Un nuovo ruolo "politico" per il generale Francesco Figliuolo. Questo è il dilemma del premier Mario Draghi di fronte alla ipotesi, indigesta, di prorogare per altri mesi lo stato di emergenza legato alla pandemia di Covid. Una scelta che avrebbe implicazioni anche sulla corsa al Quirinale, in cui Draghi sarà coinvolto in prima persona a gennaio.
Secondo Repubblica, la tentazione di Palazzo Chigi è quella di "spostare sotto la Protezione civile
la struttura commissariale, con pieni poteri in campo amministrativo e
nella gestione dei contratti" e di "avvalersi del Comando operativo di
vertice interforze (Covi) per le operazioni sul campo
utili a fronteggiare il Covid". A capo del Covi, entro fine anno sarà
nominato proprio Figliuolo, attuale commissario straordinario
all'emergenza.
Questo, spiega il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, lo
scenario nel caso in cui non dovesse essere rinnovato lo stato
d'emergenza. Una mossa che consentirebbe di fatto di "lasciare in piedi
l'architettura a cui finora è stata delegata la lotta al virus",
appoggiandosi però al dipartimento guidato da Fabrizio Curcio.
La filosofia che sottende a questa ipotesi è insieme "normalizzante" e
inquietante: passare dalla emergenza alla "convivenza" con il virus.
Il capo della Protezione civile Curcio, spiega sempre Repubblica, è
stato già allertato e si è preso qualche giorno per studiare il
dossier. La decisione però è attesa a breve, anche se il nodo più
difficile da sciogliere è sulla capacità di tenere in piedi ancora per
diversi mesi l'organizzazione della campagna vaccinale. Da capo del
Covi, Figliuolo dovrà rispondere allo Stato maggiore della Difesa
e coordina tutti gli interventi delle forze armate.
Il piano B potrebbe consistere nella proroga di uno o due mesi dello
stato d'emergenza, più che altro per consentire alla Protezione civile
di organizzarsi per la sfida. Questa fase di transizione, precisa
Repubblica, si chiuderebbe "il 31 gennaio 2022, o al più tardi a fine
febbraio". Questo perché lo stato d'emergenza può essere sancito per 12
mesi e prorogato altri 12 al massimo. Iniziato nel gennaio 2020, con
Conte, una sua proroga oltre i 24 mesi richiederebbe un intervento
legislativo con tutti i rischi politici che questo comporterebbe.
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