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lunedì 30 novembre 2009

L’acqua è un bene comune

COMUNICATO STAMPA
L’acqua è un bene comune: privata della sua gestione pubblica non lo è più Da anni Legambiente è parte di un movimento più vasto di critica radicale all’attuale modello di gestione delle risorse idriche, sia che ci si occupi dell’acqua in Italia sia che ci si confronti con i
temi del suo uso planetario. Suscita infatti preoccupazione l'ingresso sempre più massiccio nella gestione dei servizi idrici di gruppi multinazionali, in cordata fra loro o in partnership con società
multiutilities nate dalla fusione di ex-aziende municipalizzate.
L’acqua in quanto diritto fondamentale e bene comune, non può diventare appannaggio di pochi. La privatizzazione incontrollata delle reti idriche, stimolata dalla falsa illusione di una migliore gestione, porterà di fatto ad un nuovo terribile divario tra ricchi e poveri, perché solo chi potrà pagare avrà la possibilità di usufruire del servizio. Sul fronte dei costi l’acqua a gestione privata in bottiglia oscilla tra i 20 e i 50 centesimi al litro (a cui bisognerebbe aggiungere il costo di smaltimento come rifiuto o di riciclaggio delle bottiglie).
L’acqua a gestione privata degli acquedotti ha finora visto esperienze solo negative: a Latina, uno dei primi laboratori della privatizzazione, i costi sono aumentati fino a 300 volte con promesse
mancate sugli investimenti. Aumenti astronomici anche nelle esperienze della provincia di Frosinone. Ad Arezzo dove da oltre 10 anni la gestione è stata affidata ai privati, si riscontrano le
tariffe più alte d’Italia. L’acqua a gestione pubblica degli acquedotti in media i cittadini italiani la pagano 52 centesimi di euro al metro cubo (mille litri).Insomma costa mille volte meno delle minerali e decisamente meno delle acque pubbliche gestite dal privato.
D’altra parte il privato ha come obiettivo di impresa la  assimizzazione del profitto, quindi come pensare che una gestione privata possa migliorare la fornitura di un bene comune?
Eppure in Italia invece si sta scegliendo deliberatamente di penalizzare una gestione pubblica, che molte volte ha garantito il principio delle 3 E: Efficienza, Efficacia, Economicità, a fronte di un
processo di parziale privatizzazione che, al contrario, ha comportato generalmente un aumento dei costi di gestione e benefici sostanzialmente nulli per ciò che riguarda la riduzione degli sprechi,
dalle perdite degli acquedotti, fino all'uso terribilmente inefficiente delle risorse idriche in agricoltura.
Ma non solo: la privatizzazione penalizza tutti quegli enti locali virtuosi che, con impegno, hanno amministrato coscienziosamente un bene comune, da oggi divenuto regalo per le multinazionali.
Sostenere con forza la gestione pubblica dell’acqua sarà per i prossimi mesi compito prioritario per Legambiente, promuovendo una campagna contro la mercificazione del bene acqua, appoggiando
tutte le iniziative rivolte al mantenimento della gestione pubblica del bene. Auspichiamo che tutte le Pubbliche Amministrazioni, in linea con quelle di Sommacampagna, Fumane, Valeggio Castelnuovo Sant’Ambrogio e Povegliano che già hanno deliberato un
impegno a mantenere pubblico il servizio idrico, facciano altrettanto, promuovendo campagne di sensibilizzazione per un uso corretto e senza spreco della risorsa acqua. Veniamo alle proposte che una buona gestione pubblica dovrebbe far proprie: Elaborazione di un piano che faccia perno sulla gestione della risorsa disponibile in
alternativa alla tradizionale gestione della domanda, ovvero una corretta gestione della risorsa idrica che da una parte riduca la domanda e i consumi e dall’altra incrementi l’efficienza degli usi. Ripensare da subito il sistema di irrigazione dei terreni agricoli, quasi totalmente fondato sulla modalità ad aspersione o a pioggia, per riconvertirlo il più possibile ai sistemi di microirrigazione e a goccia, che possono garantire almeno il 50% del risparmio
di acqua utilizzata. Rivedere completamente il sistema di tariffazione degli usi dell’acqua, con un sistema di premialità che valorizzi le esperienze più virtuose e penalizzi gli sprechi e gli usi impropri. Trovare le risorse economiche per l’ammodernamento progressivo degli acquedotti e delle reti cittadine di distribuzione, eliminando progressivamente le molte perdite delle reti esistenti ( Verona disperde il 28% di quella immessa i rete, dato Ecosistema Urbano 09). Potenziare il sistema dei controlli preventivi da parte degli enti locali, ma anche di quelli repressivi da parte delle forze dell’ordine, dei prelievi abusivi di acqua dalle aste fluviali e dalle falde, così come occorre aggiornare il censimento dei pozzi di prelievo idrico ed irriguo. Incentivare l’uso di “sistemi duali” per recuperare le acque piovane o per riutilizzare le acque grigie depurate per gli usi domestici meno nobili, come lo scarico del wc, partendo quantomeno dalle nuove edificazioni, ma anche la diffusione di quegli strumenti semplici ma utili per risparmiare acqua come ad esempio i riduttori di flusso per i rubinetti e le docce o gli scarichi a doppio tasto del water.

Verona, 24 novembre 2009
LEGAMBIENTE VERONA