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domenica 22 maggio 2011

Fiumi italiani, scorre l' incuria «Copiamo il metodo-Tamigi»




Un viaggio (speriamo di sola andata) dall' inferno al paradiso, durato cinquanta anni. Giudicato «morto» dopo la Seconda guerra mondiale, il Tamigi ha saputo invertire la rotta, vincendo qualche settimana fa il prestigioso «International Theiss River Prize», un premio assegnato ogni anno a livello mondiale a interventi che hanno raggiunto significativi risultati nella gestione di corsi o bacini d' acqua. «Il nostro lavoro con gli agricoltori, industriali e altri soggetti - dice Alastair Driver, Conservation Manager dell' Environment Agency del Regno Unito (l' agenzia a cui è andato formalmente il premio) - ci ha consentito di ridurre l' inquinamento e aumentare la qualità dell' acqua. Sono così ritornati a vivere salmoni e lontre e a nuotare le foche. Il numero dei pesci è aumentato, con 125 specie registrate. Dall' aprile del 2005 sono stati completati 393 progetti di miglioramento degli habitat lungo i suoi 346 chilometri e circa 70 chilometri sono stati restaurati o migliorati. La qualità dell' acqua è incrementata in diciannove anni, dal 1990 al 2008, dal 53% all' 80% e viene classificata ora come "Buona" o "Molto buona", malgrado nel suo bacino idrografico vivano 15 milioni circa di persone». Facendo scorrere l' elenco dei vincitori del premio si leggono nomi illustri, come il Danubio, il secondo fiume europeo, la cui qualità dell' acqua è incrementata grazie a diverse iniziative, anche se ci sono ulteriori margini di miglioramento. Un fiume - «malato» terminale - può essere quindi guarito. «Il Tamigi - sottolinea Andrea Agapito Ludovici, responsabile Acque del Wwf Italia - è la dimostrazione di quanto può pagare positivamente una pianificazione a lungo termine degli interventi. Soprattutto se l' approccio è interdisciplinare come avviene, ad esempio, nella Loira in Francia, in Germania per il Reno, in Austria per Lech e Drava. Qui ecologi, forestali, geologi, biologi e ingegneri lavorano a stretto contatto per rivitalizzare corsi d' acqua in precarie condizioni di salute, gestendo l' ecosistema fiume nella sua complessità, non trattando il fiume come un semplice canale. È un approccio che ora è la norma in Europa ma che fa fatica a prendere piede in Italia».