno di non credere alle ipotesi antiscientifiche del reverendo Camping. Ricordiamo infatti che, mentre per i terremoti non c’è modo di fare previsioni a lungo termine, per le eruzioni ci sono sempre alcuni segnali precursori di tipo sismico e geologico: e attualmente nulla del genere è stato rilevato per il Marsili.
E anche se l’eruzione avvenisse, non è detto che sarebbe un disastro, a meno di un crollo improvviso delle pareti del vulcano. Se invece tutte queste circostanze dovessero avverarsi, questo è quello che succederebbe, secondo una simulazione di Steve Ward della University of California che ha preso in esame il “caso peggiore” (ovvero un crollo di materiale pari a circa 10 kilometri cubici).
Il maremoto che colpirebbe l’Italia farebbe sicuramente grossi danni, e sarebbe un disastro terribile per gli insediamenti costieri italiani. Ma non potrebbe sicuramente provocare la preannunciata fine del mondo, né generare “uno tsunami che trascinerà sott’acqua tutte le terre emerse del nostro pianeta”, come irresponsabilmente affermato dall’articolo di Affari Italiani.
La fine del mondo, per adesso, può attendere.