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lunedì 5 settembre 2011

Grillo, le sue 350 mila firme e la dimenticanza del Senato - Corriere della Sera

Non gliene importa niente? Aboliscano l'articolo 71 della Costituzione. Almeno i cittadini verranno ufficialmente informati: al Parlamento, dei disegni di legge di iniziativa popolare previsti dalla Carta, non interessa un fico secco. La prova: da quattro anni il Senato evita accuratamente di esaminare le proposte presentate da Beppe Grillo e firmate da oltre 350.000 italiani. Sette volte di più di quelle necessarie.

Riassumiamo? A metà dicembre del 2007, nella sciadelle polemiche intorno ai costi della politica e «V-Day», il comico-capopopolo genovese si presenta a Palazzo Madama, pedalando su un risciò (anche lo show vuole la sua parte...) per consegnare una catasta di sottoscrizioni raccolte in un solo giorno su tre disegni di legge. Sintesi: 1) Nessun cittadino può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva o in primo e secondo grado in attesa di giudizio finale. 2) Nessuno può essere eletto alle Camere per più di due legislature (10 anni). 3) Basta con i deputati e i senatori «nominati» dai capi partito e via alla riforma elettorale perché possano essere votati dai cittadini con la preferenza diretta. Giusto? Sbagliato? Libero ciascuno di pensare che si tratti di proposte ottime o pessime, utili o inutili, virtuose o demagogiche. C'è reato e reato, dirà qualcuno, e un conto è avere nella fedina penale una condanna per tangenti su un reparto di leucemia e un altro per aver violato, facendone una battaglia politica (e non violenta, ovvio) una legge considerata ingiusta e da cambiare. E c'è chi sottolineerà come escludendo automaticamente tutti dopo due legislature ci saremmo risparmiati tantissimi somari ma avremmo perso anche un pò di purosangue. Per non dire dei dissensi sulla legge elettorale... Ma qui sta il nocciolo della questione: i senatori hanno il diritto di prendere uno per uno questi disegni di legge, valutarli, decidere che si tratta di sciocchezze e buttare tutto nel cestino. È nelle loro incontestabili facoltà. Quello che non possono fare è di infischiarsene di quelle proposte facendo finta che non siano mai arrivate. Lo ammise un anno fa, dopo una fiammata di polemiche, lo stesso Renato Schifani: «Sono favorevole affinché i ddl di iniziativa popolare, a prescindere dai loro contenuti, abbiano una risposta da parte del Parlamento. È un diritto e un dovere del Parlamento. Si deve riconoscere ai cittadini che hanno presentato una proposta popolare il diritto assoluto di avere una risposta».