Translate

lunedì 28 febbraio 2011

Il Veneto affonda nel fango a causa di anni di saccheggio del territorio e cementificazione ad oltranza, e la Regione approva la cementificazione del Parco del fiume Sile.

Fonte: PAESEAMBIENTE, Gruppo ambientalista di Paese, provincia di Treviso,http://www.paeseambiente.org
Il 26 ottobre scorso la Seconda Commissione del Consiglio Regionale ha approvato una variante del Piano Ambientale del Parco regionale del fiume Sile, con lo scopo di trasformare 95.000 metri quadri di terreno agricolo di Parco in area residenziale per poi farvi costruire fino a 90.000 metri cubi di palazzine.


Il terreno in questione si trova a Morgano (TV), a soli 200 metri dal fiume Sile, per buona parte è coltivato a radicchio rosso di Treviso, poi c’è un boschetto con piante anche secolari ed è confinante con un corso d’acqua naturale, il Rio, abitato da gallinelle d’acqua dolce, ballerine bianche e martin pescatori.
Si tratta di un piccolo angolo di paradiso che andrebbe difeso con le unghie ma che qualcuno vuole cementificare per l’ennesima speculazione edilizia; e così il Veneto, giorno dopo giorno, perde un pezzo del suo ambiente con i conseguenti danni che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Hanno approvato la variante i rappresentanti della Lega Nord e del PDL, contrari IDV, PD, VN ed FS. Il Consigliere Pipitone ha ottenuto che la Commissione vada in sopralluogo sull’area da cementificare prima della data  di approvazione finale della variante da parte dell’aula del Consiglio Regionale del Veneto.
La cementificazione selvaggia, barbara e galoppante del Veneto degli ultimi decenni ha comportato la copertura di milioni di metri quadri di terreno impedendone di conseguenza l’assorbimento naturale dell’acqua delle piogge.
Quest’acqua, che deve ovviamente finire da qualche parte, viene convogliata negli scoli e poi nelle tubature e canali di raccolta i quali vanno a confluire nei nostri fiumi che, come si è visto, in casi di piogge eccezionali come quelle di questi giorni, non riescono a sopportare questi ulteriori carichi d’acqua che un tempo invece veniva assorbita naturalmente dai terreni.
Quindi più si cementifica il territorio più i nostri fiumi ricevono carichi d’acqua e più i nostri paesi e le loro popolazioni diventano a rischio inondazioni.
Dopo l’alluvione ora Zaia chiede a Berlusconi  lo stato di emergenza; visto quello che fa la regione in tema di cementificazione del territorio e prevenzione da rischio idrogeologico direi che in Veneto siamo anche in uno stato di incoscienza, oltre che di emergenza, dove tutti parlano di tragica fatalità senza individuare le vere responsabilità.
Come può la regione approvare la cementificazione di un angolo di paradiso, con due corsi d’acqua nel giro di duecento metri, considerati i gravi danni che può creare in aree come queste?
Cementificazione che ottiene addirittura il benestare del direttore del Parco che ha raccontato alla Commissione regionale che si tratta di un’area degradata e di una zona agricola non coltivata.
Stiamo vivendo in un mondo alla rovescia dove il Parco invece di difendere il territorio stende il tappeto rosso ai palazzinari, ciò non mi sorprende ormai più perché recentemente è stato proprio il Parco a dare l’ok addirittura  ai piloni alti sessanta metri dell’elettrodotto Terna Scorze’-Volpago.
A pochi metri da quest’area ci sono già 15.000 metri quadri di terreno residenziale, con strade e servizi già pronti, che nessuno ancora ha edificato, perché non si utilizza quell’area già predisposta invece di fare man bassa di altro ambiente?
Mi auguro che i giornalisti indaghino per scoprire chi sono quei personaggi locali che ricaverebbero ingenti guadagni da questa cementificazione, comprendendone anche le appartenenze politiche.
Tornando alla regione sott’acqua c’è da evidenziare che non sono ancora stati realizzati i PAI Piani di Assetto Idrogeologico, strumenti  che dovevano introdurre dei vincoli urbanistici allo sviluppo delle zone a rischio, evidentemente c’è stata la volontà politica di non realizzarli perché forse avrebbero bloccato decine di speculazioni edilizie come quella del Parco del Sile.
Ora dobbiamo chiederci quanto costa alle tasche dei cittadini questa politica di permissivismo e complicità nei confronti di chi utilizza il territorio per soli fini di speculazione edilizia.
I cittadini del Veneto riusciranno prima o poi ad uscire da questo torpore e a capire come stanno le cose individuandone finalmente i responsabili?
Andrea Zanoni – presidente di Paeseambiente

Langhe Doc - Storie di eretici nell'Italia dei capannoni

Berlino dice “nein” all’acqua privatizzata


Nella capitale bollette aumentate del 35% in dieci anni
Passa il referendum che chiede il ritorno al control lo pubblico
berlino

Berlino si prepara a far ritorno all’acqua pubblica. Un referendum che punta in ultima istanza ad annullare la privatizzazione parziale della società di gestione dei servizi idrici si è concluso ieri con un trionfo dei sì: ne servivano almeno 616.571, ne sono arrivati 665.713. Un risultato che ha sorpreso gli stessi promotori. In serata, nel tendone da circo a due passi dal vecchio tracciato del Muro che hanno affittato per seguire i risultati, si contavano più giornalisti che sostenitori del referendum.
“Ci speravo, ma non me l’aspettavo più vista la scarsa affluenza in mattinata- racconta Andreas Fuchs, il cassiere del comitato referendario- è la prova che si può fare molto anche con pochi mezzi” ricordando che che il comitato disponeva di appena 12 mila euro ottenuti dalle donazioni. A titolo di paragone: gli organizzatori del referendum sulla religione a scuola, fallito due anni fà, avevano raccolto centinaia di migliaia di euro. “Un bene essenziale come l’acqua non può essere fonte di profitto, vogliamo che torni in mano pubblica-gioisce il portavoce del Comitato Thomas Rodek. “E’ un segnale anche per voi in Italia” aggiunge la sua collega Dorothea Harlin.
Il referendum chiedeva di pubblicare integralmente il contratto con cui nel 1999 il Land di Berlino vendette alle società RWE e Veolia il 49,9% dell’azienda dei servizi idrici comunali (Berliner Wasserbetriebe). Stando a Rudek, dal 2001 le tariffe dell’acqua sono salite del 35% e oggi sono tra le più ate in Germania. A Berlino un metro cubo d’acqua costa 5,12 euro, a Colonia 3,26. Su pressione dei promotori, il comune ha pubblicato a Novembre circa 700 pagine del contratto di privatizzazione parziale: da esse emerge che la città ha garantito alti margini di guadagno a RWE e Veolia. Non solo, ma dal 1999 al 2009 RWE e Veolia hanno incassato più utili di Berlino (1,3 miliardi contro 696 milioni), e questo sebbene la città-stato detenga il 50,1% della Berliner Wasserbetriebe.
Secondo indiscrezioni stampa, nel 1999 vennero firmate altre 5 intese i cui contenuti sono ancora oggi segreti. Ora il parlamento del Land dovrà votare una legge sulla pubblicizzazione integrale del contratto di privatizzazione. In caso di rifiuto il comitato referendario è pronto a fare ricorso. Il suo obiettivo ultimo resta però quello di riportare interamente la Berliner Wasserbetriebe nelle mani pubbliche. Evitando al tempo stesso di replicare quanto successo nella vicina Potsdam, dove la società di gestione dei servizi idrici è stata rimunicipalizzata dieci anni fà ma i prezzi sono aumentati e oggi un metro cubo d’acqua costa più che a Berlino: 5,82 euro.
Sabato il governo cittadino aveva dichiarato inutile la consultazione. Ieri sera il Sindaco Klaus Wowereit a provato a contenere i danni. L’esito conferma la nostra politica, ha spiegato. Berlino è infatti in trattative con RWE per riacquistarela sua quota nella Berliner Wasserbetriebe.
Alessandro Alviani – La Stampa 14.02.2011

venerdì 25 febbraio 2011

Depurare le acque potabili dall'arsenico: il metodo Enea


Arriva dai laboratori del centro di Casaccia dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile la nuova tecnologia di abbattimento dell’arsenico dall’acqua potabile in grado di ridurre il contenuto di arsenico al di sotto dei 10 microgrammi per litro richiesti dalla legge.


La sperimentazione è stata condotta proprio sull’acqua di falda del Centro Ricerche della Casaccia (Roma), che presenta un contenuto di arsenico di poco superiore al limite di legge: i  risultati, con l’abbattimento dell’arsenico fino al 99%, sono stati dunque interessanti.
Per rimuovere dalle acque le sostanze inquinanti i ricercatori Enea hanno utilizzato tecnologie separative mediante membrane, in particolare nanofiltrazione ed osmosi inversa: a queste saranno accoppiati adeguati sistemi dimiscelazione con acqua non trattata per il mantenimento del giusto contenuto salino richiesto dall’acqua potabile e dicontrollo online del processo.
Sulla base di queste ricerche è ora in via di realizzazione un impianto di trattamento dimensionato a produrre 5 metri cubi all’ora di acqua potabile da utilizzare prioritariamente per la mensa aziendale del Centro Ricerche della Casaccia.
Dall’Agenzia fanno sapere che l’approccio adottato non ha alcuna limitazione di scala produttiva, quindi potrebbe essere applicato in molte realtà italiane, dai comuni più piccoli fino a quelli con molte migliaia di abitanti.
Secondo i ricercatori, il problema dell’elevata concentrazione di arsenico nell’acqua potabile, sia pure per cause del tutto naturali e non per contaminazione da parte dell’uomo, è estremamente attuale nel nostro Paese. In questo momento, sono  numerosi i comuni italiani che si trovano nell’impossibilità di utilizzare l’acqua di rete proveniente da falde sotterranee e da acquedotti, perché essa supera il limite di arsenico consentito.

giovedì 24 febbraio 2011

Patto dei Sindaci. Arrivano 7 milioni per l’energia pulita


Lunedì 31 Gennaio 2011 14:01
Quattro milioni di euro per i Comuni e 2 milioni e 800 mila per la Provincia. Queste le risorse disponibili per il teramano per interventi di riconversione e risparmio energetico su edifici e strutture pubbliche ma anche per la realizzazione di iniziative di sistema ( ad esempio la revisione dei regolamenti comunali sull’edilizia) e di progetti che incentivino anche il privato a utilizzare fonti di energia rinnovabile.
Sono i finanziamenti che la Regione ha deciso di investire in in favore di Comuni e Province per l'attuazione del cosiddetto "patto dei sindaci" il programma europeo per il taglio del 20% delle emissioni inquinanti entro il 2020: complessivamente sono oltre 35 milioni di euro per tutta l’Abruzzo (i fondi sono quelli Por Fesr Asse II Energia). Per cogliere questa opportunità e, soprattutto per farla cogliere ai Comuni, la Provincia – struttura di supporto tecnico accreditata dall’Unione Europea - ha messo a disposizione degli enti locali l’Agenzia per l’Energia che già da qualche mese sta affiancando i Comuni sia per la rilevazione dei consumi energetici sia per la redazione del Seap, il Piano d’azione per l’energia sostenibile senza il quale non è possibile accedere ai finanziamenti. Questa mattina, il presidente Catarra e l’assessore Francesco Marconi, hanno incontrato i Sindaci per spiegare le modalità di accesso ai finanziamenti e per costruire un’agenda operativa. “Siamo stati i primi a crederci e a investire risorse e professionalità in questo programma europeo – ha esordito il Presidente – ora i fatti ci danno ragione: la riconversione energetica di strutture pubbliche e private può dare l’avvio ad un virtuoso circuito che oltre a farci abbattere le emissioni inquinanti in atmosfera e a rendere più vivibili le nostre città, andrà ad incentivare una nuova imprenditoria basata sull’innovazione e sull’alta professionalità. Nel presidente Chiodi abbiamo trovato un interlocutore particolarmente attento e oggi siamo fra le prime Regioni d’Europa a registrare un investimento così significativo sull’economia verde”. I finanziamenti sono stati ripartiti dalla Regione sulla base delle indicazioni del tavolo tecnico, composto sia dalle Province che dall’Anci in rappresentanza dei Comuni, seguendo il criterio del numero dei Comuni e della base demografica” ha dichiarato l’assessore Marconi che ha aggiunto: “la prossima settimana la Giunta regionale ratificherà i criteri e i Comuni potranno già iscrivere in bilancio le somme di propria competenza. Intanto Agena e il settore energia dell’ente è a disposizione per fare l’inventario dei consumi e cominciare a lavorare al Piano d’azione dei Comuni che ne faranno richiesta. Il tavolo tecnico regionale valuterà la congruenza dei progetti e erogherà i finanziamenti. Un percorso agile ma compartecipato che ci metterà in condizione di avviare gli interventi già da quest’anno”. Sulla base della proposta licenziata dal tavolo tecnico ai Comuni sino a 5000 abitanti andranno 50 mila euro; a quelli fino a 15 mila abitanti andranno 100 mila euro; fino a 50 mila abitanti andranno 200 mila euro; infine, ai comuni sopra i 50 mila abitanti saranno assegnati 400 mila euro. Secondo l’assessore Marconi: “è solo l’inizio: se dimostreremo all’Europa che siamo in grado di spendere bene e in fretta questi fondi, riusciremo sicuramente ad ottenerne altri in breve tempo”.

mercoledì 23 febbraio 2011

Bloccato spot pro nucleare. Lo avevamo detto che era truccato

Ciao –,


che si trattasse di una partita a scacchi truccata, te lo abbiamo detto subito. Ora arriva anche la conferma dal Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria che ha bloccato la messa in onda dello spot promosso dal Forum Nucleare, perché "ingannevole".

Da quando a dicembre le tv nazionali hanno cominciato a bombardarci, abbiamo denunciato le informazioni ingannevoli dello spot su tutti i nostri canali. In particolare:
> Le scorie si possono gestire in sicurezza. E da quando? In sessant'anni l'industria nucleare non ha ancora trovato una soluzione per la gestione di lungo termine dei rifiuti nucleari;
> Tra 50 anni non potremo contare solo sui combustibili fossili. È vero, ma anche l’uranio è limitato;
> Le fonti rinnovabili non bastano. Sicuro? Uno scenario energetico 100% rinnovabile è possibile, come dimostrano analisi dell’Ue e dell’industria. ;
Intanto il nostro contro spot è rimbalzato sulla rete grazie anche al tuo passa parola, raggiungendo le 200.000 visite. Un buon risultato ma non basta. Tra pochi mesi (la data non è stata ancora fissata) si terrà un referendum che può fermare per sempre i nuovi progetti di centrali nucleari. Solo con il tuo forte coinvolgimento, possiamo contrastare la propaganda dell’industria nucleare da milioni di euro.
Non farti contagiare, opponiti al nucleare. Condividi la nostra campagna sul tuo profilo Facebook, inoltrala per e-mail ai tuoi contatti.
Salvatore Barbera
Responsabile campagna Nucleare
Greenpeace Italia

Skype lancia il programma globale di hotspot WiFi


raduzione da Inglese verso Italiano

Proprio quando si pensava Skype non potrebbe essere più utile, la società ha ha annunciato un accordo di partnership con i principali fornitori di hotspot Wi-Fi in tutto il globo. Skype Access, la società di pay-as-you-go, sarà ora disponibili attraverso le reti mobili in oltre 500.000 siti, tra cui aeroporti, caffè, treni e uffici. E l'annuncio arriva con un dolcificante - l'azienda sta offrendo l'accesso gratuito in tutta la Spagna durante il Mobile World Congress 2011.
Skype che si è assicurata le offerte di partenariato con un certo numero di hotspot Wi-Fi i fornitori di tutto il mondo. hotspot più grande provider del Regno Unito, BT Openzone, ha firmato, ha come più grande del mondo rete Wi-Fi provider, Fon. Altri che hanno aderito al regime di includere M3 Germania Connect, Sud Africa Skyrove, provider a banda larga in volo riga 44, Vex, Tomizone e Spectrum Interactive.

Utilizzando il credito Skype per andare online, Skype Access utenti saranno ora in grado di beneficiare di uno scatto, mobile pay-as-you-go voce e video chiamate a 30.000 alberghi, 500 aeroporti e numerosi bar, centri commerciali e treni in tutto il mondo oltre partnership reti Wi-Fi.
L'ultima versione di Skype per Mac o Windows saranno necessari e le tariffe sono dovrebbero iniziare a US $ 0,06 al minuto - che in molti casi potrebbe essere un migliore opzione di giorno o per ora pagare tariffe di accesso Wi-Fi.

martedì 22 febbraio 2011

2.000 watt Society

La suggestione di una “2.000 watt Society” nasce nelle aule del Politecnico Federale di Zurigo nel 1998. Da dove viene questa proposta tecnologica? 17.500 kilowattora sono il consumo annuale medio di energia nel 2008 di ogni uomo sulla Terra: cioè 2.000 watt di potenza richiesta in continuo. Quanto richiedeva un cittadino svizzero nel 1960. Oggi, il medesimo cittadino richiede 5.100 watt di potenza, un italiano quasi lo stesso (viviamo in un clima più caldo, ma abbiamo più manifatture), e un cittadino della vecchia Europa (quella dei 15) arriva a 6.000 watt. La metà di uno statunitense, che tocca i 12.000 watt! Proseguendo con i paragoni, un cinese “funziona” con 1.500 watt, un indiano si deve accontentare meno di 1.000, un africano di 500, mentre per un abitante medio del Bangladesh solo di 300. La sfida che i tecnici svizzeri si sono posti è nata da un impegno morale: se si vuole garantire fonti energetiche a tutti nel mondo e se si devono arrestare i cambiamenti climatici è allora necessario ridurre il nostro consumo di combustibili fossili (carbone, petrolio e anche metano). Non più di 2.000 watt a testa nel mondo, solo 500 dei quali derivanti da combustibili fossili entro il 2050 (www.novatlantis.ch). 500 watt “fossili” corrispondono infatti all'emissione di circa una tonnellata di gas climalteranti (CO2 equivalente all'anno), contro le 8 degli europei e le preoccupanti 4,6 dei cinesi e 1,2 degli indiani. Un obiettivo coerente con quello che i G8 si sono posti a L'Aquila nel giugno del 2009: ridurre tra l'80 e il 95% le emissioni dei paesi più sviluppati al mondo entro il 2050! E' così che in Svizzera si mette a punto il nuovo standard adottato per la costruzione degli edifici (si chiama Minergie, e si propone di abbassare rapidamente i consumi di riscaldamento a un decimo degli attuali), si costruiscono i primi quartieri (Basilea, Zurigo...) a basse emissioni e diversi Cantoni aderisco alla Società 2000 watt (Turgovia, Berna, Uri, Lucerna). Nasce il Progetto “Città dell'energia” e il Consiglio federale la inserisce nella strategia di governo per lo sviluppo sostenibile (sull'argomento, vedi anche il capitolo 2 del volume “Green Life”, Edizioni Ambiente 2010).

LA LIBIA E NOI


l prezzo del petrolio ha raggiunto ieri a Londra il valore più alto da settembre 2008. La fibrillazione dei mercati energetici, e di conseguenza dei metalli preziosi e delle materie prime, nasce dai disordini e dalle rivolte popolari che dalle coste del Mediterraneo si vanno allargando al Medio Oriente e al Golfo Persico. Ma sono soprattutto i recenti sviluppi libici a fare scorrere brividi gelidi lungo la schiena dei governanti dei paesi occidentali, dei dirigenti di molte loro imprese e degli operatori, finanziari e non, dei mercati energetici. Vale in particolare per l'Italia.
Il prezzo del petrolio ha raggiunto ieri a Londra durante le contrattazioni i 105.1 dollari a barile con un balzo di 2,6 dollari rispetto al giorno precedente. Si tratta del livello più alto del prezzo del Brent dal 25 settembre 2008. Contestualmente l’oro, classico bene rifugio, è salito a 1.400,40 dollari l’oncia al livello più elevato delle ultime sette settimane, mentre argento e palladio sono al loro picco rispettivamente da trentuno e dieci anni.

PROBLEMI PER L’ITALIA

Ma è l’Italia a trovarsi nella situazione più critica nei confronti della Libia, per tre motivi. Il primo è che il nostro paese, e il suo governo, è il più “colluso” con il regime di Gheddafi. Senza entrare in considerazioni strettamente politiche, la propagandata amicizia con il colonnello fa sì che i rischi di ritorsione da parte degli insorti nell’eventualità che questi prevalgano sono maggiori. Anche gli attestati di supporto alle legittime rivendicazioni popolari e all’instaurazione di un regime democratico non beneficerebbero di grande credibilità. Tutto questo pone a rischio le relazioni politico-diplomatiche tra i due paesi, la condizione dei nostri concittadini presenti nel paese, le sorti delle nostre imprese e dei loro ingenti investimenti, la gestione dei prevedibili flussi migratori clandestini. Il secondo motivo è strettamente collegato al precedente, e riguarda gli interessi economici che intercorrono tra Libia e Italia. La Libia è il primo azionista di Unicredit con il 7,50 per cento del capitale, possiede l’1 per cento di Eni e il 2 per cento di Finmeccanica. Attive in Libia sono alcune nostre grandi imprese, come Eni, Anas, Impregilo, Finmeccanica, Iveco. Nel complesso, l’Italia rappresenta il primo partner commerciale della Libia. La quota italiana delle importazioni libiche si è attestata nel 2009 al 17,4 per cento, nel primo semestre del 2010 le nostre esportazioni verso quel paese sono cresciute del 4 per cento. L'interscambio tra i due paesi nel primo semestre 2010 è arrivato a circa 6,8 miliardi di euro, con un incremento del 12,53 per cento rispetto all’anno precedente. Il terzo motivo per cui l’Italia si trova in maggiore difficoltà con la crisi libica è proprio quello energetico. La Libia si colloca infatti rispettivamente al primo e al terzo posto tra i nostri fornitori di petrolio e gas naturale, l’Italia è il primo acquirente del greggio libico e gli idrocarburi rappresentano circa il 99 per cento delle importazioni italiane dalla Libia.
È per tali motivi che in questo momento la cautela è d’obbligo e il fiato sospeso una condizione inevitabile.

domenica 20 febbraio 2011

6 buoni motivi per scegliere di non mangiare tonno


A dispetto delle scatolette che troviamo in grande abbondanza tra gli scaffali dei supermercati, il tonno, in particolare quello rosso, è un animale a rischio di estinzione il cui consumo su larga scala ha numerose ripercussioni negative a catena: ci sono perciò vari motivi validi per scegliere di non metterlo in tavola. 

  • 1) Innanzitutto, si sa che la quasi totalità della fauna ittica assorbe mercurio, ma questo è maggiormente preoccupante nel caso di pesci di grossa taglia e più longevi, per il semplice fatto che hanno più tempo per accumulare la sostanza nel proprio corpo. Ora, il mercurio è notoriamente tossico e negli uomini questo può causare disturbi neurologici di vario genere: dalla perdita di memoria, ai danni cerebrali, agli aborti spontanei e chi più ne ha più ne metta. Certamente un consumo ridotto non si traduce automaticamente in problemi di questo tipo, ma disturbi quali l’affaticamento e la perdita di memoria legati al consumo di pesce sono così comuni che esiste addirittura un termine medico specifico per indicarli: si parla infatti di “fish fog”, di “annebbiamento”.
  • 2) La pesca intensiva del tonno impoverisce anche la fauna circostante: molto spesso nelle reti incappano accidentalmente anche balene e delfini, il cui destino non è quello di essere rimessi in libertà, bensì quello ben più triste di venire massacrati in quanto specie predatrici di tonni.
  • 3) Nella stragrande maggioranza dei casi, il tonno non viene consumato nel luogo in cui viene catturato: il pescato viene dapprima congelato, poi venduto, trattato e poi spedito in ogni angolo del mondo. A causa di tutti questi passaggi il consumo di tonno accresce a dismisura la nostra impronta ecologica ogni volta che decidiamo di consumarlo: per metterci in pari - in termini meramente economici - dovremmo pagare non solo per la nostra piccola scatoletta, ma anche per tutta l’energia sprecata, per l’inquinamento prodotto, per i trasporti, per il depauperamento della fauna marina, nonché per l’indiscutibile preziosità biologica del prodotto.
  • 4) In Italia la pesca del tonno rosso (bluefin) è diffusa soprattutto al largo di Sicilia, Sardegna, Calabria e Liguria. Buona parte del tonno consumato a livello mondiale viene però pescato molto lontano dal nostro Mediterraneo e commercializzato a prezzi concorrenziali dall’Australia o dal Giappone (dove viene utilizzato in quantità enormi per la preparazione del sushi). L’impatto della pesca “legale” – comunque troppo intensiva – è inoltre aggravato da quella illegale: è pratica diffusa infatti allungare la stagione di pesca fino a 4 mesi rispetto ai tempi naturali di cattura (in Maggio e Giugno), un’abitudine che stravolge i tempi di crescita e riproduzione dei pesci.
  • 5) Nella sua campagna a tutela degli oceani, Greenpeace ha dedicato un intero capitolo al tonno: rispetto agli anni ’70 questa specie si è ridotta del 90% a causa della pesca intensiva e della crescente domanda da parte dei consumatori. “Sai che cosa c’è nella tua scatoletta?” è la domanda che ci martella in questo breve video: apri una lattina e scopri non solo che spesso al suo interno ci sono tracce di animali che non dovrebbero esserci, ma anche che un tuo piccolo gesto si ripercuote a catena su equilibri fragili, sulla sopravvivenza di interi ecosistemi, sulla tua salute e su quella del nostro mondo. Come fa notare l'associazione, il tonno rappresenta la conserva ittica più venduta sul mercato mondiale, ma l'industria del tonno, ad oggi  non può essere considerata sostenibile.
  • 6) ll WWF già nel 2008 – in occasione dell’incontro ICCAT (Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico) -  aveva avanzato la richiesta di sospendere per un periodo le autorizzazioni alla pesca del tonno rosso – questo per evitare un disastroso collasso biologico ed economico (non dimentichiamo che intorno al tonno ruotano anche molte economie locali e di qualità): il parere del WWF era comunque a favore di un utilizzo sostenibile delle risorse ittiche in appoggio dei pescatori che agivano correttamente entro i limiti delle leggi.
L’Italia ha poi effettivamente promosso una moratoria alla pesca del tonno rosso e l’Europa ne ha proposto il bando totale per tutelare questa specie. Bisogna però sottolineare che un’iniziativa del genere avrebbe ripercussioni purtroppo devastanti anche sulle economie locali di qualità e sulle comunità di pescatori, già gravemente provate dalle restrizioni e alla ricerca di nuove possibilità.
tonno_in_scatola
Rimane la convinzione che come sempre – non per niente si dice  “in media stat virtus” – nella valutazione di rischi e benefici sia opportuno adottare un approccio equilibrato e ponderato. Lodevoli sono in questo senso alcune iniziative di sensibilizzazione promosse a vari livelli. Il consumo di un prodotto, e a maggior ragione di un prodotto così delicato, richiede dunque consapevolezza e informazione: le sole armi che abbiamo per garantire la sostenibilitàe la qualità delle nostre scelte. Così, se proprio non ce la facciamo a rinunciare ad una scatoletta di tonno, cerchiamo di acquistare marche che stanno cercando di rendere maggiormente sostenibile la loro produzione
Sandra Zoglia

sabato 19 febbraio 2011

Mettiamoci in rete e CAMBIAMO IL MONDO !

Forse un giorno faremo una rivoluzione ! Tranquilli, non vuol dire che ci metteremo a fare violenza, non credo nemmeno serviranno simboli strani .

FORSE è arrivato il momento di usare seriamente INTERNET...  le rivoluzioni partono anche da qui ! INTERNET è LA PIU' GRANDE RIVOLUZIONE in atto nel mondo, silente ma forte . INTERNET è forse la piu' grande invenzione del XXI secolo, che riesce, unEndo le persone, a cambiare il mondo.

... possiamo parlare liberamente, svelare le bugie dei governi e di chi ci amministra, fare un partito direttamente dal WEB ( come ha fatto GRILLO ), fare un blog o costruire un MEETUP e parlare raccontando, posso creare un'azienda, inventarmi un lavoro,  far lavorare persone LONTANE ( in india ) SU  mio progetto ITALIANO, creare valore,  mettere in moto INTELLIGENZA e fare SVILUPPO.

ALLORA,  se la rivoluzione  parte dalla rete, mettiamoci in rete ! .

In ITALIA ESISTE ANCORA IL DIGITAL DIVIDE, non tutte le zone sono coperte dalla rete. QUESTO DIVIDE , ci divide e non ci permette di crescere. INTERNET dovrebbe essere un diritto costituzionale, un po' come hanno fatto in FINLANDIA... un altro paese ! .

In TUNISIA  il 100% di territorio ABITATO è coperto dalla banda LARGA, dal 2005 !.

METTIAMOCI IN RETE, facciamo una rivoluzione ! .

Tutte le idee che hanno enormi conseguenze sono sempre idee semplic


Argentina, cosa c'è nella valigia : GUERRA ALLUCINOGENA !


Un aereo militare Usa atterra in Argentina con un carico non completamente dichiarato. Le autorità intervengono, sfiorata la crisi fra i due Paesi

Sembrava che i requisiti per un grande incidente diplomatico fra Stati Uniti e Argentina ci fossero tutti. Alla base della controversia un viaggio aereo da Nord Carolina a Buenos Aires. Il velivolo di proprietà delle forze di sicurezza statunitensi doveva trasportare materiale e personale che in Argentina avrebbe dovuto impartire al Geof (Grupo Especial de Operaciones Especiales de la Policia Federal) corsi di perfezionamento per la lotta al terrorismo.
Sarebbe dovuta andare così se non fosse che una volta atterrato all'aeroporto di Ezeiza, il carico trasportato dall'aereo non corrispondeva in tutto e per tutto alla lista che l'ambasciata Usa aveva precedentemente consegnato ai funzionari delministero degli Esteri argentino. Da lì il sequestro del materiale e l'annullamento momentaneo delle operazioni.
Ma cosa c'era di tanto importante nell'aereo? Stando ai racconti dei giornalisti presenti, all'interno del Boeing C17 Usa c'erano diverse chiavi usb dal contenuto segreto, casse metalliche e una valigetta che ha incuriosito molto i controllori argentini (soprattutto perché non era stata inserita nell'inventario) che l'hanno aperta e ispezionata.
Ma non è stato facile per gli uomini della sicurezza argentina controllare il contenuto della valigia. Addirittura per evitare che si curiosasse al suo interno un soldato statunitense si è suduto sopra la scatola per sei ore. A nulla è valso il suo sforzo, però. Una volta aperta la valigia ha svelato il suo contenuto, piuttosto ingombrante: sostanze stupefacenti come Epinefrina, morfina e molti altri sedativi ipnotici ad effetto immediato, oltre ai relativi antidoti.
Non solo droga
. Nella valigia le forze argentine hanno anche trovato strumenti per la trasmissione dati e per la decriptazione di file. Un "fatto insolito" come hanno voluto far sapere i funzionari argentini che dopo la scoperta si sono ritirati nei loro uffici insieme al ministro per gli Affari Esteri, Hector Timerman, presente ad ogni fase della perquisizione.
Ma la tanto temuta crisi diplomatica in ogni caso è stata solo sfiorata. Ad entrambi i governi, infatti, non conviene creare confusione, tensione e polemica con una nazione, gli Usa, che nell'area del Cono Sur del continente già non godono di grande stima.
"Non esiste nessun tipo di incidente diplomatico" si è affrettato a far sapere il capo di Gabinetto argentino Anibal Fernandez "è stato solo un fraintendimento" ha aggiunto. Ciò nonostante Washington si è affrettata a chiedere l'immediata restituzione del materiale posto sotto sequestro.
"E' stato solo un malinteso "ha confermato Matthew Rooney, responsabile per la politica economica regionale del Dipartimento di Stato. "Si trattava di un'attività di formazione da parte degli Usa stabilita da diverso tempo con il governo argentino. Che ci siano stati dei problemi con le lettere di trasporto non ci sono dubbi ma queste cose le risolviamo presto perché non esiste volontà di importare materiale indebito in Argentina".
Da sempre Washington organizza corsi di formazione antiterrorismo in altri stati. Mai però si è consumato un controllo minuzioso dei materiali trasportati dai loro aerei come quello avvenuto nei giorni scorsi in Argentina.
Alessandro Grandi

venerdì 18 febbraio 2011

SCOPERTO IL CRISTALLO CHE RENDE INVISIBILI?

Nei giorni scorsi numerosi giornali e siti (RepubblicaVirgilio NotizieIl Mattino,Sydney Morning HeraldDer Spiegel20 minuten) hanno annunciato la scoperta, da parte di ricercatori dell'Università di Birmingham e del Massachusetts Institute of Technology, di un cristallo che rende invisibili gli oggetti. È piccolino: misura un paio di centimetri e rende invisibili per ora solo oggetti altrettanto piccoli, per esempio un fermaglio, ma promette di crescere, anche perché si tratta di calcite, i cui cristalli arrivano fino a sei metri e mezzo di lunghezza. C'è chi pensa già di usarlo per rendere invisibili i veicoli militari.

Titoli come "Realizzato il mantello dell'invisibilità" o "Scienziati a un passo dalla creazione del mantello invisibile", tuttavia, sono leggermente prematuri e sensazionalisti. La notizia, infatti, proviene dal Daily Telegraph e spettacolarizza una scoperta interessante ma non così militarmente promettente come potrebbe sembrare dai titoli della stampa generalista.

Andando a leggere l'annuncio originale dei ricercatori, disponibile sul sito dell'Università, si scopre infatti che l'articolo, intitolato “Macroscopic Invisibility Cloak of Visible Light”, pubblicato su Nature Communications e scaricabile gratuitamente da Arxiv.org, dice una cosa ben più modesta.

Disponendo opportunamente due cristalli di calcite si può ottenere una riflessione che nasconde la presenza di un oggetto, ma non si tratta di vera trasparenza (non si può vedere attraverso l'oggetto "invisibile" in condizioni normali) e l'effetto funziona soltanto con luce polarizzata (video) o di uno specifico colore e solo se la fonte di luce è diretta specificamente contro l'oggetto. Inoltre il trucco è rivelato dal fatto che intorno all'oggetto si vede chiaramente un cristallo molto più grande dell'oggetto stesso. Difficile, e quasi comico, pensare di rendere invisibile un carro armato piazzandogli sopra dei cristalli di calcite alti qualche metro.

Uno dei ricercatori, il fisico Shuang Zhang, è anzi il primo a dire chiaro e tondo che"Non si tratta di un mantello alla Harry Potter" in un'intervista per Science News. Lo scopo di queste ricerche non è l'invisibilità classica, ma l'uso di particolari proprietà dei materiali per ottenere per esempio dispositivi ottici (sensori o microscopi) più sensibili e potenti. Ma detto così non fa scoop.

Articolo di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Fonti aggiuntive: Physical Review Letters.



http://retetre.rtsi.ch/index.php?option=com_content&task=view&id=3462&Itemid=62

ZERO ROAD la strada che produce energia .





Arriva KMZERO ROAD: un progetto per un nuovo tipo di “strada
sostenibile”, energeticamente attiva e a ridotto impatto ambientale
L’immagine e l’idea stessa di autostrada come fattore di produzione di smog,
inquinamento acustico e deturpazione del paesaggio sta per finire definitivamente in
archivio grazie al progetto pioneristico KMZERO ROAD che sarà presentato alla
Triennale di Milano, viale Alemagna 6, mercoledì 24 marzo alle 17. Ideato da Giulio
Ceppi, docente al Politecnico di Milano e fondatore di Total Tool Milano, il progetto è
già condiviso da una compagine di aziende di primissimo livello, interessate a
promuovere un approccio ed una soluzione concreta ed innovativa nel settore della
infrastrutture stradali.

KMZERO ROAD, apre, infatti, una nuova frontiera ribaltando l’idea di strada come
fattore ambientalmente aggressivo per trasformarla, addirittura, in una sorgente
energetica che sfrutta tanto i fattori naturali presenti in sito (sole, vento…) quanto il
passaggio degli autoveicoli, per produrre energia pulita e rinnovabile. Cio’ attraverso
l’impiego di tecnologie e soluzioni pratiche che abbattono l’impatto ambientale –
paesaggistico e acustico e riducono in modo sensibile la presenza di fattori inquinanti
emessi in atmosfera: il tutto, grazie soprattutto ad un intelligente ed equilibrato utilizzo
di pannelli solari e moduli microelici, spingendosi sino all’aumento della sicurezza
stradale con integrazioni nell’asfalto di moduli elettroriscaldanti con funzione
antigeliva.

Nella pratica il progetto prenderebbe forma lungo un percorso stradale, da realizzare o
già realizzato e attivo, isolando nello spazio di un chilometro (replicabile in più punti
della stessa strada a seconda della lunghezza del percorso) :

• impianti microelici su di una superficie di 3000 metri quadri per garantire un
guadagno di circa 3 milioni di KWh/anno;
• impianti fotovoltaici (superficie di 5000 metri quadri per 750 mila KWh /anno) ;
• 1200 sonde geotermiche per ottenere 2 milioni circa di KWh/anno. In termini di
emissioni nell’atmosfera si risparmierebbero 2.035.000 kg di Co2/anno.
L’ investimento per la realizzazione del progetto (su di un chilometro di strada) è pari a
circa 7 milioni e 690 mila euro, ammortizzabili in circa sei anni grazie al ricavo annuo di
1.190.000 euro.

http://www.kmzeroroad.it/

Impianti fotovoltaici: scatta il divieto di istallazione sui terreni agricoli del Veneto

In Veneto è stop all’istallazione di nuovi grandi impianti fotovoltaici direttamente sul suolo agricolo. Lo ha stabilito l’altro ieri il Consiglio Regionale, che ha approvato l'emendamento alla legge finanziaria in cui si bloccano - almeno fino a fine anno – le istallazioni di nuovi grandi parchi a terra sui terreni agricoli.

Secondo Giorgio Piazza, Presidente della Coldiretti del Veneto, questa risposta del governo regionale è un vero e proprio “sollievo", soprattutto perché l’associazione ha sempre chiesto un piano energetico regionale in grado di stabilire dei punti fermi e regolare così la proliferazione selvaggia di grandi impianti solari in tutta la pianura padana.

La Coldiretti infatti conta ormai ben cinque ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato per la difesa di 200 ettari di campagna, dove molte società - approfittando del vuoto legislativo – avrebbero voluto speculare investendo massicciamente nel fotovoltaico sui terreni agricoli.

Da oggi invece, saranno respinte tutte le richieste di autorizzazione per l’istallazione di realtà di grandi dimensioni, di impianti di biomasse di potenza elettrica superione a 500kwe e quelli alimentati a biogas, o bioliquidi, con capacità superiore a 1000 kwe.

E Massimo Giorgietti, assessore ai lavori Pubblici, Energia, Polizia locale e Sicurezza e autore dell’emendamento sulla moratoria al fotovoltaico, ha aggiunto: “La Giunta proporrà presto al Consiglio regionale uno stralcio del Piano energetico del Veneto sulle fonti rinnovabili, ma nel frattempo bloccherà fino a fine anno nuove autorizzazioni per impianti fotovoltaici in terreno agricolo che abbiano picchi di potenza superiori a 200 kilowatt. Sui capannoni di zone industriali, su tetti e sulle costruzioni si potrà continuare a impiantare quanto fotovoltaico si vuole”.



http://www.meetup.com/Noi-Pescantina/messages/boards/thread/10449965#39841115

mercoledì 16 febbraio 2011

Allarme olio OGM in Puglia. Agisci ora per proteggere il tuo cibo!


Ciao -,

la minaccia OGM rispunta dopo sette anni sugli scaffali dei supermercati italiani. I nostri volontari hanno scovato in Puglia due oli prodotti con soia geneticamente modificata, come riportato in etichetta. Si tratta dell´olio di soia e dell´olio di semi vari a marchio "Dentamaro", prodotti e commercializzati dalla Dentamaro Srl di Bari.
Dal 2004, anno nel quale sono entrati in vigore i regolamenti europei sull'etichettatura degli OGM, questo è il secondo caso in cui troviamo un prodotto transgenico in vendita. Allora quel prodotto fu ritirato dal mercato dopo soli dieci giorni grazie alle forti proteste dei consumatori. Oggi possiamo fare lo stesso.




Una volta rilasciati nell´ambiente, gli OGM sono incontrollabili. La loro sicurezza e gli effetti a lungo termine su uomini e animali rimangono ancora sconosciuti. La reazione di noi consumatori è fondamentale, se non vogliamo che gli OGM finiscano nei nostri piatti. Facciamoci sentire!

Se hai a cuore il buon cibo e la salvaguardia delle nostre produzioni alimentari invia una lettera alla Dentamaro Srl per chiedere di non usare più OGM nei propri prodotti. Partecipa alla cyberazione, condividi sul tuo profilo Facebook e inoltra il link ai tuoi contatti.

Grazie per il contributo che potrai dare a questa campagna.

Federica FerrarioResponsabile campagna OGM
Greenpeace Italia

NOI PREDICHIAMO BENE !



SCARICA , STAMPA E DIFFONDI LA LOCANDINA DI " PESCANTINA lab ".
MKT_VIRALE_PREDICARE -

Schiaffo alla montagna I fondi (quasi) tutti al Sud. ...


VENEZIA — Prima il Veneto. Ma non nei fondi alla montagna. Perché in quel caso vengono prima (ma ben prima) la Campania e la Calabria. Le comunità montane del Veneto pensavano che più in basso di così, ossia dell’azzeramento dei fondi patito lo scorso anno, non si potesse andare. E invece nel 2011 dovranno rassegnarsi al peggio: perché se è vero che qualche soldo è stato recuperato dal governo (spiccioli, in realtà), è però altrettanto vero che questi verranno ripartiti con un’ennesima sperequazione tra il Nord ed il Sud. A favore di quest’ultimo, beninteso. Oltre al danno, insomma, stavolta c’è pure la beffa. S’infuria il presidente della Comunità montana agordina, Luca Lucchetta: «E’ uno schiaffo. La Finanziaria 2010 (che su questo punto non tiene conto delle Regioni a statuto speciale, ndr.), assegna al Veneto soltanto il 2,66% dei fondi complessivi, ossia 4 4 0 . 0 3 6 , 4 3 e u r o s u 16.539.498,92 euro, mentre alla Campania vanno 4.791.232,67 euro, pari al 28,97% del fondo ed alla Calabria 2.895.760,89 euro pari al 17,51%».
Quindi, ben più giù, s’incontrano la Lombardia (7,38%), la Basilicata (7,12%) e il Piemonte (6,45%). Giusto per fare qualche esempio, questo significa che ai 16 Comuni dell’Agordino verranno trasferiti da Roma 11.961,8 euro, a San Gregorio delle Alpi 1011,96 euro, a Colle Santa Lucia 399 euro. Che cosa si riesca a fare, con cifre di questo tipo, non si sa: difficile asfaltare una strada, illusorio mettere in piedi un servizio bus decente, non bastano neppure per pagare chi d’inverno mette mano alla pala. Viene da chiedersi su che base il governo abbia messo mano al portafogli. E’ presto detto: i 16 milioni suddivisi tra le Regioni equivalgono al 30% delle risorse finora attribuite alle Comunità e che da quest’anno verranno invece assegnate ai Comuni montani, ossia a quelli in cui almeno il 75% del territorio sia al di sopra dei 600 metri, in proporzione alla popolazione residente (ed è qui che il Sud mette la freccia e si butta in sorpasso), con alcuni correttivi. Attacca Sergio Reolon, consigliere regionale bellunese del Pd: «Al disinteresse cronico di questo governo nazionale nei confronti della montagna si è aggiunta l’incapacità di Zaia e della Lega di andare oltre le chiacchiere e di portare a casa soldi veri per il territorio. La cosa gravissima è che i contributi, così calcolati, risultano consolidati anche per i prossimi anni». Reolon chiede in un’interrogazione alla giunta di procedere ad una revisione del riparto ed avanza l’ipotesi «che sia la stessa Regione ad integrare con le proprie risorse questa penuria di stanziamenti» mentre gli assessori regionali Marino Finozzi (Montagna) e Roberto Ciambetti (Bilancio) promettono di approfondire la questione, perché pare che questi dati non abbiano alcun riscontro negli uffici della Regione. Intanto l presidente della Provincia di Belluno, Gian Paolo Bottacin si dice sorpreso che «coloro che ora si lamentano si siano accorti solamente adesso di come funziona la distribuzione dei fondi. Lo Stato elargisce denaro sulla base della cosiddetta "spesa storica", un meccanismo arrugginito che da tempo deve essere scardinato».
Ma.Bo.
16 febbraio 2011

martedì 15 febbraio 2011

Un ponte di energia : progetto tutto italiano

L'invenzione del designer italiano Francesco Colarossi, Giovanna e Luisa Saracino Saracino, il concetto di vento solare è stato progettato per il Parco solare- Solar concorrenza autostrada, ha chiesto ai partecipanti di modernizzare le sezioni di un autostrada dismesso sopraelevata che si estende tra Bagnera e Scilla in Italia.



 Il manto stradale avrebbe sostituito asfalto tradizionale con 20 km (12,4 miglia) di " strade solare "costituito da un fitto reticolo di celle solari rivestito con un materiale plastico resistente e rivestimento trasparente che fornisce 11,2 milioni di kWh l'anno. I progettisti dicono che questo sistema, in combinazione con le 26 turbine eoliche integrato sotto il ponte di generare 36 milioni di kWh l'anno, fornirebbe elettricità sufficiente ad alimentare circa 15.000 abitazioni. In aggiunta alle "strade solare", la superficie superiore del ponte sarebbe anche una "passeggiata verde" lungo la sua lunghezza comprendente serre solari per la coltivazione di prodotti locali. L'automobilista sarà in grado di sostare lungo il ponte per acquistare frutta fresca e verdura, con vista ponte panoramico (un'idea che ci colpisce come "un ponte troppo lontano" per questo concetto).


 L'integrazione di impianti eolici nella parte inferiore del ponte di alta quota esposta a forti venti costanti sembra una buona idea, in particolare - dato che questo potrebbe essere realizzato da un punto di vista della progettazione strutturale. la speranza di qualcuno Che vedrà il concetto e correre con esso.