Translate

lunedì 11 marzo 2013

IL Progetto RepRap: la stampante 3D LowCost


Il Progetto RepRap (in ingleseRepRap Project, abbreviazione di Replicating Rapid Prototyper, "creatore di prototipi a replicazione rapida"), è un'iniziativa finalizzata a sviluppare una stampante 3D che produca da sé la maggior parte dei suoi stessi componenti. Tutti i lavori creati nell'ambito di questo progetto sono pubblicati con licenze open source. RepRap si distingue dal simile progetto Fab@Home, anch'esso open source, proprio per l'autoreplicazione.
RepRap fu fondato nel 2005 dal dottor Adrian Bowyer, un Senior Lecturer in ingegneria meccanica alla Università di Bath, nel Regno Unito.[1].
Al 2009, sono state rilasciate due stampanti 3D: Darwin, nel marzo 2007, e Mendel nell'ottobre 2009. Gli sviluppatori le hanno chiamate così in onore dei biologi che hanno contribuito a teorizzare l'evoluzione delle specie[2]. Il 31 agosto 2010 viene ufficializzato il nome della terza generazione di stampante 3D in sviluppo: Huxley.
Grazie alla capacità di autoreplicazione, gli autori immaginano la possibilità di distribuire economicamente unità RepRap ai privati e alle comunità, dando loro la possibilità di creare (o scaricare da Internet) prodotti complessi, senza bisogno di costose infrastrutture industriali[3].

http://it.wikipedia.org/wiki/Progetto_RepRap



Alla base di questi modelli low cost c’è un progetto «open source» chiamato RepRap (acronimo di Self REPlicating RAPid prototyping): è senza brevetti ed è a disposizione della comunità per essere migliorato e diffuso. Grazie a RepRap, il prezzo dei prodotti nostrani è abbastanza allineato con quelli d’Oltreoceano, mentre la ricerca e lo sviluppo sono portati avanti gratuitamente e con continuità dall’intera comunità mondiale. 

Il cervello di queste stampanti è una versione del microcontrollore Arduino, ideato da Massimo Banzi e altro tassello fondamentale della «prototipazione rapida» su piccola scala. La creazione di un oggetto sul piatto di stampa sembra quasi una magia, ma l’idea alla base è tutto sommato semplice: si scioglie un filo di materiale plastico e lo si spinge fuori da un piccolo ugello su un piano di appoggio, creando uno strato sottile circa 3 decimi di millimetro. Quindi l’ugello si solleva e disegna così lo strato successivo fino ad ottenere un oggettotridimensionale. 

Il materiale plastico costa circa 30 euro al chilo, la stampa non ha praticamente scarto e un oggetto finito pesa relativamente poco: da qualche decina di grammi fino ai 200 per gli oggetti più grandi e complessi. Dotarsi di una stampante 3D personale è quindi il primo passo per entrare nel mondo della «personal fabrication» ed essere parte attiva di questa innovazione che vede nei processi di produzione su piccolissima scala un futuro possibile per le micro imprese. 

Se poi la plastica utilizzata non ha le caratteristiche necessarie per produrre un determinato oggetto, oppure se le stampanti di fascia «entry level» non dispongono del dettaglio necessario alle realizzazioni più raffinate, non bisogna perdersi d’animo: si può utilizzare la propria strumentazione perrealizzare la bozza dell’oggetto in questione, caricando poi il modello su un servizio online di stampa 3D professionale, come per esempio Shapeways.com, e in qualche giorno arriva a casa l’oggetto finito in metallo, ceramica o un qualsiasi altro materiale scelto fra quelli disponibili. Pronto all’uso e con i dettagli scelti da noi.