Come i ladri nella notte. A telecamere spente e in seduta notturna, scrive Libero venerdì mattina, i senatori hanno bocciato i tagli ai privilegi della Casta. Il giorno prima che la manovra finanziaria arrivasse a Palazzo Madama, la commissione Bilancio ha votato i provvedimenti da adottare per ridurre i costi della politica annunciati dal ministro Giulio Tremonti. E non li ha fatti passare. Davanti alla Commissione Affari Costituzionali, in precedenza, era pure avvenuta una lunga discussione sugli stipendi degli eletti. Ricca di accenti quasi surreali. Come quello di Andrea Pastore (Pdl) arrivato ad invocare “che si levino voci in difesa del prestigio del parlamento e della dignità della funzione parlamentare, gravemente lesa da campagne diffamatorie che non rappresentano la realtà e alimentano sfiducia nelle istituzioni e in chi le rappresenta” . O quello del senatore Giuseppe Saro(stesso partito) il quale “ritiene che le misure di contenimento dei costi della politica e degli apparati pubblici siano frutto di una deriva populista”. Ma escluso Francesco Pancho Pardi dell’Idv che, racconta il verbale di una delle sedute (mattina del 13 luglio), propone dei tagli a benefit e vitalizi, tutti gli altri componenti della commissione fanno, chi più chi meno, i pesci in barile. L’idea di percepire semplicemente quello che prendono in media i parlamentari delle altre nazioni europee, come proposto dal ministro dell’Economia non piace.
Lo si capisce quando Francesco Sanna, (PD) illustra il suo punto di vista “circa la quantificazione del trattamento economico omni-comprensivo dei parlamentari, in riferimento alla media europea”. Nel resoconto si legge che Sanna propone di “tenere conto dei necessari fattori di ponderazione,con particolare riguardo alla consistenza demografica dei diversi Paesi”. La sua collega di partito Marilena Adamo è d’accordo. Lei infatti “ritiene che la definizione del trattamento economico debba tenere conto del costo della vita che è diverso da un Paese all’altro dell’area euro”. Tradotto: non si può portare la nostra busta paga (la più alta nella Ue) ai livelli medi degli altri Paesi membri. Una considerazione che riempie di gioia Lucio Malan. Il senatore Pdl si “associa” a quanto detto dalla senatrice e “osserva che , in alcuni paesi europei, l’indennità è al netto di altri benefit tra cui, per esempio, l’alloggio gratuito nella Capitale”. Così, poco dopo, il relatore Gabriele Boschetto (Pdl), “manifesta la sua disponibilità ad accogliere gli ulteriori rilievi del senatore Sanna”. Il blitz avviene poi in commissione Bilancio dove il relatore Gilberto Pichetto (Pdl) prevede un adeguamento alla paga non dei 17 paesi euro, ma dei sei “principali”, e i senatori siciliani Fleres e Ferrara inseriscono un altro emendamento che lega gli emolumenti al Pil. Alla fine, come ilfattoquotidiano.it ha avuto modo di accorgersi nel pomeriggio di venerdì, verrà approvato dalla maggioranza un testo che reciterà esattamente queste parole:
“Il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro”.
E qui sorgono i dubbi: cosa deve essere ponderato? La retribuzione del parlamentare rispetto al Pil del singolo stato? O il peso del singolo paese nel concorrere a creare la media delle retribuzioni? E il Pil di riferimento è quello nazionale o quello pro-capite? E poi ancora: quali sono i sei principali stati europei? Quelli con più abitanti o quelli con il Pil (Pil pro-capite??) maggiore? Insomma, un guazzabuglio talmente interpretabile da risultare aperto a qualsiasi futura determinazione.
Al di là degli interrogativi (con una lettera inviata in serata a ilfattoquotidiano.it Sanna e Adamososteranno di non avere nulla a che fare con la norma) il resoconto del Senato, in cui si trovano gli interventi integrali, dei membri della commissione Affari Costituzionali è istruttivo sul clima che si respira in parlamento. Leggendolo si scopre, tra l’altro, che Raffaele Lauro del Pdl “per quanto riguarda la questione dei costi della politica, lamenta come tale questione sia affrontata con modalità improprie, così alimentando la pubblicistica antiparlamentarista che produce una pericolosa disaffezione dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni e dei suoi rappresentanti”. In linea conPastore, che dopo aver invocato“che si levino voci in difesa del prestigio del parlamento e della dignità della funzione parlamentare”, spiega: “L’indennità parlamentare è infatti un istituto necessario per assicurare a deputati e senatori autonomia e indipendenza, e per scongiurare il rischio che alla vita politica accedano soltanto i titolari di redditi particolarmente elevati”.
Merita poi essere letto l’intervento di Barbara Saltamartini del Pdl. La senatrice “ritiene che ciascuno debba assumere con senso di responsabilità i compiti ai quali è chiamato, nell’interesse esclusivo della Nazione. In primo luogo occorre ribadire, di fronte all’opinione pubblica, la legittimazione storica e giuridica dell’istituto dell’indennità parlamentare, nato per assicurare ai rappresentanti del popolo l’autonomia e l’indipendenza necessarie per svolgere con equilibrio – e senza condizionamenti – il mandato politico. Inoltre, l’indennità parlamentare serve al deputato e al senatore per poter svolgere con la massima efficacia la propria attività politica. Ciò che, a suo avviso, rappresenta un intollerabile onere a carico della finanza pubblica, difficilmente giustificabile davanti ai cittadini, è da una parte l’attribuzione di ulteriori indennità ad alcuni parlamentari in ragione di particolari cariche ricoperte all’interno della Camera di appartenenza e, dall’altra, l’insieme delle spese e dei costi per gli apparati burocratici, i quali spesso godono di trattamenti privilegiati. Di fronte all’esigenza di ridurre il debito pubblico, che grava ormai da diversi decenni sull’Italia, occorre a suo avviso dare piena attuazione al combinato disposto degli articoli 53 e 81 della Costituzione, responsabilizzando coloro che amministrano la cosa pubblica, a tutti i livelli di governo, ad un uso virtuoso delle risorse. Ciò anche al fine di rendere quanto più credibili gli interventi di contenimento della spesa, con gli inevitabili effetti a carico dei cittadini e delle famiglie”.
Articolo aggiornato alle 10.30 di sabato 16 luglio
Lo si capisce quando Francesco Sanna, (PD) illustra il suo punto di vista “circa la quantificazione del trattamento economico omni-comprensivo dei parlamentari, in riferimento alla media europea”. Nel resoconto si legge che Sanna propone di “tenere conto dei necessari fattori di ponderazione,con particolare riguardo alla consistenza demografica dei diversi Paesi”. La sua collega di partito Marilena Adamo è d’accordo. Lei infatti “ritiene che la definizione del trattamento economico debba tenere conto del costo della vita che è diverso da un Paese all’altro dell’area euro”. Tradotto: non si può portare la nostra busta paga (la più alta nella Ue) ai livelli medi degli altri Paesi membri. Una considerazione che riempie di gioia Lucio Malan. Il senatore Pdl si “associa” a quanto detto dalla senatrice e “osserva che , in alcuni paesi europei, l’indennità è al netto di altri benefit tra cui, per esempio, l’alloggio gratuito nella Capitale”. Così, poco dopo, il relatore Gabriele Boschetto (Pdl), “manifesta la sua disponibilità ad accogliere gli ulteriori rilievi del senatore Sanna”. Il blitz avviene poi in commissione Bilancio dove il relatore Gilberto Pichetto (Pdl) prevede un adeguamento alla paga non dei 17 paesi euro, ma dei sei “principali”, e i senatori siciliani Fleres e Ferrara inseriscono un altro emendamento che lega gli emolumenti al Pil. Alla fine, come ilfattoquotidiano.it ha avuto modo di accorgersi nel pomeriggio di venerdì, verrà approvato dalla maggioranza un testo che reciterà esattamente queste parole:
“Il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro”.
E qui sorgono i dubbi: cosa deve essere ponderato? La retribuzione del parlamentare rispetto al Pil del singolo stato? O il peso del singolo paese nel concorrere a creare la media delle retribuzioni? E il Pil di riferimento è quello nazionale o quello pro-capite? E poi ancora: quali sono i sei principali stati europei? Quelli con più abitanti o quelli con il Pil (Pil pro-capite??) maggiore? Insomma, un guazzabuglio talmente interpretabile da risultare aperto a qualsiasi futura determinazione.
Al di là degli interrogativi (con una lettera inviata in serata a ilfattoquotidiano.it Sanna e Adamososteranno di non avere nulla a che fare con la norma) il resoconto del Senato, in cui si trovano gli interventi integrali, dei membri della commissione Affari Costituzionali è istruttivo sul clima che si respira in parlamento. Leggendolo si scopre, tra l’altro, che Raffaele Lauro del Pdl “per quanto riguarda la questione dei costi della politica, lamenta come tale questione sia affrontata con modalità improprie, così alimentando la pubblicistica antiparlamentarista che produce una pericolosa disaffezione dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni e dei suoi rappresentanti”. In linea conPastore, che dopo aver invocato“che si levino voci in difesa del prestigio del parlamento e della dignità della funzione parlamentare”, spiega: “L’indennità parlamentare è infatti un istituto necessario per assicurare a deputati e senatori autonomia e indipendenza, e per scongiurare il rischio che alla vita politica accedano soltanto i titolari di redditi particolarmente elevati”.
Merita poi essere letto l’intervento di Barbara Saltamartini del Pdl. La senatrice “ritiene che ciascuno debba assumere con senso di responsabilità i compiti ai quali è chiamato, nell’interesse esclusivo della Nazione. In primo luogo occorre ribadire, di fronte all’opinione pubblica, la legittimazione storica e giuridica dell’istituto dell’indennità parlamentare, nato per assicurare ai rappresentanti del popolo l’autonomia e l’indipendenza necessarie per svolgere con equilibrio – e senza condizionamenti – il mandato politico. Inoltre, l’indennità parlamentare serve al deputato e al senatore per poter svolgere con la massima efficacia la propria attività politica. Ciò che, a suo avviso, rappresenta un intollerabile onere a carico della finanza pubblica, difficilmente giustificabile davanti ai cittadini, è da una parte l’attribuzione di ulteriori indennità ad alcuni parlamentari in ragione di particolari cariche ricoperte all’interno della Camera di appartenenza e, dall’altra, l’insieme delle spese e dei costi per gli apparati burocratici, i quali spesso godono di trattamenti privilegiati. Di fronte all’esigenza di ridurre il debito pubblico, che grava ormai da diversi decenni sull’Italia, occorre a suo avviso dare piena attuazione al combinato disposto degli articoli 53 e 81 della Costituzione, responsabilizzando coloro che amministrano la cosa pubblica, a tutti i livelli di governo, ad un uso virtuoso delle risorse. Ciò anche al fine di rendere quanto più credibili gli interventi di contenimento della spesa, con gli inevitabili effetti a carico dei cittadini e delle famiglie”.
Articolo aggiornato alle 10.30 di sabato 16 luglio
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/15/i-senatori-nella-notte-si-salvano-i-privilegi-si-produce-disaffezione-non-parliamone/145631/