Di Gianfranco Bonomini – 5 agosto 2012
Quante volte in queste Olimpiadi abbiamo sentito l’Inno di Mameli?
Tante, forse non quante ci si aspettava ma va bene così. Lo sguardo non
può non cadere sugli altri membri del podio. Tutte le loro tute
riproducono in perfetto stile i colori della bandiera. Penso al
Sudafrica, alla Cina, al Giappone. L’occhio mi scappa verso Federica
Pellegrini appena entrata nel Palazzetto. La tuta è tutta blu, ma un blu
molto scuro. Quasi nero. A migliaia di tifosi la domanda è salita immediatamente in testa: e l’azzurro dove sarebbe?
Forse eravamo stati abituati troppo bene con gli Europei di Calcio e con
la nostra Italia in finale. Tutte le volte che risuonava il nostro inno
nel prepartita, le tute (o maglie da gioco) azzurre risaltavano nel
verde dello stadio, prendendosi tutti i flash dei fotografi e degli
addetti ai lavori. Non si può certo dire che fossero studiate male,
erano delle grandi maglie. E l’azzurro è, non per vantarci, il colore
del cielo e forse il più bello della tavolozza di un pittore. Da sempre
l’azzurro ci rappresenta più del tricolore. E adesso dove sarebbe
finito?
Qualche ironico ha proposto agli atleti di presentarsi con un piatto di spaghetti in mano, per ricordare alla folla che siamo italiani. Non sarebbe una brutta idea. Non intendo assolutamente giudicare l’operato di Giorgio Armani,
che ha avuto carta bianca nello studio delle nuove divise. La mia
critica si rivolge alla Federazione, dimenticatasi quasi del tutto di
specificare nel contratto di lavoro allo stilista italiano che nelle
tute almeno un pizzico di azzurro doveva esserci. Saremo bellissimi da
vedere senza dubbio, ma non sarà facile per uno spettatore non esperto
se siamo atleti italiani o di un remoto stato dell’America Centrale.
Altro caso che sta facendo scoppiare una forte polemica è il pagamento
alle medaglie d’oro di un premio “alla carriera”. Escludendo stati come
la Malesia che sono disposti a pagare 500.00 euro per un oro (ammesso
che ne ricevano uno), noi italiani con la tuta non azzurra risultiamo
membri di una delle nazioni che paga di più, con i nostri 140.000 euro
scuciti per gli olimpionici. Altre nazioni come la Germania si fermano a
circa la metà, la Gran Bretagna fornisce solo un francobollo
celebrativo dell’evento. Gli esperti dicono che le vittorie
all’Olimpiade possono far abbassare lo spread e ridare credibilità al
paese. Se sia una bufala questo non lo so, ma ammettiamo per un momento
che sia vero. Un analista di Fitch sarà sugli spalti a seguire le
premiazioni del fioretto femminile e vedrà tre ragazze sul podio, tutte
vestite alla stessa maniera. Convinto che questo stato debba ricevere un
giudizio positivo sui titolo del debito, cercherà di capire da lontano
la nazione di appartenenza. Vedrà solo tre tute blu scuro, senza
richiami al tricolore. Se ne andrà sconsolato nel suo ufficio e taglierà
ancora il giudizio sui Bot italiani, ignaro del fatto che le tre
olimpioniche erano le nostre campionesse Di Francisca, Errigo e Vezzali. Tutto per una stupida tuta blu scuro. L’azzurro si è perso nel cielo di Londra.