«Le preoccupazioni relative all’aggravarsi della situazione del debito sovrano dei paesi dell’area euro potrebbero portare alla reintroduzione, in uno o più paesi di valute nazionali o, in circostanze particolarmente gravi, all’abbandono dell’euro» si legge nel report. Inoltre, da pagina 66 in poi: «L’uscita o il rischio di uscita dell’euro da parte di uno o più paesi dell’area euro e/o l’abbandono dell’euro quale moneta, potrebbero avere effetti negativi rilevanti sia sui rapporti contrattuali in essere, sia sull’adempimento delle obbligazioni da parte del Gruppo UniCredit e/o dei clienti del Gruppo UniCredit, con conseguenti effetti negativi rilevanti sull’attività e sui risultati operativi e sulla situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria del Gruppo UniCredit».
È la prima volta che un atto ufficiale di una potente banca italiana parla di una tale ipotesi decidendo di mettere in guardia i risparmiatori anche da una possibile dissoluzione della moneta unica. UniCredit poi lo fa proprio nel momento in cui ha chiesto denaro ai propri azionisti. L’Istituto bancario vale oggi la metà di quanto capitalizzava a fine ottobre 2011. Il valore della banca si aggira attualmente attorno a 8,6 miliardi. I tempi in cui l’UniCredit in Borsa valeva circa 100 miliardi (primavera 2007), sembrano appartenere ad un’epoca remota.
Un segno dei tempi che mutano. Nell’era della Guerra Fredda si sarebbe citato come evento “High Risk” un eventuale missile atomico contro la sede della Banca, mentre d’ora in poi si citerà regolarmente l’eventuale deflagrazione dell’Euro.
Del resto questi prospetti sono regolati da precise normative: risulta dunque molto più difficile e pericoloso dissimulare certi rischi che non possono più essere ignorati. Questo prospetto non ha lo scopo di rendere note le previsioni del Gruppo rispetto ai mercati, bensì di avvertire l’investitore degli eventuali rischi dell'investimento.
E per l’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Raghuram Rajan, intervenuto sulla Cnbc, « l’area euro potrebbe non sopravvivere alla crisi così come è, ovvero come un blocco».