In tempo di tagli in tutti i settori i senatori garantiscono comunque un aumento del fondo spesa per i gruppi parlamentari. Una norma che non potrà essere modificata alla Camera. Il gruzzolo inizialmente previsto era di 150 milioni: viene ridotto di 30 milioni subito (da 100 a 70), ma aumentato di 40 nel 2013 (da 50 a 90)
di Marco Palombi | 3 agosto 2012
È uno di quegli emendamenti che passano regolarmente inosservati e
vengono altrettanto regolarmente approvati. All’ingrosso c’è scritto più
o meno così: all’articolo X della legge Y sostituire le parole ‘100
milioni’ con le seguenti ‘70 milioni’ e al terzo periodo sostituire ’50
milioni’ con ‘90 milioni’. Firmato: Paolo Giaretta del Pd e Gilberto Pichetto Fratin del PdL, relatori in Senato della spending review. Che vuol dire? si chiederà il lettore. In parole povere che, dentro quel decreto che taglia la sanità e affama gli enti locali per miliardi di euro, dentro quello stesso decreto nel quale non si è riusciti a trovare 38 milioni per garantire duemila esodati del gruppo Finmeccanica,
il Senato ha invece avuto la capacità di scovare altri 10 milioni da
infilare nel fondo di spesa per i gruppi parlamentari, meglio noto come Legge Mancia, vale a dire l’argent de poche
a disposizione degli eletti per foraggiare spesucce nei collegi
d’appartenza (alcuni gruppi come il Pd, va detto, ora li devolvono tutti
ad uno scopo tipo l’emergenza sisma, altri come IdV non partecipano
proprio alla spartizione).
Insomma, se noi traducessimo più o meno
in una lingua comprensibile quelle poche, oscure righe potremmo
scrivere questo: i soldi della Mancia erano 150 milioni, cento
quest’anno e 50 il prossimo. Con un barbatrucco i fondi vengono ridotti
di 30 milioni subito (a 70), ma aumentati di 40 nel 2013 (90 milioni).
Il totale nel biennio, insomma, passa da 150 a 160 milioni. Questa trouvaille – va confessato – la dobbiamo al lavoro di Silvana Mura,
deputata di Italia dei Valori, secondo cui peraltro “ancora peggio è il
fine dell’operazione, anche se questa è una mia illazione e non ho le
prove. Perché infatti spostare la maggior parte della spesa
(guadagnandoci pure 10 milioni) all’anno prossimo? Perché si cerca di
prendere tempo, visto che, considerata la situazione economica e
politica, è probabile che nessuno avrà il coraggio di spartirsi i soldi
del 2012”.
Insomma, spiega la tesoriere di Italia dei Valori,
“conviene spostare il malloppo al 2013 in attesa di tempi migliori e
pure per schivare un mio ordine del giorno già approvato che impegna il
governo a destinare tutti i soldi al terremoto”. Anche l’esecutivo,
peraltro, non è che ci faccia una grandissima figura: “Vede, tace e non
provvede – insiste – Mura perché un membro del governo mi ha detto
chiaro e tondo: noi fino alla fine dell’anno stiamo fermi per rispetto
del Parlamento”.
Per chi si facesse soverchie aspettative
sull’utilità della denuncia, però, va chiarito che non c’è alcuna
possibilità che il decreto venga modificato alla Camera, magari
togliendo 38 milioni al fondo della Legge Mancia per destinarli a quei
duemila esodati rimasti a bocca asciutta in Senato: il governo ha già
chiarito che Montecitorio deve approvare la spending review così com’è,
per mandarla in Gazzetta Ufficiale prima delle vacanze estive. La cosa è
talmente risaputa che a Montecitorio tutti erano convinti che il voto
definitivo sarebbe arrivato venerdì sera e chiusa lì: meglio di no, ha
spiegato un Gianfranco Fini preoccupato dall’immagine
di un Parlamento che si prende il solito mese di ferie , votiamo martedì
o mercoledì prossimo, che fa meno casta. Motivo per cui un manipolo di
disperati ieri s’affannava a non dormire durante la discussione generale
sul provvedimento: “Effettivamente è un po’ inutile”, ammetteva
sconsolato il deputato Touadì (Pd). Il risultato è che i
10 milioni sono assicurati: chiamarla spending review è solo quel tocco
di genio che rende la cosa indimenticabile.
Fonte Il Fatto Quotidiano