NEW YORK – L’impatto ambientale del consumo di carne è molto più devastante di quanto non si sia pensato fino ad ora. Lo affermano gli scienziati americani Robert Goodland e Jeff Anhang, co-autori di Livestock and Climate Change, uno studio pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole World Watch magazine dove affermano che oltre metà dei gas serra (o GHG) prodotti oggi dall’uomo sono emessi dagli allevamenti industriali di bestiame.
Già nel suo dossier del 2006 Livestock's long shadow (La lunga ombra del bestiame) la Fao aveva attestato come il settore della produzione di carne sia causa del 18% delle emissioni totali di gas serra dovute alle attività umane: una percentuale simile a quella dell'industria e molto maggiore di quella dell'intero settore di trasporti (che ammonta a un 13,5%).
Ma secondo le più recenti rilevazioni effettuate da Goodland e Anhang il bestiame e i suoi sottoprodotti immettono nell’atmosfera oltre 32.6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno, ovvero il 51 % delle emissioni di GHG prodotte annualmente nell’intero pianeta.
La carne presente nella nostra dieta è responsabile, insomma, dell'immissione in atmosfera di una quantità di gas serra - anidride carbonica (CO2), metano, ossido di azoto e simili – ben maggiore di quella immessa dai mezzi di trasporto o dalle industrie. Il motivo? Per la produzione di 225 grammi di patate si emette una quantità di CO2 pari a quella generata dal guidare un'auto per 300 metri. Per la stessa quantità di asparagi, è come guidare la stessa auto per 440 metri. Per la carne di pollo, molto di più: 1,17 km, per il maiale 4,1 km, per il manzo 15,8 chilometri.
La conclusione dei due ricercatori è drastica quanto inevitabile: “Per invertire il devastante trend che sta inesorabilmente modificando il clima del pianeta Terra basterebbe sostituire i prodotti animali con quelli a base di soia o di altre colture vegetali. “Questo approccio avrebbe effetti molto più rapidi sulle emissioni di GHG e sull’effetto serra di qualsiasi altra iniziativa per rimpiazzare i combustibili fossili con energia rinnovabile”, affermano i due esperti.
Non si tratta, insomma, dell’ennesima moda alimentare o imperativo etico-religioso ma di una condicio sine qua non per assicurarsi che il nostro meraviglioso pianeta esista ancora per i figli dei nostri figli. Prima che sia troppo tardi.
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