Vladimir Slivyak, co-presidente dell'associazione ambientalista russa Ecodefence, ha lanciato dal suo blog sul sito della stazione radio Echo Moskvy un durissimo attacco all'Enel che nel 2010 ha firmato un protocollo d'intesa nel quale promette di "research the possibility"di investire nella azienda monopolista di Stato del nucleare russo, Rosatom, e in particolare in un progetto per la costruzione di una nuova centrale atomica nell'enclave russa di Kaliningrad. La cosa è tornata a galla ad aprile, durante la contestata assemblea degli Azionisti Enel a Roma. E Sliivyak si chiede: «Quindi il nuovo impianto è destinato ad un futuro radioso?»
Il co-presidente di Ecodefence spiega che le assemblee degli azionisti «In Italia sono ben diverse rispetto, ad esempio, a quelle in Germania, dove molte migliaia di persone si riuniscono per un giorno intero per discutere il futuro dell'organizzazione in cui hanno investito. In Italia, questi sono eventi molto più "abbottonati", con circa un centinaio di rappresentanti di grandi gruppi di azionisti, piuttosto che i piccoli azionisti, con la raccolta di short run-through di questioni. Il risultato è che i discorsi sono pochi, brevi, e si arriva fino al punto che non è permesso niente al di fuori dell'ordine del giorno. Per questo recente shareholders meeting a Roma, alla fine di aprile, sono stato invitato a parlare davanti al Consiglio di amministrazione come rappresentante di un gruppo di azionisti preoccupati per la politica di investimento non etica intrapresa dalla company».
La storia inizia nel 2008, quando i russi annunciano di voler costruire una nuova centrale nucleare a Kaliningrad, chiamata Baltic new nuclear power (Baltic Npp) e Rosatom inonda i media con gli annunci che cerca un investitore straniero. La cosa è strana perché il sito di Kalinigrad entra solo nell'autunno 2009 nel programma del governo russo per la costruzione di nuove centrali nucleari, cioè molto più tardi di tutti gli altri progetti, e con condizioni speciali: Rosatom dichiara che per costruire la Baltic Npp non chiederà un rublo del bilancio dello Stato, ma che la costruirà con i propri fondi (51%) e con quelli provenienti da investitori stranieri (49%), anche se c'è il piccolo particolare che i fondi di Rosatom sono dello Stato, questo meccanismi di finanziamento sarebbe utilizzato per la prima volta in una centrale nucleare russa. Nel 2010 spunta il misterioso investitore straniero, che probabilmente era già pronto dietro le quinte, si tratta dell'Enel che «Ha accettato di esaminare la possibilità di prendere parte al progetto».
La Baltic Npp è progettata con due con reattori del tipo Vver-1200, un nuovo progetto sviluppato in Russia che non è ancora mai stato testato in una qualsiasi applicazione pratica, è in costruzione vicino al confine con la Lituania, cioè proprio nel "cortile" orientale dell'Unione europea. Da un sondaggio svolto nella regione di Kalinigrad è venuto fuori che il 67% della popolazione è contraria alla costruzione della nuova centrale nucleare, anche perché la Baltic Npp verrà costruita per esportare tutta l'energia prodotta all'estero, mentre tutti i rischi nucleari e lo smaltimento delle scorie radioattive saranno a carico degli abitanti dell'enclave russa e dei loro ostili confinanti lituani e polacchi. Ai residenti di Kalinigrad viene proposta come "compensazione" la fornitura di energia a buon mercato, ma Ecodefence ha molti dubbi che sarà davvero così.
Ecco come Slivyak, ricostruisce il coinvolgimento dell'Enel: «La ricerca di un investitore è stata fatta in Europa per circa tre anni: l'obiettivo non era solo quello di costruire la centrale elettrica, ma anche per assicurare i mercati dei consumatori dell'Unione europea. Secondo Inter Rao, un electric power trader sul mercato nazionale ed estero, che a maggioranza di proprietà di Rosatom, ed è responsabile di trovare l'investitore per la centrale nucleare del Baltico, la regione di Kaliningrad è potenzialmente ricca di energia per soddisfare i propri bisogni energetici senza il nuovo impianto.. Sempre secondo le informazioni di Inter Rao, il costo totale del progetto può anche superare i 13 miliardi di dollari, di cui quasi un terzo sarà da spendere per costruire le nuove infrastrutture e le linee di trasmissione per esportare l'energia elettrica verso i consumatori europei. L' output da questo sito non è quindi destinato a coprire tutta la domanda locale, ma per essere venduta sul mercato europeo». La spiegazione è semplice: l'energia vale molto di più nell'Ue che in Russia.
I tre anni di ricerca hanno prodotto un solo candidato: l'italiana Enel che tra l'altro ha solo annunciato la sua volontà di "ricerca" e che deve ancora prendere una decisione definitiva. Altre società con le quali Rosatom era in trattative si sono dette non interessate all'affare. «L'energia nucleare gode di una reputazione piuttosto dubbia in Europa - dice Slivyak - quindi è comprensibile che non ci sia l'affollamento delle compagnie per avere un pezzo della torta nucleare del Baltico, che non avrebbe nulla di generoso, se non le dure critiche dell'opinione pubblica. A mio modo di vedere, le prospettive che Enel partecipi al progetto della Baltic Npp sono di fatto molto diminuite. Questa non è un opinione alimentata dalle emozioni che portano ad apprezzare tutti i pericoli dell'energia nucleare, ma piuttosto basata sulle informazioni sullo stato della società e da quanto è stato reso disponibile agli azionisti della Società. Per prima cosa, l'Enel è ricca di debiti: 44,9 miliardi di euro. Una quantità impressionante, non è vero? Questo significherebbe che l'Enel difficilmente al momento avrebbe soldi liquidi per nuovi progetti al momento. Negli ultimi due anni, l'azienda ha promesso nuovi investimenti paragonabili a quelli di tutti gli altri grandi fornitori di energia europei. Questo non significa che l'Enel rifiuti automaticamente tutte le nuove proposte che gli arrivano, ma trovare i soldi per loro richiederà di ricercare prestiti dalle banche private, e quelle non sono conosciute per essere in sintonia con l'industria dell'energia nucleare. Non è nemmeno l'attuale crisi nucleare giapponese che sta spingendo le credit organisations fuori al nucleare: è che le centrali nucleari non sono i migliori progetti di investimento in termini di performance economica. In particolare, i nuovi progetti nucleari hanno enormi costi di capitale, tempi di attesa estremamente lunghi tempi di attesa prima di vedere un qualsiasi ritorno degli investimenti sull'atomo, rischi di ritardi che causano perdite per gli investitori, e così via. Dal 2008 al 2010, per esempio, Rosatom, lavorando in partnership con Bulgaria, Francia e Germania, è alla era alla ricerca attiva di loan funds da attirare nel suo vecchio e sempre discusso progetto di Belene in Bulgaria. Tutti le 13 maggiori banche europee alle quali era stata richiesta una linea di credito per Belene hanno rifiutato di fornirne una. Nessuno di loro al momento sapeva che una catastrofe nucleare simile alla tragedia di Chernobyl sarebbe scoppiata in Giappone nel marzo 2011. In secondo luogo, Enel ha già un certo numero di grandi progetti sul piatto il cui destino, con il peso del debito attuale, è ora in bilico».
Secondo Ecodefence Enel «Sta per gettare la sua rete in tutto il settore bancario europeo per chiedere prestiti a tutti ed è probabile che lo faccia concentrandosi sui progetti già approvati».
A partire dal gigantesco e contestatissimo progetto idroelettrico nella Patagonia cilena, per il quale ci vogliono circa 7 miliardi di dollari investimenti che per ora non ci sarebbero.
Enel sta spendendo un mucchio di soldi anche per completare un nuovo reattore nella centrale nucleare di Mochovce, in Slovacchia, un progetto avviato alcuni anni fa. Prima del disastro di Fukushima Enel aveva dato il via ad investimenti anche nella centrale nucleare di Cernavoda in Romania, dove detiene solo il 9% del consorzio di sviluppo, ma tutte le altre società europee che avevano partecipato a questo progetto nel 2010 si sono defilate, adducendo vari motivi. «Resta da vedere se Enel decide di rimanere - dice Slivyak - ma in ogni caso, in questo momento non ha soldi per impegnarsi nel sito rumeno».
Secondo il co-presidente di Ecodefence: «Durante il meeting a Roma, il consiglio ha detto agli azionisti Enel che nessuna decisione era stata presa per quanto riguarda la questione della partecipazione al progetto della Baltic Npp. Si è detto anche, curiosamente, che la società non aveva ancora tutti i documenti necessari per il progetto per prendere una tale decisione. Questo solleva alcune questioni circa la volontà di Enel di venire a Kaliningrad, o meglio, se ci sono le condizioni per cominciare. Tutte le informazioni relative al progetto era stato messe insieme nel lontano autunno del 2009, quando la documentazione del progetto è stata presentata per lo stato della valutazione di impatto ambientale della Baltic Npp. Sicuramente, quindi, in una situazione in cui manchi questa o quella parte del lavoro fatto dagli uffici dovrebbe essere semplicemente impossibile, a meno che non ci sia il problema che traduttori italiani non abbiano ancora concluso il loro incarico. Il dubbio, però è che, se tali traduttori esistono, non siano ormai morti di fame. Al momento, non è inoltre chiaro se il periodo di riflessione specificato nella memorandum del 2010, che è scaduto alla fine dello scorso aprile, sia stato esteso, dando all'Enel più tempo per le sue deliberazioni.