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lunedì 22 luglio 2013

Il Mito del Buon Sindaco (PD) di Salerno Sommersa dai Debiti e ad un Soffio dalla Bancarotta (Detroit Made in Italy)

Che bello avere come vice-ministro (Infrastrutture e Trasporti) il Sindaco di Salerno, giornali e TG ci hanno regolarmente stracciato l’apparato riproduttivo per anni nell’incensare il bravissimo amministratore targato PD capace di fare di Salerno un esempio di buon governo persino in Campania.
E infatti Salerno è sommersa dai debiti e ad un passo dalla bancarotta. Ci riusciva anche mia nonna a “buongovernare” così.
Il trucchetto che ha permesso al Comune di Salerno di tenere assieme il bilancio è il solito, ovvero quello dei residui attivi, cioè considerare buoni crediti farlocchi e inesigbili da decenni. Si tratta di uno zuccherino da 368 milioni (di residui attivi), buona fortuna per la riscossione
Ma il giochetto pare stia finendo (insieme con i soldi dello Stato).
Il Fatto Quotidiano ha pubblicato recentemente un impietoso articolo che fa il punto della situazione e francamente a leggerlo a me viene in mente l’epopea del primo Bassolino, quello che aveva fatto tornare Napoli agli antichi fasti.
Che tristezza. Ah giusto ma ora De Luca potrà divertirsi a creare “residui attivi” direttamente dal governo.
Salerno, si allarga il buco di bilancio. E il sindaco De Luca pensa di lasciare
Di fronte alla “voragine” dei conti pubblici, il primo cittadino e vice ministro Pd sta valutando di lasciarsi decadere dalla prima carica. Per lasciare il cerino acceso in mano a chi verrà dopo. E poi, chissà, ripresentarsi tra un anno per salvare la patria. Eppure le cifre parlano chiaro: un debito complessivo di circa 365 milioni di euro
 La bolla sta per scoppiare. L’avvisaglia seria si è avuta ad aprile, quando per la prima volta gli stipendi dei dipendenti comunali sono stati pagati in ritardo, e l’emergenza è rientrata solo grazie al decreto 35 che ha consentito alla Tesoreria un’anticipazione di 70 milioni di euro di cassa. Ma aSalerno chi è del mestiere sa, e trema: il buco di bilancio si sta allargando. Sta diventando una voragine. Un pozzo senza fondo. Ecco perché il sindaco-vice ministro Pd Vincenzo De Luca, a dispetto di emendamenti ‘ad personam’ che sembrano fatti apposta per salvargli le due poltrone, sta pensando di lasciarsi comunque decadere da primo cittadino. Per lasciare il cerino acceso in mano a chi verrà dopo. Eppoi, chissà, ripresentarsi tra un anno – il mandato interrotto prima della metà non viene conteggiato – come il salvatore della patria. Dopo aver spogliato i panni diuntore dei conti per indossare quelli di medico. Di una malattia che si manifesta con cifre da brividi per una città di 133.000 abitanti.
Un risultato di amministrazione precipitato dal più 1.500.000 euro del 2010 al meno 6.100.000 del 2012. Un debito complessivo di circa 365 milioni di euro di cui 110 per la spesa corrente (54 nelle sole società partecipate, tra le quali quella del trasporto pubblico ormai al collasso), 250 milioni per spese di investimento e 5 milioni per spese di altra natura. Un precario equilibrio contabile che si regge sul castello di carte di 368 milioni di residui attivi, crediti non riscossi, diversi dei quali risalenti anche a 20-25 anni or sono e sostanzialmente inesigibili. Mentre la Corte dei conti flagella l’amministrazione cittadina per spese di personale gonfiate e assunzioni inutili (e sbuca una spesa di 86.000 euro annui per portare il Gonfalone alle manifestazioni istituzionali), e il collegio dei revisori – sorteggiato e quindi ‘indipendente’ dalla politica – in una relazione di 57 pagine esprime critiche severe e preoccupazioni, rivelando altri 3 milioni di euro di debiti nelle municipalizzate che non trovano riscontri nel bilancio e uno “squilibrio tanto evidente che, al 31 dicembre scorso, non risulta restituita al tesoriere parte dell’anticipazione, ottenuta per l’anno 2012, per un ammontare pari ad € 18.486.847,92”. Uno scoperto mica da ridere. Risultato: per correre ai ripari il Comune mette all’asta i gioielli di famiglia, a cominciare dalla Centrale del Latte. La delibera è fresca di stampa: si spera di ricavarne 14-15 milioni di euro, ma è difficile spiegarlo a 50 dipendenti e a 600 tra allevatori e indotto che temeno di finire nelle incertezze della cessione ai privati. Eppoi perché alienare un’azienda che ha appena sfornato quasi 3 milioni di euro di utili?
Ma a Salerno il piatto piange e la finanza creativa messa in campo dall’amministrazione De Luca è un rammendo provvisorio di fragile tenuta. Si pensava di vendere ai privati tre piazze centrali della città, piazza Mazzini, piazza Vinciprova, piazza Cavour, “vuoti urbani che vanno riempiti” nelle intenzioni dei ‘venditori’ con annesso appello agli imprenditori edili interessati ai diritti edificatori, appello caduto nel vuoto per l’intervento del Tar che ha accolto un ricorso di Italia Nostra e ha sospeso le procedure, per l’esultanza dei Figli delle Chiancarelle, popolare network che raggruppa tra luoghi reali della città e luoghi virtuali di Internet l’opposizione a De Luca. Altra idea geniale:permutare immobili di pregio (tipo Palazzo San Marino e Convento di San Michele) in cambio di un po’ di manutenzione stradale e fognaria. L’atto è pronto, vedremo a chi interessa.
Due anni fa vennero gli ispettori del ministero delle Finanze e produssero pagine di fuoco. “Le risultanze contabili (…) paiono comunque già sufficienti per iniziare a delineare la realtà di una gestione finanziaria corrente piuttosto sofferente, che evidenzia una ormai cronica situazione di deficitarietà.” Per poi evidenziare un “grave squilibrio di cassa”. Parole che il governo cittadino sperava di acquattare, e che furono invece amplificate dai pochi consiglieri che fanno opposizione agguerrita, su tutti Roberto Celano (Fratelli d’Italia) e Raffaele Adinolfi (lista civica Principe Arechi). I due criticano le ‘spese correnti’: “Insostenibili per il Comune”. Il parlamentare M5SMimmo Pisano ci va giù durissimo: “Gettati a mare milioni di euro in luci e lustrini buoni solo ad alimentare l’ego e la macchina della propaganda di De Luca”. Il riferimento è alle “Luci d’artista”, la monumentale parata di decorazioni natalizie che secondo alcuni rendiconti costerebbe circa 6 milioni di euro. Aggiungiamoci 5 milioni di perdite per il Teatro Verdi. Mettiamoci i 16 milioni reclamati dalla Corte dei conti. Ricordiamo che i magistrati contabili hanno congelato i beni di una vecchia giunta – ma non quelli di De Luca, assente alla delibera incriminata – che procedette alla stabilizzazione di alcuni contratti. Shakeriamo il tutto e voilà il cocktail De Luca: una città che arranca tra grandi incompiute infrastrutturali e consistenti difficoltà finanziarie”.

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