VENEZIA
Saranno quattro le centrali nucleari che garantiranno la prima fase del ritorno del nucleare in Italia. Ma i siti candidati ad ospitare i quattro impianti al momento sono numerosi. Enel e Ministero dello Sviluppo Economico non fanno trapelare niente, ma sono diversi i centri di ricerca che hanno elaborato e presentato propri studi di fattibilità per l’individuazione dei siti, individuando almeno una decina di possibili candidati.
I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l’European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese, quello che sbarcherà in Italia con la joint venture fra Enel ed Edf, richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Non a caso il decreto legislativo varato dal Consiglio dei Ministri a dicembre, che mira a indicare le aree che potranno essere poi scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell’aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico.
Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l’anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione.
Al momento, però, le uniche certezze derivano dalle candidature di Veneto e Sicilia, le due regioni che hanno dato la propria disponibilità ad ospitare gli impianti nucleari. Fra i nomi che puntualmente ritornano, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume.
Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare.
Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c’è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).
E in vista delle Regionali si è scatenata subito la battaglia, anche se i due candidati alla presidenza la pensano allo stesso modo.
«Se dovessi diventare governatore del Veneto, non accetterei una centrale nucleare nel mio territorio». Lo ha detto il candidato del Partito democratico alla Regione Veneto, Giuseppe Bortolussi, a «Omnibus» su LA7. «La maggioranza dei cittadini non la vuole - ha continuato - e quindi ci sarebbe un problema di carattere sociale, ma soprattutto non è necessaria: l’energia nucleare darebbe il 4%, 5%, forse 6% del fabbisogno energetico, mentre con quella idroelettrica e con i pannelli solari si farebbe molto di più».
«Manterrei le mie perplessità anche in assenza alternative», ha ribadito a distanza il ministro Luca Zaia. « No a centrali nucleari in Veneto» ha ripetuto il candidato alla presidenza della Regione, il leghista Luca Zaia, rispondendo così a chi gli chiede se avrebbe acconsentito alla costruzione di siti in Veneto.
Secondo Zaia, «il nucleare può essere una strada», ma «il Veneto la sua parte l'ha già fatta». Con «il rigassificatore al largo delle sue coste, e con la riconversione al carbone di Porto Tolle», ha proseguito il ministro, secondo quello che ci dicono i tecnici, il nostro bilancio è positivo».
E se il governo le chiedesse di mettersi una mano sul cuore? «Il Veneto - è la risposta di Zaia - la mano sul cuore la mette da sempre. Questo però non significa che continueremo a farlo. Prima dovremmo vedere con dati inoppugnabili che non ci sono alternative in tutte le Regioni in cui il bilancio energetico è negativo. E anche allora, io manterrei le mie più totali perplessità»
Ref.http://www.legambienteverona.it/rassegna-stampa/325-sabato-06-febbraio-2010-larena.html