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martedì 4 ottobre 2011

Perchè è doveroso abbattere gli alberi

di Renzo Segala , 19 settembre 2011
renzo segala, foto di Antonella Iovino
L'arringa completa del Pubblico Ministero, avv. Renzo Segala, durante il Processo agli alberi celebrato in piazza dei Signori venerdì scorso.

Eccheccazzo!
Scusate se mi inalbero subito, ma certi discorsi, vecchi, triti, lignei, contorti e ombrosi non andrebbero neppure pensati, e qui invece, noi addirittura!, si discute di alberi!.
Si fa il pure il processo. Il processo… con tutti delinquenti che ci sono in giro questi qua pretendono il processo agli alberi! Cose da pazzi!  Perdiamo il nostro prezioso tempo per parlare di quattro pezzi di legno marcio con tutti i problemi seri che ci sono a Verona.
L’unico discorso serio, risolutivo sul problema alberi, va fatto in un solo colpo e a denti stretti, quelli della sega circolare però!. Punto e a capo!
Ma siccome ci sono i soliti quattro gatti, (rognosi!..e col pelo rossiccio.. senza offesa),  che non avendo di meglio da fare, discutono, protestano, in altre parole, danno fastidio, discutiamone pure!  Siamo democratici, vabbene, tanto qui, a casa nostra, ormai bisogna dar bado a tutti, anche a coloro che cercano di mettere i bastoni tra le ruote. A coloro che ostacolano il progresso, che invidiano e odiano quelli che invece senza troppi se e troppi ma mettono in essere la vera politica del fare, quelli che non stanno con le mani in mano, quegli uomini d’un pezzo, quelli che la sega non è un vezzo!. 
E tanto per cominciare, per addentrarci nel discorso alberi, questi famosi bastoni che si vogliono mettere fra le ruote della macchina del progresso da dove crediate provengano?.  Dal nulla? No signori, è l’albero che fornisce questi intralci: rami, ramaglie, bastoni, bastoncini, tronchi e tronchetti… tutta roba per ostacolare la gente che lavora sul serio, che non ozia all’ombra delle fronde.
Ecco a cosa servono poi gli alberi, a creare l’ombra dove gli scansafatiche vanno a girare a vuoto i loro pollici rammolliti, dove perdono tempo in chiacchiere, spesso pure maligne e tendenziose.
L’uomo moderno se ha bisogno di fresco accende l’aria condizionata, nelle banche, nelle assicurazioni, in ufficio in macchina, in posti dove si produce, non sta seduto all’ombra di un coso di legno che non si muove e dove intorno al massimo ci trovi foglie e inutile erba.
L’albero quindi plaude al bighellone, induce all’ozio, e quindi pure al vizio. Inoltre l’albero è dannoso, oltre allo spirito, anche alla salute poiché è notoriamente insalubre.
L’albero signori miei è portatore di insetti e malattie, ricettacolo di vermi, formiche e  lombrichi. Un condominio per nidi di vespe. Un cesso a cielo aperto per cani e ubriachi, un ostello per  tutte le razze di uccelli scagazzatori che, al passaggio dell’uomo probo e ben vestito, defecano sul suo cappotto di cammello o sulla bella giacca di organzino della sua signora.
Ecco cosa servono gli alberi!, a sporcare di foglie gialle e marcescenti i marciapiedi, a rovinare l’asfalto con quelle odiose radici che sbucano dal profondo e spaccano tutto quello che incontrano.
E sono costi per gli onesti cittadini. costi che con una bella sega si eliminano una volta per tutte.
L’albero si diceva è inutile e dannoso. E pure pericoloso. Una statistica americana ha accertato che la maggiore causa della morte dei bambini che si schiantano con il triciclo sono proprio gli alberi!. E il 93% delle coppie di  giovani che si dichiarano amore sotto gli alberi si separa entro un anno, mentre il rimanente 7% muore di tetano a seguito delle ferite da temperini arrugginiti, nell’incidere i loro nomi sulla corteccia. E questi sono dati del ministero, mica le solite minchiate ambientaliste inattendibile e faziose.
E poi i signori ambientalisti, verdi, e intellettuali in genere  che si vantano di leggere mille libri, quotidiani, bollettini, giornaletti vari, quanta cellulosa sprecano per niente, per darsi solo delle arie, per farsi vedere in piazza con il pacco di giornali sotto braccio?.
Sono loro i veri nemici degli alberi, non il popolo, la gente comune, che non spreca la carta se non per avvolgere la mortadella o al massimo giocare a briscola.
Ma guardiamo avanti, prendiamo invece esempio da realtà solide, moderne, quelle che portano benessere. Ad esempio l’avete mai visto un circuito di formula uno circondato da alberi?. Quello si che è un settore d’avanguardia!, e se con tutti quegli sponsor che girano in quell’ambiente hanno tolto gli alberi da lì ci sarà pur stata una ragione seria. O no?.
Inoltre, e qui vorrei fare un discorso un po’ più colto che non guasta mai, l’albero è pure triste, tetro e porta sfiga! Ve lo ricordate Luigi Tenco? Quello si è suicidato proprio appena dopo aver composto una canzone dedicata appunto ad un albero: ..e l’ontano, l’ontano, nel tempo … E il noce, lo dice la parola stessa: è nocivo! Per non dire del pero: è un pero!, una cosa negativa: mi hai tirato un pero, sei un pero. E il cipresso, quello ci pressa. E tralascio ogni commento sul sambuco!. Suvvia! Siamo seri!.
L’albero è indiscutibilmente  mena gramo. Come il melograno di Giosuè Carducci appunto. Ve lo ricordate “l’albero a cui tendevi la pargoletta mano”?, foriero di una sfiga tremenda, un disastro, una tragedia: dodici bambini morti!. “Sei nella terra fredda, sei nella terra negra..” te li do io “i bei vermigli fior”!, ma va a ciapà i rat!. Si, proprio i rat… i topi, le pantegane, serpenti!.
E il serpente che porse ad Adamo la famosa mela che tanti guai portò all’umanità dove credete che avesse tana? Al Due Torri?, no signori miei, sul maledetto albero, l’albero del peccato, della tentazione, l’albero dei nemici di Dio!
Si parla tanto di abbattere la spesa pubblica, abbattere i costi, e quando si decide di iniziare ad abbattere seriamente qualcosa, gli alberi ad esempio, ecco subito levarsi gli scudi, ecco il sempiterno coro dei no, il no a tutto, no al traforo, no all’autodromo, no alla TAV, no alle grandi opere pubbliche, no alla vendita dei palazzi decrepiti.
Vorrei infine essere propositivo e fare un doveroso distinguo perché non è  che per principio si deve essere contrari agli alberi. Come negli uomini ci sono quelli buoni (noi) e quelli cattivi (quelli che vengono da fuori), così anche fra gli alberi ci sono quelli cattivi, che meritano solo la sega, e quelli buoni, che aiutano l’uomo a progredire, come ad esempio l’albero a motore, che se pompato a dovere ci scorazza in giro con grande goduria, oppure quello genealogico indispensabile per capire a chi assegnare una casa o un lavoro.
Quindi, signori miei, siamo realisti: ci sono quattro, otto, dodici che siano, alberi che rompono le balle, che ostacolano la realizzazione di un parcheggio?. La risposta è una sola: sega, sega e poi sega!. A nastro, elettrica, rotonda, ben tesa, ad archetto, a mano, a due mani, o a trecento denti, col ciuffo, come volete voi, ma altre soluzioni non ce ne sono proprio.
Eccheccazzo!, Ma dove volete che la parcheggi poi la mia AUDI? Nella biblioteca?, nel parco dell’Adige? Sul nido del cùculo?.
In conclusione di queste modeste riflessioni sull’inutilità e la pericolosità degli alberi, viste anche le dotte ma inutili testimonianze  introdotte dalla difesa, parole vacue di sconosciuti personaggi del passato, io vorrei citare come unica ma decisiva testimonianza di questa pubblica accusa il grande poeta padano Pino Disbosco. Purtroppo Pino in questi giorni è un po’ abbattuto perché costretto INGIUSTAMENTE, e sottolineo ingiustamente, in angustie a causa della solita toga rossa che per fortuna gli ha concesso gli arresti domiciliari, ma sarà libero a giorni, e quindi mi permetto di recitare io uno dei suoi capolavori.
RADURA DURA
(senza paura) 
I lecci son lerci, lercia è la quercia.
Se sei saggio abbatti il faggio,
e sega solerte l’abete.
Per amore dei tuoi figli, taglia i tigli,
e pure l’olmo, dalle radici al colmo.
Getta l’acero al macero,
dei pini fanne pezzettini.
Solo l’uomo losco ama il bosco:
se vuoi il progresso distruggi il cipresso.
E vanne fiero, senza ritegno,
che  testa e cuore, ti resteranno
sempre di legno.