Bitcoin è stata accusata di essere la valuta principalmente utilizzata per il sostegno ad Isis. E’ effettivamente così?
Le cripovalute – le valute che assegnano un controvalore digitale al denaro – sono spesso utilizzate per effettuare pagamenti sul mercato nero favorendo attività illegali quali estorsioni o riciclaggio. Grazie all’assenza di costi aggiuntivi, alla possibilità di effettuare trasferimenti internazionali in modo pressoché istantaneo e anonimo Bitcoin, la moneta virtuale più popolare, è stata indicata come una delle principali valute utilizzate per la sadaqa (donazioni private) verso Isis e per il trasferimento di denaro verso le cellule presenti tutto il mondo. Alcuni media recentemente hanno puntato il dito su Bitcoin legandola al finanziamento della strage di Parigi. Ma qual è l’effettivo peso di Bitcoin sul finanziamento dello Stato Islamico?
Durante le operazioni di monitoraggio del Deep Web attivate a seguito dell’attentato alla redazione di Charlie Hedbo, il collettivo hacker Ghost Security Group ha dichiarato di aver scoperto diversi conti Bitcoin utilizzati da Isis per finanziare le proprie attività. Il più cospicuo conteneva l’equivalente di 3 milioni di dollari, una somma importante ma minima rispetto al bilancio totale delle attività di Isis. La ricerca ha inoltre fatto emergere altri conti dai nomi evocativi come quello “finanziamento della lotta islamica” ricondotti poi ad attività di Silk Road e al commercio di droga.
Ghost Security Group si è distaccato dalla rete Anonymous qualche mese fa per divergenze nella strategia alla lotta al terrorismo – l’oscuramento dei profili Twitter riconducibili al Califfato è stato criticato perché privava l’intelligence di importanti informazioni – e per via delle attività spesso illegali condotte da Anonymous. Nell’attività di monitoraggio Ghost collabora inoltre con altre realtà quali Controlling Section, Katiba des Narvalos, and Peshmerga Cyber Terrorism Unit.
Secondo gli hacker il peso della moneta virtuale nel bilancio di Isis oscilla tra l’1 e il 3%, ossia tra i 4,7 ai 15 milioni di dollari, una minima parte rispetto ai 520milioni annuali stimati dal Dipartimento del Tesoro americano. Le fonti primarie per il finanziamento di Daesh restano la rapina, la vendita di petrolio, il pagamento dei riscatti, la vendita di tesori archeologici e le donazioni.
L’effettivo peso di Bitcoin e delle cryptocurrencies è stato perciò sopravvalutato. Oltre al dinaro, moneta ufficiale nei territori occupati, ciò che muove la macchina di Isis e tutte le economie dell’area è un sola moneta: il dollaro.
Fonte http://www.startmag.it/