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Bitcoin crolla mentre l’oro brilla dopo i nuovi dazi: forza fittizia dell’“oro digitale”?

 



Quando parliamo di mercati, la cosa più difficile è distinguere tra quello che sembra e quello che è. Il weekend del 10-11 ottobre 2025 ci ha offerto un caso di studio perfetto: Bitcoin, il cosiddetto “oro digitale”, è crollato rovinosamente, mentre l’oro, quello vero, ha continuato a salire come se nulla fosse. Per capire il perché, bisogna guardare ai fatti senza illusioni.


Il contesto: dazi USA-Cina e panico globale

Trump ha deciso di colpire la Cina con dazi del 100% su tutte le importazioni a partire dal 1° novembre. Una mossa estrema, risposta alle restrizioni di Pechino sulle terre rare. I mercati hanno reagito come sempre fanno davanti all’incertezza: si sono spaventati. L’S&P 500 ha perso più del 2% in pochi minuti, il petrolio WTI è sceso del 4%. Insomma, l’aria si è fatta pesante.

E in questi momenti la domanda è semplice: dove vanno i soldi? Su quali asset si rifugiano gli investitori?


Bitcoin sotto pressione: il “digital gold” che si scioglie

Appena è uscita la notizia, Bitcoin è scivolato da 122.000 a 104.000 dollari intraday. Un crollo secco, oltre il 12% in poche ore. Ethereum ha seguito con -11%, e le altcoin sono sprofondate fino al -27%. Panico puro.

Il Crypto Fear & Greed Index, che misura l’umore del mercato, è passato da “avidità” a “paura” in meno di 24 ore. Ancora più impressionante: 1,66 milioni di trader liquidati, per 19 miliardi di dollari. Il più grande massacro di posizioni della storia crypto.

Che cosa ci dice questo? Che la recente salita di Bitcoin non era fatta di acquisti solidi, “da cassettisti”, ma di leva finanziaria e speculazioni. Appena è arrivata una scossa, il castello è crollato.

E come se non bastasse, ci sono sospetti di manovre “troppo perfette”: grosse posizioni short aperte poco prima dell’annuncio, chiuse con profitti miliardari. Coincidenze? Forse. O forse no.


L’oro brilla: il rifugio che funziona davvero

Mentre Bitcoin affondava, l’oro saliva. Per la prima volta nella storia ha superato i 4.000 dollari l’oncia, arrivando a 4.032. Non un balzo frenetico, ma una corsa lenta e costante che dura da mesi.

Dal gennaio 2025 l’oro è già salito del 50%. Perché? Perché davanti a tensioni geopolitiche, rischi di recessione, crisi valutarie, gli investitori si fidano ancora dell’oro. È solido, fisico, custodito nei caveau delle banche centrali. Non serve crederci: basta guardare alla storia, secoli di fiducia sedimentata.

Il punto è semplice: l’oro ha retto la tempesta. Non ha vacillato. Anzi, è diventato più forte.


Bitcoin: forza fittizia o fisiologico “reset”?

Chi ama Bitcoin dirà: è solo una correzione, il mercato si è liberato degli speculatori e adesso il rally potrà riprendere. È vero che in passato BTC ha vissuto crolli simili per poi risalire. E questa volta è rimasto sopra i 100.000 dollari, un livello psicologico importante.

Ma la lezione resta: nei momenti di panico sistemico, Bitcoin si comporta come un asset rischioso, non come un rifugio. Scende insieme alle Borse, non contro di esse. È ancora troppo giovane, troppo esposto a manipolazioni e leve. La sua “forza” recente sembra più artificiale che reale.




La prova dei fatti

Quando i mercati tremano, le parole contano poco. Conta dove finiscono i soldi. E il flusso è chiaro: sono entrati in oro, non in Bitcoin.

L’oro è stato protagonista, Bitcoin comprimario. L’oro ha brillato, Bitcoin ha ceduto.


Conclusione

Forse un giorno Bitcoin diventerà davvero l’oro digitale, capace di reggere nelle crisi. Ma quel giorno non è ancora arrivato. Oggi resta un asset volatile, esposto all’umore degli speculatori. L’oro, invece, continua a fare quello che ha sempre fatto: proteggere.

Il banco di prova dei dazi USA-Cina ha dato il suo verdetto: l’oro è rifugio, Bitcoin no. Per ora.