Quattro studiosi hanno inviato in Vaticano un esposto contro il
divieto ai frati dell'Immacolata di celebrare la messa in rito antico.
"È una sanzione in palese contrasto con il motu proprio 'Summorum
pontificum' di Benedetto XVI"
di Sandro Magister
ROMA, 17 settembre 2013 – Il divieto imposto da papa Francesco
ai frati francescani dell'Immacolata di celebrare la messa in rito
antico continua a suscitare vivaci e diffuse reazioni.
Nel darne notizia, lo scorso 29 luglio, www.chiesa titolò così:
> La prima volta che Francesco contraddice BenedettoIn
realtà, quella libertà di celebrare la messa in rito antico che papa
Joseph Ratzinger aveva assicurato a tutti col motu proprio "Summorum
pontifiicum" oggi non ha più estensione universale, perché è stata
revocata dal suo successore a una congregazione religiosa e
conseguentemente anche ai fedeli che assistevano alle sue messe.
Con contraccolpi che investono l'intera Chiesa.
Molti
amanti della tradizione temono infatti che questa restrizione apportata
a un caposaldo del pontificato di Benedetto XVI diventi presto un
impedimento più generale.
Così come, sul fronte opposto, altri
invocano che la messa in rito antico sia relegata definitivamente al
passato e salutano nel divieto imposto da papa Francesco ai francescani
dell'Immacolata un primo passo in questa direzione.
I francescani
dell'Immacolata hanno ubbidito. Ma c'è chi non si è arreso e ha inviato
in Vaticano una critica serrata del decreto con cui la congregazione
per i religiosi – con l'esplicita approvazione del papa – ha intimato ai
frati il divieto di celebrare la messa in rito antico.
Gli
autori di questa analisi critica sono quattro rinomati studiosi
cattolici: Roberto de Mattei, storico e autore di una rilevante
ricostruzione in chiave tradizionalista del Concilio Vaticano II, Mario
Palmaro, filosofo del diritto, Andrea Sandri, esperto in diritto
costituzionale, e Giovanni Turco, filosofo. I primi due insegnano
all'Università Europea di Roma, il terzo all'Università Cattolica di
Milano, il quarto all'Università di Udine.
I quattro –
costituitisi in una commissione di studio denominata "Bonum veritatis" –
hanno inviato il 14 settembre il loro esposto al cardinale João Braz de
Aviz, prefetto della congregazione che ha emesso il decreto, quella per
gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, e per
conoscenza ad altri dirigenti vaticani: al segretario di Stato entrante
Pietro Parolin, al cardinale Raymond L. Burke, presidente del tribunale
supremo della segnatura apostolica, all'arcivescovo Guido Pozzo,
segretario della pontificia commissione "Ecclesia Dei".