Vi è piaciuta la sceneggiata “Caccia all’uomo a Parigi?”. Un thriller che nemmeno l’indimenticabile Frenzy di Roman Polanski con Harrison Ford ha uguagliato. Vi è piaciuto? Ai giornalisti italiani è piaciuto: hanno occupato tutta la giornata a raccontare – da dietro transenne lontanissime – cosa stava succedendo. Non vedevano niente, ma li informava la polizia, e si sentivano gli spari, le raffiche, gli scoppi. Erano così eccitati che i giornalisti della Rai avevano il fiato grosso, come se fossero loro lì a sparare e a correre…Poi, a cose fatte, li han fatti avvicinare alla casupola di Saint Denis, tutta devastata da colpi sui muri, finestre rotte. Eh sì, è andata proprio così. I morti ammazzati – disdetta – non racconteranno più chi li pagava e chi li ha istigati. La “mente”, ossia il ragazzo dalla faccia di cammello, è stato ucciso? E’ in fuga? Il thriller continua.
I giornalisti sono stati tenuti occupati un giorno intero dietro quelle transenne. Sicché non hanno avuto tempo di occuparsi di certi particolari, certe sbavatura della narrativa.
Brahim Abdeslam. Per esempio. Uno dei kamikaze. 31 anni, era proprietario a Molenbeek, il quartiere degradato belga, del caffé Les Béguines. Le autorità comunali gli avevano chiuso quel bar – il 5 novembre, per quattro mesi – perché vi si spacciava ed era un covo di piccoli delinquenti. Lui, Brahim era uno che trincava e fumava a più non posso. L’ex moglie Niama: “Si faceva di canne e dormiva tutto il giorno, non aveva lamentele contro l’occidente”: Si viveva, ricorda la ex, con il sussidio di disoccupazione, mille euro mensili.
Questo piccolo delinquente comune, a cui hanno chiuso il bar di cui è padrone il 5 novembre, il 13 novembre è a Parigi. Seduto sulla “terrasse” (ossia sui tavolini fuori, spesso riparati da vetrina) del bistrot di Comptoir Voltaire, n.253 di Bvd Voltaire, ore 21.45. Come racconteranno all‘Express il padrone del bistrot e i camerieri, Brahim s’è seduto tranquillamente al tavolo, non ha gridato Allah Akbar, niente. Un normale avventore. Quando s’è avvicinata la cameriera per prendere “la comanda”, s’è fatto saltare. La cameriera è rimasta ferita all’addome e al torace: ma l’esplosione non era abbastanza forte da ucciderla, è ricoverata non in pericolo di vita.
Una cintura esplosiva stranamente debole.
Un kamikaze che non grida per rivendicare il suo atto, che non uccide nessuno, nemmeno la cameriera che è a un metro da lui..un comportamento innocuo in modo anomalo.
Tanto più che, secondo la narrativa, è lui che in Belgio ha noleggiato la SEAT nera cercata per ogni dove, e trovata parcheggiata a Montreuil, alle porte di Parigi: con dentro 3 (diconsi tre) kalashnikov, cinque caricatori pieni, 11 vuoti….Perché non ha portato una di queste armi al bistro Comptoir Voltaire, e fatto una strage? No. Sembra quasi che il suo compito non fosse di partecipare alle stragi; magari, doveva solo aspettare gli altri e riportarli in auto in Belgio. Così era stato istruito di fare? Da chi? Sta per ordinare una bibita – ed è saltato: è morto solo lui, cintura esplosiva piccola e debole.
Magari – oso dire – radiocomandata da altri?
Lo so che mi darete del pazzo. Ma una impressione del genere ha dato qualche sbavatura negli attentati di Londra, quattro esplosioni simultanee nel metrò il 7 luglio 2005. Io ero là come inviato, e me lo ricordo. I quattro terroristi, abitanti a Luton, lasciano la macchina nel parcheggio di Luton per prendere il treno per Londra: con tanto di bollo orario sul parabrezza, come se dovessero tornare la sera a casa, non finire i loro giorni da kamikaze. Hanno degli zaini. Che esplodono in tre stazioni del metrò. Il quarto, Hasib Mir Husain, di 18 anni, è salito invece su un autobus a due piani; si spargono le prime voci che qualcosa di orribile è accaduto nel metrò. Il bus esce misteriosamente dal suo percorso e si mette in una piazzetta appartata, Tavistock (mai saputo chi ha avvisato l’autista); il giovane – testimonieranno gli altri passeggeri sopravvissuti – si mette a frugare freneticamente nel suo zaino, tutto sudato – e lo zaino gli esplode in faccia. Come sappiamo, era stata indetta una esercitazione che simulava esattamente quella quadruplice esplosione a Londra; forse i quattro ragazzi erano stati ingaggiati per “l’esercitazione” che a loro insaputa diventò reale? Forniti dello zaino che ciascuno di loro aveva? Sono tutti morti, e non possono rispondere.
Anche a Parigi il 13 novembre c’è stata la esercitazione di soccorritori, poliziotti e pompieri proprio mentre avvenivano le stragi. O anche le mancate stragi.
Mancata strage, di sicuro allo Stade de France, durante la partita dove era presente (raccontano) Hollande. Ben tre kamikaze si sono fatti saltare – in modo così maldestro, da ammazzare solo loro stessi e un passante, per caso.
Alle 21.20 uno fa’ saltare la sua cintura esplosiva al livello della porta D dello stadio, riempita di esplosivo fatto in casa e bulloni: è il solo che uccide un uomo, uno che passava troppo vicino.
21.30– Altra esplosione. 1 morto: il solo jihadista. La vetrina del ristorante vicino è solo crepata.
22. Una strada vicina, il terzo jihadista esplode per via della cintura esplosiva che porta; strano, mentre è all’entrata di un vicolo cieco, come se si fosse isolato prima di premere il bottone fatale…
Attenzione: fuori dallo stadio. E prima che la partita finisca. Se si fossero fatti esplodere dopo la partita, mentre i tifosi uscivano a frotte a prendere il metrò. L’agenzia France Presse (AFP) raccoglie lo stupore di una “fonte della polizia” che, sotto anonimato, dice: “E’ incomprensibile. Un miracolo che ci siano state così poche vittime. Concretamente, quel che hanno fatto (i jihadisti, ndr.), a parte suicidarsi, non ha alcun senso. Se volete fare una carneficina, lo fate al momento dell’entrata o dell’uscita degli spettatori…quel che è accaduto a Parigi intra muros ha senso, ma qui ci sono solo dei tizi che si sono suicidati…”.
Ma mica si son fatti saltare, qui, gli assassini. Arrivati, secondo testimoni, su una Mercedes nera nuova, coi vetri oscurati (mica la SEAT a nolo); bianchi, alti 1.85, aspetto magro-atletico, secondo alcuni testimoni oculari, vestiti di abiti neri attillati “senza cerniere lampo”. Perfettamente sbarbati, capelli corti e ben pettinati..
“Sembravano soldati o mercenari, hanno eseguito la cosa come un’operazione militare”, dicono i testimoni. “Ha cambiato il caricatore con calma molte volte, ha sparato alle vetrine verso la strada perché assicurarsi che nessuno filmasse niente o prendesse foto. Tutto è durato sei minuti”.
Che differenza – vero? – fra questi freddi e precisi professionisti e quei pasticcioni che si fanno saltare da sé lontano da tutti, uno mentre ordina qualcosa al Comptoir Voltaire, gli altri allo stadio ma fuori e prima del tempo. Qui professionisti sembrano quasi – posso dire la parola? – kidonim. Certo, ci sono anche di jihadisti bianchi. Alti 1,85 un po’ meno. Con quell’accuratezza, meno ancora.
Altri apppunti: alle 19.30 un avventore entra in un ristorante a tre minuti dal Bataclan; vede arrivare una Polo nera con targa belga. Dentro ci sono quattro persone: “Sembravano dei morti viventi, come fossero drogati”, dice il testimone. Il guidatore e uno dei passeggeri “di tipo europeo, genere convertiti all’Islam”. Suscitano immediati sospetti nell’avventore. Il testimone esce dal ristorante alle 21.30 e quelli sono ancora lì in auto. Dieci minuti dopo apprende delle esplosioni allo stadio, e tenta di chiamare la polizia “almeno 80 volte” per segnalare quei quattro. Mai risposto, la polizia. I quattro hanno avuto il tempo di entrare al Bataclan e fare strage.
E che dite del cellulare trovato buttato via al Bataclan? E’ di uno degli attentatori o permette di risalire a lui: come le carte d’identità e i passaporti abbandonati? Ma c’è di meglio: “Secondo una fonte giudiziaria – scrive Le Figaro – le cinture esplosive avrebbero potuto essere azionate da telefono portatile”. Dunque da altri che dai “kamikaze”? Povere spendibili vittime radiocomandate?
Abdeslam Salah, fratello del defunto (a Comptoir Voltaire) Ibraim, amico del cosiddetto “cervello” dell’operazione Abdelhamid Abbaoud, dopo l’eccidio a Parigi è tornato in auto verso il Belgio. Sono dentro in tre. L’auto è stata fermata dalla polizia tre volte, l’ultima il 14 novembre alle 9 del mattino a Cambrai, ormai a 50 chilometri dal confine belga (in questi momenti qualunque guidatore con la pelle un po’ scura viene fermato per controlli, spiega un avvocato degli arrestati minori) – e gli agenti non hanno trovato niente di strano nel terzetto: la loro scusa sarà che Salah Abdeslam non era stato segnalato ancora come attentatore. Del resto, un uomo si era presentato a ritirare dei soldi in un ufficio postale di Saint Denis mostrando come documento d’identità il passaporto di Salah Abdeslam; a quel punto, è già un ricercato; gli impiegati hanno telefonato alla polizia; disdetta, la polizia arriva tardi, quando l’uomo è già scomparso coi suoi soldi.
Strana mancanza di zelo – dopo la strage. Ma anche prima, non c’è male. Manuel Valls, il primo ministro di Hollande, aveva ricevuto l’offerta dai siriani di una lista dei jihadisti francesi: l’ha rifiutata. Sdegnosamente. Non hanno bisogno di farsi aiutare dai servizi del mostro Assad.
Ma non credetemi. E’ una teoria del complotto. E Francois Hollande e il governo francese hanno già annunciato in marzo che, Hollande, disturbato dalle versioni non-ufficiali che giravano sull’eccidio di Charlie Hebdo, aveva promesso di rendere illegali le teorie del complotto. “Bisogna prendere coscienza che le tesi complottiste si diffondono via internet e le reti sociali. Ora, dobbiamo ricordarci che è stata per via della parola che si è preparato lo sterminio (della Shoah!). Dobbiamo agire a livello europeo, ed anche internazionale, perché venga definito un quadro giuridico definito, e che le piattaforme internet (…) siano messe di fronte alle loro responsabilità, e sanzioni siano elevate in caso di mancanza”.
Una lettrice mi avverte che dalla Francia non si possono aprire i miei articoli.
Strano.
PS – Per foruna Putin batte il ferro finché è caldo. La sua aviazione ha distrutto 5oo carri-cisterna destinati a portare il petrolio dell’ISIS in Turchia per la raffinazione. Devono essere camion turchi. Un costo finalmente per Erdogan. Bisogna far presto perché i finanziatori, armatori e arruolatori dei “terroristi islamici” si stanno riorganizzando, e rimangiandosi la “Lotta al Califfato” che avevano sottoscritto appena dopo il mega-attentato a Parigi. Il governo USA ha appena deciso l’invio all’Arabia Saudita (ossia ai terroristi) di 19 mila bombe d’aereo, al prezzo di 1,29 miliardi di dollari. Duemila bombe sono fra le 500 e le 2 mila libbre, 1500 sono bunker buster (per distruggere bunker sotterranei) e 6 mila sono bombe a guida laser. E Obama, Hollande eccetera hanno ripreso a dire che “non possono nemmeno immaginare” che l’ISI sia sconfitto se, prima, non viene deposto Assad…La guerra civile quindi continuerà. Con l’aiuto delle 19 mila bombe di cui sopra.
Inoltre, sta per riprendere la guerra in Ucraina contro il Donbass – una occasione da non perdere per demonizzare di nuovo Putin come prima dell’attentato a Parigi.
http://www.maurizioblondet.it/parigi-qualche-kamikaze-era-radiocomandato/