Cinque delle più grandi compagnie di asset management d’Europa stanno collaborando a un progetto per valutare se la blockchain, la nascente tecnologia che è alla base della moneta virtuale conosciuta come bitcoin, possa essere usata per risparmiare miliardi in costi di transazioni commerciali e finanziarie.
E’ quanto riporta il Financial Times, secondo cui le compagnie coinvolte nel progetto, per ora in gran parte segreto, sarebbero Schroders, Aberdeen Asset Management, Columbia Threadneedle Investments, Aviva Investors e Henderson Global Investors.
Si tratterebbe della prima volta che degli asset manager decidono di collaborare per sperimentare la validità della blockchain, un database decentralizzato in grado di tenere traccia dei dati digitali, che funziona come un enorme registro pubblico condiviso, disponibile online.
Secondo il Financial Times, i cinque giganti dell’asset management che partecipano al progetto stanno guardando alle varie applicazioni di questa tecnologia, e in particolare alla possibilità di commerciare titoli non liquidi direttamente l’uno con l’altro.
L’obiettivo sarebbe quello di velocizzare il modo in cui il possesso di titoli illiquidi viene trasferito da un asset manager all’atro, un processo che oggi richiede diversi giorni. Se il progetto avrà successo gli asset manager ritengono di poter ridurre i costi in maniera sostanziale tagliando fuori da questo genere di transazione gli intermediari come le banche e riducendo anche ulteriori spese collaterali e marginali.
Fino ad ora gli asset manager di tutto il mondo non hanno mostrato un grande interesse per questa nuova tecnologia, che secondo i sostenitori rivoluzionerà la finanza del futuro e che avrebbe le potenzialità di impattare il settore dei servizi finanziari con la stessa irruenza rivoluzionaria con cui internet ha cambiato i media e l’entartainment.
La reticenza di molti asset manager può essere in parte spiegata con il fatto che il bitcoin è famoso per le fluttuazioni del suo valore, è stato talvolta legato a gossip e a personaggi ambigui, e soprattutto perché la sua diffusione non è stata finora accompagnata da conoscenze approfondite e disponibili per tutti in merito alle modalità di funzionamento e ai costi che lo sviluppo di questa tecnologia potrebbe implicare.
Se rimarranno però a guardare senza prendere l’iniziativa, le società di asset management rischiano di perdere opportunità accattivanti che altri soggetti sembrano invece avere colto, come R3, un consorzio di banche e società tecnologiche che sta investendo molto nelle potenzialità di questa nuova tecnologia.
http://www.europeanpensions.net
E’ quanto riporta il Financial Times, secondo cui le compagnie coinvolte nel progetto, per ora in gran parte segreto, sarebbero Schroders, Aberdeen Asset Management, Columbia Threadneedle Investments, Aviva Investors e Henderson Global Investors.
Si tratterebbe della prima volta che degli asset manager decidono di collaborare per sperimentare la validità della blockchain, un database decentralizzato in grado di tenere traccia dei dati digitali, che funziona come un enorme registro pubblico condiviso, disponibile online.
Secondo il Financial Times, i cinque giganti dell’asset management che partecipano al progetto stanno guardando alle varie applicazioni di questa tecnologia, e in particolare alla possibilità di commerciare titoli non liquidi direttamente l’uno con l’altro.
L’obiettivo sarebbe quello di velocizzare il modo in cui il possesso di titoli illiquidi viene trasferito da un asset manager all’atro, un processo che oggi richiede diversi giorni. Se il progetto avrà successo gli asset manager ritengono di poter ridurre i costi in maniera sostanziale tagliando fuori da questo genere di transazione gli intermediari come le banche e riducendo anche ulteriori spese collaterali e marginali.
Fino ad ora gli asset manager di tutto il mondo non hanno mostrato un grande interesse per questa nuova tecnologia, che secondo i sostenitori rivoluzionerà la finanza del futuro e che avrebbe le potenzialità di impattare il settore dei servizi finanziari con la stessa irruenza rivoluzionaria con cui internet ha cambiato i media e l’entartainment.
La reticenza di molti asset manager può essere in parte spiegata con il fatto che il bitcoin è famoso per le fluttuazioni del suo valore, è stato talvolta legato a gossip e a personaggi ambigui, e soprattutto perché la sua diffusione non è stata finora accompagnata da conoscenze approfondite e disponibili per tutti in merito alle modalità di funzionamento e ai costi che lo sviluppo di questa tecnologia potrebbe implicare.
Se rimarranno però a guardare senza prendere l’iniziativa, le società di asset management rischiano di perdere opportunità accattivanti che altri soggetti sembrano invece avere colto, come R3, un consorzio di banche e società tecnologiche che sta investendo molto nelle potenzialità di questa nuova tecnologia.
http://www.europeanpensions.net